Arduino d'Ivrea: differenze tra le versioni

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Nel 1658 il conte [[Filippo San Martino di Agliè]], favorito della reggente del ducato di Savoia [[Cristina di Borbone-Francia]] e celebre commediografo che pretendeva di discendere da re Arduino, chiese all'abate Paolo Grato Gromo di Ternengo di poter riesumare i resti di Arduino dall'orto del monastero e di poterle trasportare nel suo [[Castello Ducale di Agliè|castello di Agliè]]. Il conte non era nuovo ad atti di tal tipo, tanto che l'anno precedente aveva ottenuto le presunte ceneri di [[Anscario I|Attone Anscario]], morto nell'898 e capostipite dei marchesi d'Ivrea, e le aveva sepolte nella [[Pieve di San Lorenzo (Settimo Vittone)|chiesa di San Lorenzo]] in Castello a [[Settimo Vittone]]<ref name=":10" />.
 
Nel 1764 il castello di Aglié venne acquistato da [[Carlo Emanuele III di Savoia]] allo scopo iddi darlo in appannaggio al ramo cadetto dei [[Duca di Chiablese|duchi di Chiablese]]<ref name=":022">{{Cita libro|autore=Gian Savino Pene Vidari|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|pp=88-89|capitolo=Canavese, Arduino. Aspetti socio-istituzionali|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref>, al quale nulla importava delle spoglie di Arduino. Nel 1769 i resti furono trafugati dalla marchesa Cristina di Saluzzo Miolans, moglie del precedente proprietario del castello di Aglié e marchese Giuseppe di San Martino, amante del conte [[Carlo Francesco di Valperga|Francesco Valperga di Masino]]<ref name=":10" />.
 
Racconta [[Giuseppe Giacosa]] che: <br />