Andrea Memmo: differenze tra le versioni
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'''Andrea Memmo''' ([[Venezia]] [[29 marzo]] [[1729]] - [[Venezia]] [[27 gennaio]] [[1793]]), patrizio veneziano, figlio di [[Pietro Memmo|Pietro]] e di [[Lucia Pisani]], appartenente a una delle cosiddette ''famiglie apostoliche'': le dodici famiglie di più antica nobiltà in [[Venezia]]. Fu ambasciatore della Repubblica a [[Roma]], ''Bailo'' (ambasciatore presso la Porta Ottomana) a [[Costantinopoli]], senatore e [[Procuratore di San Marco]] ([[1785]]). Tentò anche di essere eletto [[Doge]] dopo la morte di [[Paolo Renier]], avvenuta nel febbraio del [[1787]]. Il partito dei riformatori, che lo appoggiava, fu sconfitto e fu eletto ([[9 marzo]] [[1789]]) il candidato del partito conservatore [[Ludovico Manin]] che fu l'ultimo Doge di Venezia.
[[Immagine:Ca' Memmo.jpg|thumb|right|300px|Ca' Memmo]]
La carriera politica gli creò grossi problemi economici in quanto, all'epoca, imponeva il sostenimento di spese gravose in occasione dell'assunzione di cariche importanti. Nel [[1791]], [[Pietro Zaguri]] scriveva in una lettera: ''Il Memmo non ha più barca, è ridotto a miseria''. Ulteriore aggravio gli derivò dalla costituzione delle doti per le due figlie Lucietta e Paolina, andate spose a due nobili veneziani. A tal fine fu costretto a consumare quanto gli restava del pur cospicuo patrimonio. Per costituire la dote della seconda, andata sposa ad un Martinengo, si spogliò della sua ultima proprietà: lo storico palazzo in S. Marcuola.
Insieme ai fratelli [[Bernardo Memmo|Bernardo]] e [[Lorenzo Memmo|Lorenzo]] fu appassionato seguace delle idee nuove, sia in arte che in politica. Sostenne apertamente la riforma teatrale del [[Carlo Goldoni|Goldoni]] il quale dedicò a Bernardo e Andrea la commedia ''L'uomo di mondo'' ([[1750]]) originariamente rappresentata ([[1738]]) col titolo ''Momolo Cortesan'' non nella stesura definitiva scritta ''ma per la maggior parte all'improvviso'' come precisò il Goldoni stesso.
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