Arduino d'Ivrea: differenze tra le versioni
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=== Marchese di Ivrea ===
{{vedi anche|Marca di Ivrea}}
Il marchese d'Ivrea [[Corrado d'Ivrea|Corrado Cono]] fu trasferito al [[ducato di Spoleto]], Camerino e Pentapoli delle Marche fra il 990 e il 996. L'imperatore [[Ottone III di Sassonia|Ottone III]] individuò il successore in Arduino, e, intorno al [[990]] Arduino fu nominato marchese della [[marca di Ivrea]] {{Senza fonte|e nel 991 conte di palazzo}}<ref>N. Gabiani, ''Asti nei principali suoi ricordi storici vol 1, 2,3.'', 1927-1934, vol. I, pag. 444.</ref>. La marca<ref group="Riferimenti">Come specificato da Giuseppe Sergi: «Ivrea era un centro di potere tradizionale molto consolidato. Era stata capoluogo di un [[Ducato di Ivrea|ducato longobardo]] ed era stata fino al 950 centro di una dominazione marchionale che comprendeva anche Torino e si estendeva su gran parte del Piemonte e della Liguria. Dopo il 950 era sopravvissuta una marca eporediese di dimensioni più ridotte, limitata al Piemonte nord-orientale e ai comitati che ho prima ricordati.» Lo storico prosegue definendo, per questa altezza cronologica, cosa era una marca: «Le definizioni di «marca» sono sempre un po' discutibili, perché normalmente i marchesi erano conti in prima persona nei singoli diversi comitati, e a differenza di questi ultimi probabilmente la marca non era una vera circoscrizione pubblica, bensì un ambito di coordinamento militare». Per approfondire, si veda {{Cita libro|autore=Alfredo Lucioni|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|pp=17, più note 13 e 14|capitolo=Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref> comprendeva i comitati di [[Ivrea]], [[Vercelli]], [[Pombia]]-[[Novara]], della [[val d'Ossola]]<ref group="Riferimenti">Per una mappa dei suoi possedimenti marchionali, si veda{{Cita libro|autore=[[Giuseppe Sergi (storico)|Giuseppe Sergi]]|titolo=I confini del potere. Marche e signorie fra due regni medievali|anno=1995|editore=Einaudi|città=Torino|p=149}} </ref><ref>{{Cita libro|autore=[[Giuseppe Sergi (storico)|Giuseppe Sergi]]|curatore=[[Giuseppe Sergi (storico)|Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|p=15|capitolo=Arduino, la vicenda di un anomalo marchese-re|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref>. Alfredo Lucioni<ref name=":16">{{Cita libro|autore=Alfredo Lucioni|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|pp=
Tra il [[997]] e il [[999]] Arduino ebbe forti contrasti con i vescovi della sua marca, in quanto, interprete massimalista del suo ufficio pubblico, tentò di restaurare il potere pubblico marchionale contrastando l'ascesa locale dei vescovi, anche se a "livello nazionale", fuori dalla sua marca quando divenne re, non contrastò questa tendenza. Il 17 o 18 marzo del [[997]]<ref>{{Cita libro|autore=Alfredo Lucioni|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|p=44, nota 65|capitolo=Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref> il [[vescovo di Vercelli]], [[Pietro di Vercelli|Pietro]], venne assassinato da un gruppo di ''milites'' del vercellese fedeli ad Arduino<ref group="Riferimenti">I nomi degli esecutori materiali dell'assassinio sono citati in un diploma di Ottone III del 7 maggio 999: «''Damus omnia predia Ardoini filii Daidonis, quia hostis publicus adiudicatus episcopum Petrum Vercellensem interfecit et interfectum incendere non expavit, et predia eorum qui exploratu armis et ipsis manibus huic crudelitati interfuerunt, id est filiorum Teperti de Cassale Goslini, Aimini de Liuurno, Alberti et Gribaldi de Vnglano''». [https://www.dmgh.de/mgh_dd_o_ii__dd_o_iii/#page/749/mode/1up Ottonis III. ''Diplomata''], a cura di Th. Sickel, in [[Monumenta Germaniae Historica|MGH]], ''Diplomata regum et imperatorum Germaniae'', Hannoverae, Impensis Bibliopolii Hahniani, 1893, vol. II/2, n. 323, pp. 749-750)</ref>. A [[Ivrea]], invece, il vescovo [[Warmondo]], intento a recuperare il controllo sulla vassallità episcopale e sul complesso patrimoniale diocesano, minacciò Arduino di scomunicarlo e di porre su di lui un anatema, e, dato che non venne ascoltato, scomunicò Arduino unitamente al fratello Amedeo, ad un certo Everardo e i ''milites'' vescovili e cittadini di Ivrea sostenitori del marchese<ref>{{Cita libro|autore=Alfredo Lucioni|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|pp=40-42|capitolo=Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref>.
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Data l'inefficacia degli atti fin qua adottati, i vescovi scrissero una lettera a [[papa Gregorio V]], redatto forse in occasione di un sinodo tenuto a Pavia il 20 settembre 998 presieduto da Ottone III, che prese posizione contro l'alienazione delle proprietà degli enti religiosi, per informarlo delle azioni di Arduino e delle pene a lui afflitte<ref name=":14">{{Cita libro|autore=Alfredo Lucioni|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|p=42-43|capitolo=Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref>. Il papa quindi scrisse a sua volta una lettera ad Arduino datata gennaio 999, in cui lo minacciò di cessare con le sue azioni contro i vescovi della sua marca pena l'anatema nella Pasqua di quell'anno (in tale lettera non vi è menzione dell'uccisione del vescovo di Vercelli Pietro, ricordata inoltre solo in maniera implicita dai vescovi nella lettera inviata in precedenza al pontefice)<ref name=":14" />.
Nel [[999]] il nuovo [[papa Silvestro II]], appena salito al soglio pontificio per volere di [[Ottone III di Sassonia|Ottone III]] e già partecipe, in qualità di arcivescovo di Ravenna, al sopramenzionato sinodo a Pavia in cui era stata evidenziata la situazione, convocò Arduino a [[Roma]] e lo dichiarò ''hostis publicus'' (quindi formalmente non fu scomunicato<ref name=":8" />, anche perché lo era già prima) di fronte al [[sinodo]] e allo stesso imperatore<ref name="DBI">[[Girolamo Arnaldi]], [http://www.treccani.it/enciclopedia/re-d-italia-arduino_(Dizionario-Biografico)/ «ARDUINO, re d'Italìa»], ''[[Dizionario Biografico degli Italiani]]'', [[Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani]]</ref><ref name="EBU">AA.VV., [http://www.treccani.it/enciclopedia/arduino-re-d-italia/ Arduino re d'Italia], ''[[Enciclopedia biografica universale]] Treccani'', ed. [[2006]]</ref><ref
Tornato nella sua marca, Arduino si strinse ai suoi [[Vassallo|vassalli]] e cacciò dalle loro sedi i vescovi di Ivrea e Vercelli. L'ipotesi secondo cui venne investito della marca il figlio [[Arduino II d'Ivrea|Arduino II]]<ref name="EBU" />, risulta poco probabile<ref name=":8">{{Cita libro|autore=[[Giuseppe Sergi (storico)|Giuseppe Sergi]]|curatore=[[Giuseppe Sergi (storico)|Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|p=20|capitolo=Arduino, la vicenda di un anomalo marchese-re|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref>.
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