Harutsuki: differenze tra le versioni
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rimuovo paragrafo "Caratteristiche": nella voce sui singoli esemplari, solo il servizio operativo |
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|Destino_finale = Ceduto all'[[Unione Sovietica]] nel 1947, radiato il 4 giugno 1969
<!-- Sezione caratteristiche generali -->
|Dislocamento = {{
|Stazza_lorda =
|Lunghezza = 134,22
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|Pescaggio = 4,11
|Ponte_di_volo =
|Propulsione = 3 caldaie Kampon e 2 turbine a ingranaggi a vapore Kampon; 2 alberi motore con elica ({{
|Velocità = 33
|Velocità_km = 62,7
|Autonomia = {{
|Capacità_di_carico =
|Equipaggio = 290
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|Motto =
|Soprannome =
|Note = Dati riferiti all'entrata in servizio, tratti da:<ref>{{cita|Stille 2013, Vol. 2|pp. 30, 32-34, 38}}.</ref><ref name=world.coocan.jp>{{cita web|url= http://admiral31.world.coocan.jp/e/stc0431.htm|titolo= Materials of IJN (Vessels - Akizuki class Destroyers)|lingua= en|accesso= 19 ottobre 2020}}</ref><ref name=navypedia.org>{{cita web|url= http://www.navypedia.org/ships/japan/jap_dd_akitsuki.htm|titolo= Akizuki destroyers (1942-1945)|lingua= en|accesso= 19 ottobre 2020}}</ref>
|Ref = Fonti citate nel corpo del testo
}}
L'{{nihongo|'''''Harutsuki'''''|春月||lett. "Luna primaverile"}}<ref>{{cita web|url= http://www.combinedfleet.com/ijnnames.htm|titolo= Japanese Ships Name|lingua= en|accesso= 19 ottobre 2020}}</ref> è stato un [[cacciatorpediniere]] della [[Marina imperiale giapponese]], nona unità della [[Classe Akizuki (cacciatorpediniere 1942)|classe Akizuki]]. Fu varato nell'agosto 1944 dall'arsenale di [[Sasebo]] ma, sotto bandiera nipponica, non partecipò ad alcuna azione di rilievo; dopo la fine della guerra passò all'[[Unione Sovietica]], che lo impiegò almeno fino al 1965.
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=== Costruzione ===
Il cacciatorpediniere ''Harutsuki'' fu ordinato nell'[[anno fiscale]] edito dal governo giapponese nel 1941. La sua [[chiglia]] fu impostata nel [[cantiere navale]] dell'arsenale di [[Sasebo]] il 23 dicembre 1943 e il [[Varo (nautica)|varo]] avvenne il 3 agosto 1944; fu completato il 28 dicembre dello stesso anno.<ref>{{cita|Stille 2013, Vol. 2|p. 32}}.</ref> Il comando fu affidato al [[capitano di fregata]] Satoru Kohama e la nave fu assegnata all'11ª [[Squadriglia]] cacciatorpediniere, dipendente dalla [[Flotta Combinata]] e demandata all'addestramento delle nuove unità in tempo di guerra.<ref name=combinedfleet.com>{{cita web|url= http://www.combinedfleet.com/haruzu_t.htm|titolo= IJN Tabular Record of Movement: Harutsuki|lingua= en|accesso= 19 ottobre 2020}}</ref>
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=== Con la Marina sovietica ===
[[File:Soviet target ship TSL-64 in the Sea of Japan in July 1959.jpg|thumb|left|La nave bersaglio ''TsL-64'' nel luglio 1959, ex ''Harutsuki'']]
Nel frattempo le potenze vincitrici decisero il destino dell'unità e dell'altro naviglio leggero giapponese catturato; la spartizione avvenne nel corso di quattro incontri al [[quartier generale]] dello [[Comandante supremo delle forze alleate|SCAP]]: durante la terza riunione, del 15 agosto 1947, l{{'}}''Harutsuki'' fu assegnato all'[[Unione Sovietica]] in conto di [[Indennità di guerra|riparazione di guerra]]. La cessione divenne effettiva il 28 agosto seguente e la nave fu indirizzata con un equipaggio misto alla porto secondario di [[Nachodka]] vicino a [[Vladivostok]], da dove i giapponesi furono riportati in patria:<ref>{{cita|Dodson 2020|p. 201}}.</ref> l{{'}}''Harutsuki'' fu incorporato nella [[Flotta del Pacifico]] della [[Voenno-morskoj flot (Unione Sovietica)|Voenno morskoj flot]] con il nuovo nome ''Vnimatelnyi'' e fu subito oggetto di revisione e riequipaggiamento con materiali sovietici; il 25 settembre fu però ribattezzato ''Vnezapny'' e ufficialmente messo in servizio. In realtà i sovietici, di tutte le unità ricevute dal Giappone, riuscirono a ripristinare solo l'ex ''[[Hibiki]]'' alla piena operatività e, infatti, già il 15 aprile 1948 l{{'}}''Harutsuki''/''Vnezapny'' fu spostato nella riserva generale e nuovamente sottoposto a raddobbo; poté così riprendere servizio il 28 aprile 1949 come [[nave scuola]] e con il nuovo nome ''Oskoli''.<ref>{{cita|Dodson 2020|pp. 230, 296}}.</ref>▼
▲Nel frattempo le potenze vincitrici decisero il destino dell'unità e dell'altro naviglio leggero giapponese catturato; la spartizione avvenne nel corso di quattro incontri al [[quartier generale]] dello [[Comandante supremo delle forze alleate|SCAP]]: durante la terza riunione, del 15 agosto 1947, l{{'}}''Harutsuki'' fu assegnato all'[[Unione Sovietica]] in conto di [[Indennità di guerra|riparazione di guerra]]. La cessione divenne effettiva il 28 agosto seguente e la nave fu indirizzata con un equipaggio misto
Secondo il terzo numero del ''Warship International'' del 1980, l'unità era in uno stato pietoso nel luglio 1950 e il documento 222-R dell'Office of Naval Intelligence stimò che sarebbero occorsi una revisione e un riequipaggiamento completi. L{{'}}''Oskoli'' fu di stanza a Vladivostok dal 1º novembre 1954 ma, pare, in uno stato di bassa operatività, con un armamento ridotto al minimo. Il 12 marzo 1955 fu declassata a [[nave caserma]] con il codice ''PKZ-65'', salvo essere presto scelta per essere tramutata in nave bersaglio: la conversione fu effettuata in qualche mese e il 2 giugno l'unità tornò in servizio come ''TsL-64''. Fu fotografata dalla [[United States Navy]] nel [[Mar del Giappone]] nel luglio 1959, immagine che consentì di apprezzare la trasformazione della poppa in zona d'atterraggio per [[elicottero]] e, a mezzanave, la presenza di un radar [[P-8]] a grande raggio. La ''TsL-64'' espletò le sue funzioni per una decina d'anni e, sempre più logorata, fu ridotta una seconda volta a nave caserma il 27 agosto 1965, con il codice ''PKZ-37'' e con base a Vladivostok. Il 4 giugno 1969 fu infine depennata dal registro delle unità in servizio con la Marina sovietica, sebbene il suo destino ultimo non sia specificato dalle fonti consultate.<ref>{{cita pubblicazione|titolo= Ask Infoser|autore= Charles W. Schedel, jr.|rivista= Warship International|volume= 17|numero 3|editore= International Naval Research Organization|anno= 1980|p= 292|lingua= en|url= https://www.jstor.org/stable/44890843|accesso= 20 ottobre 2020}}</ref><ref>{{cita|Dodson 2020|p. 296}}.</ref>
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