Gaio Licinio Calvo: differenze tra le versioni

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Come poeta, Calvo scrisse molte poesie, d'amore, satiriche e politiche, come l'amico fraterno Catullo, ma delle quali restano solo 24 versi, che mostrano come la polimetria non fosse esclusiva solo di Catullo: tra questi vanno segnalati un [[epigramma]] contro [[Pompeo]], accusato di essere omosessuale, resti di un epitalamio e di carmi infamanti, in trimetri giambici, contro Cesare e personaggi dell'alta società.
 
La poesia dotta era rappresentata da un [[epillio]] intitolato ''Io'', dedicato all'[[Io (mitologia)|omonima eroina]], di cui restano pochi frammenti di tono erudito, tra i quali un verso celebre per il pathos: ''a, virgo infelix, erbis pascebis amaris!'', riecheggiato poi da [[Virgilio]] (adattato a [[Pasifae]]) nella VI ecloga delle ''[[Bucoliche]]''.<ref>Una ricostruzione del poemetto è stata tentata, sulla base di un simile trattamento del mito in Ovidio, da A.S. Hollis, ''Fragments of Roman Poetry c. 60 BC-AD 20'', Oxford, Oxford University Press, 2007, pp. 25-30.</ref>.
 
Infine, come detto, Calvo scrisse le elegie che compose in memoria della moglie Quintilia e che l'amico Catullo elogiava come piene di affetto: forse in esse il poeta dialogava, ricambiato, con l'ombra della moglie, come parrebbe da uno dei due frammenti rimasti. La sua lirica, dunque, per quanto traspare dai pochi resti, fu di impronta alessandrina, caratterizzata da una profonda erudizione, da una attenzione all'elaborazione della forma, ma anche da una spontanea espressione di intimità affettiva.