Titulus crucis: differenze tra le versioni

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|| ''non specificato'' || ''non specificato''|| ''non specificato'' || [[Lingua ebraica|ebraico]], [[Lingua latina|latino]], [[lingua greca|greco]]
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La prima è che Giovanni specifica che il cartello era scritto in tre lingue: ebraico, latino e greco, mentre i sinottici non dichiarano il linguaggio con cui era redatto.<ref>In realtà, il riferimento alle tre lingue è presente anche in alcuni antichi manoscritti greci del Vangelo secondo Luca ({{cita passo biblico|Lc|23,38}}). Vedi Shmuel Safrai, [https://brill.com/view/book/edcoll/9789047417354/BP000013.xml "Spoken and Literary Languages in the Time of Jesus"] in R. Steven Notley, Marc Turnage, Brian Becker (a cura di), ''Jesus' Last Week, Jerusalem Studies in the Synoptic Gospels'', Volume One. BRILL, 2006, ISBN 978-9004147904, p. 225 e Peter Cresswell, [https://books.google.com/books?id=D47Pim5iozkC&dq=%22The+same+goes+for+the+note+in+Luke+23,+38%22&pg=PT106 ''The Invention of Jesus''], Watkins, 2013, cap. 5, ISBN 9781780286211 «The same goes for the note in Luke 23, 38 that the inscription on the cross was given in three languages: included by scribe A, deleted by Ca [from the [[Codex Sinaiticus]]] and absent in [[Codex Vaticanus]] and P75». Questa lezione potrebbe essere il risultato del tentativo di alcuni copisti di armonizzare il testo di Luca con quello di {{cita passo biblico|Giovanni|19,20}}. Vedi Paul D. Wegner, [https://books.google.com/books?id=kkVFOTsBOAEC&dq=%22luke+23:38%22+versions&pg=PA226 ''The Journey From Texts to Translations: The Origin and Development of the Bible''], Baker Academic, 2004 ISBN 9780801027994, p. 226</ref> Dato che il cartello era verosimilmente lo stesso che Gesù, secondo l'uso romano, aveva portato sul petto durante la salita al Golgota, è probabile che il testo fosse scritto in ebraico o aramaico, in modo che tutta la popolazione potesse leggerlo. I sinottici, tuttavia, non forniscono indizi, anche perché il dettaglio è certamente irrilevante. Il ricupero o l'invenzione di questo dettaglio da parte di Giovanni deve quindi avere un significato importante, fra cui anche disottolinearedi sottolineare che il processo di Gesù non era un processo a un criminale comune. Raymond Brown, infatti <ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 2'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 963-966, ISBN 978-0-300-14010-1.</ref>, evidenzia che "possiamo essere ragionevolmente certi che i soldati romani non si sarebbero preoccupati di trascrivere l'accusa ad un criminale in tre lingue. Iscrizioni multilingue erano usate nell'antichità ma solo in eventi solenni, come un proclama imperiale" e quindi "le tre lingue hanno significato simbolico. L'ebraico è la lingua sacra delle Scritture di Israele; il latino è la lingua del conquistatore romano; il greco è la lingua in cui il messaggio di Gesù viene diffuso e scritto". Giovanni, quindi, affidaha affidato al potere imperiale il compito di proclamare la regalità di Gesù, chiamato il "figlio di Davide", in ottemperanza alla profezia di Ezechiele 37,25: "Davide mio servo sarà loro re per sempre". Come afferma Raymond Brown, "ancor più chiaramente che nei Sinottici, Giovanni usa Pilato per esprimere una valutazione teologica". Analogamente, pochi capitoli prima, Giovanni aveva affidato alle parole del sommo sacerdote Caifa l'enunciazione del valore redentivo del sacrificio di Gesù (Gv 11,47-52).
 
Il secondo dettaglio che differenzia il vangelo di Giovanni dai sinottici è la specificazione di Gesù come il "nazareno", un dettaglio apparentemente marginale. Anche se fosse stato storicamente presente sul cartiglio, c'è da stupirsi che Giovanni l'abbia reinserito più che del fatto che i sinottici l'avessero omesso. Questo dettaglio letterario si comprende solo considerando un altro brano di Giovanni e l'intuizione di uno studioso ebreo: