Arduino d'Ivrea: differenze tra le versioni
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Nel [[999]] il nuovo [[papa Silvestro II]], appena salito al soglio pontificio per volere di [[Ottone III di Sassonia|Ottone III]] e già partecipe, in qualità di arcivescovo di Ravenna, al sopramenzionato sinodo a Pavia in cui era stata evidenziata la situazione, convocò Arduino a [[Roma]] e lo dichiarò ''hostis publicus'' (quindi formalmente non fu scomunicato<ref name=":8" />, anche perché lo era già prima) di fronte al [[sinodo]] e allo stesso imperatore<ref name="DBI">{{cita|DBI}}.</ref><ref name="EBU">{{cita|''Enciclopedia biografica universale'', Treccani.}}</ref><ref name=":15">{{Cita|Lucioni|pp. 38-39}}.</ref>. Egli si assunse la colpa dell'assassinio del vescovo di Vercelli Pietro e la pena prevedeva che vivesse separato da tutti, che rinunciasse a vestirsi con abiti di lino e a non mangiare più carne, a non avere più i sacramenti, che girasse disarmato e a non dormire per più di due notti di fila nello stesso luogo, eccezion fatta in caso di malattia; la pena alternativa era di farsi monaco<ref name=":15" />. Per quanto riguarda la tarda azione papale nei confronti di Arduino, avvenuta ben due anni dall'uccisione del vescovo di Vercelli Pietro, essa è spiegabile dal fatto che Gregorio V fu cacciato da Roma nell'autunno del 996 fino a inizio del 998, quando Ottone III rovesciò l'antipapa [[Giovanni Filagato]] (Giovanni XVI), senza contare la morte del suddetto papa. Però bisogna considerare che, nel periodo dell'esilio forzato di Roma, Gregorio V era a Pavia, fisicamente vicino al luogo dell'assassinio di Pietro, ma a ciò non conseguì nessuna immediata reazione<ref>{{Cita|Lucioni|pp. 45-46}}.</ref>. Anche l'atteggiamento imperiale fu ambivalente, ed Ottone III nella lotta tra i vescovi della marca di Ivrea ed Arduino assunse un atteggiamento di neutralità e ciò è dovuto al dominio presso la corte di [[Adelaide di Borgogna (imperatrice)|Adelaide]], nonna e reggente dell'imperatore, probabile protettrice di Arduino e possibile artefice della sua ascesa al potere: tal riposizionamento di potere presso la corte imperiale è visibile nella lotta contro il già citato antipapa Giovanni Filagato, ex protetto della defunta [[Teofano Scleraina|Teofano]] e rivale di Adelaide<ref name=":16" />.
Nel periodo tra il 999 e il 1002 non si hanno informazioni su Arduino, se non di suo fratello Guiberto<ref>{{la}} [https://www.dmgh.de/mgh_dd_o_ii__dd_o_iii/#page/811/mode/1up Ottonis III. ''Diplomata''], a cura di Th. Sickel, in [[Monumenta Germaniae Historica|MGH]], ''Diplomata regum et imperatorum Germaniae'', Hannoverae, Impensis Bibliopolii Hahniani, 1893, vol. II/2, n. 383, p. 811, in data 1° novembre 1000.</ref>, definito ''comes'', che presenziò in un placito a Pavia in cui era presente Ottone III, e il figlio [[Arduino II d'Ivrea|Ardicino]]<ref>''I placiti del Regnum Italiae»'', a cura di C. Manaresi, Fonti per la storia d'Italia, 96, Roma, Istituto storico italiano per il medioevo, 1957, vol. II/1, n. 266, p. 476.</ref>, convocato al [[Palazzo Reale (Pavia)|palazzo regio]] a Pavia ma ivi fuggito di notte prima di incontrare l'imperatore<ref>{{Cita|Lucioni|p. 54, nota 108}}.</ref>. Per quanto riguarda quest'ultimo, l'ipotesi secondo cui venne investito della marca il suddetto figlio<ref name="EBU" />, risulta poco probabile<ref name=":8">{{Cita
{{Senza fonte|L'imperatore Ottone, con l'intercessione del pontefice che scomunicò i due marchesi, sollevò dall'incarico Arduino, conferendo la reggenza della marca al cugino [[Olderico Manfredi II|Olderico Manfredi]], incaricato anche di sedare la ribellione arduinica. Questa ulteriore scomunica non pose tuttavia fine alla lotta di Arduino. Olderico non riuscì nel suo intento, anzi, la ribellione dei conti italiani si allargò al punto che l'imperatore dovette tornare in Italia per sedare la rivolta.}}
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In questa fase di debolezza, Arduino venne assediato nel castello di Sparone, ma egli riuscì a vincere l'assedio e lui e i suoi "Sparonisti"<ref group="Riferimenti">L'assedio di Sparone divenne un episodio capitale per gli avversari di Arduino, a giudicare dai continui accenti alla fortezza da parte di Leone di Vercelli. Benzone di Alba, decenni dopo, definisce Arduino «bestia Sparonis» mentre i suoi sostenitori sono definiti nei suoi scritti «Sparonisti»). Si veda {{Cita|Lucioni|p. 77, nota 195}}.</ref> pochi mesi dopo, riuscirono ad occupare la città di Vercelli, sede episcopale di [[Leone di Vercelli|Leone]]<ref>{{Cita|Lucioni|p. 77}}.</ref>. Sembra addirittura che Arduino riuscì ad occupare Pavia, anche se ciò è provato da un solo documento tramesso in una copia seicentesca, in cui Arduino diede il suo assenso ad una donazione da parte dl figlio Ottone di un complesso fondiario alla diocesi di Pavia retta dal nuovo vescovo Rainaldo<ref name=":9">{{Cita|Lucioni|pp. 77-78, più note 197 e 198}}.</ref>. Non va tenuto invece conto di un documento che vuole Arduino presso l'[[abbazia di Bobbio]], considerato un falso<ref>{{Cita|Lucioni|pp. 78-79}}.</ref>. Nel novarese, Arduino partecipò in prima persona ad atti militari assieme ai conti di Pombia, oltre che nell'area prealpina tra Como e Milano con i fratelli Ugo e Berengario, figli del defunto conte Sigifredo e di Railenda (figlia del conte di Piacenza [[Riprando II]])<ref group="Riferimenti">Se la regina [[Berta degli Obertenghi (regina d'Italia)|Berta]] apparteneva alla stirpe degli [[Obertenghi]], figlia di [[Oberto II (Margravio di Milano)|Oberto II]] e Railenda, e non a quella [[Aleramici|aleramica]], ella fu la sorellastra dei suddetti Ugo e Berengario. Il conte di Vicenza, Lanfranco, era a sua volta fratellastro di Berta, il quale ebbe una figlia, Immilla, consorte di Uberto il Rufo di Pombia. Per approfondire, si veda {{Cita|Lucioni|pp. 82-83, nota 219}}.</ref>; tutti erano alleati di Arduino e parenti per via matrimoniale degli Obertenghi<ref>{{Cita|Lucioni|pp. 81-82}}.</ref>. Quest'ultima stirpe, inoltre, nel frattempo lottava nell'area veneta ed Arduino riuscì ad ottenere in tale area, in controtendenza rispetto al quadro generale di decadimento progressivo, il supporto del [[vescovo di Vicenza]] Gerolamo, lasciando lo schieramento di Enrico II e per questo privato della carica episcopale nei primi mesi del 1013, venendo sostituito da Tedaldo<ref name=":7">{{Cita|Lucioni|pp. 82-84, più note 223 e 224}}</ref>.
Nonostante questi sforzi, Arduino non poté supportare ulteriormente la situazione politica: Enrico II, che nel frattempo si era dovuto occupare di [[Boleslao I di Polonia|Boleslao di Polonia]], [[Italienzug|scese nuovamente in Italia]] nel [[1013]]; l'anno successivo fu solennemente proclamato imperatore a Roma da [[papa Benedetto VIII]] e riuscì a domare le resistenze dei nobili romani suoi avversari (ed alleati di Arduino): in tale frangente, gli [[Obertenghi]] furono annichiliti dal sovrano, alcuni di loro imprigionati e trasferiti Oltralpe<ref group="Riferimenti">Tietmaro (si veda {{Cita|''Cronaca'' di Tietmaro, tr. di M. Taddei|Libro VII, 1, pp. 193-194}} e, con relative note, {{Cita|''Chronicon'', tr. di P. Bugiani|Libro VII, 1 (1), p. 541}}) riferisce che una settimana dopo l'incoronazione di Enrico II e di Cunegonda, il 21 febbraio, ci fu uno scontro tra i romani e i tedeschi sul ponte Tiberino provocata da tre fratelli Obertenghi, figli di [[Oberto II (Margravio di Milano)|Oberto II]], [[Ugo (margravio di Milano)|Ugo]], [[Alberto Azzo I|Azzone]] e Adalberto, di cui ne furono catturati due (uno riuscì a sfuggire), e trasferiti uno preso [[Fulda]] e l'altro presso il [[castello di Giebichenstein]], usata come "prigione politica da Enrico II, Corrado II ed Enrico III il Nero. In seguito, sempre secondo Tietmaro ({{Cita|''Cronaca'' di Tietmaro, tr. di M. Taddei|Libro VIII, 1, p. 233}} e {{Cita|''Chronicon'', tr. di P. Bugiani|capitolo=Libro VIII, 1 (1), p. 651}}), il 25 gennaio 1018 Azzone (Ezzelino) venne rilasciato dalla prigionia. SI veda per la vicenda e per ulteriori fonti {{Cita|Lucioni|pp. 25-28}}.</ref>, e i loro interessi patrimoniali furono minati alla base con la creazione da parte di Enrico II della [[diocesi di Bobbio]]<ref name=":11">{{Cita|''Cronaca'' di Tietmaro, tr. di M. Taddei|Libro VII, 3, p. 194}}.</ref><ref name=":12">{{Cita|''Chronicon'', tr. di P. Bugiani|capitolo=Libro VII, (3), p. 543}}</ref>, affidata all'abate dell'abbazia, situata nel cuore dei possedimenti obertenghi<ref name=":7" />. Nonostante i fedeli di Arduino, una volta che Enrico II era ritornato in Germania<ref group="Riferimenti">Nella [http://calendario.eugeniosongia.com/calendarioperpetuo.htm Pasqua del 1014, il 25 aprile], Enrico II era a Pavia e vi sostò per varie settimane e oltrepassò le Alpi a maggio.</ref>, compissero ancora nel 1014 una serie di incursioni su [[Novara]], che venne assediata<ref name=":13">{{Cita|Lucioni|p. 28}}.</ref>, [[Vercelli]] (in quest'ultima sede occupata da Arduino stesso, e vi cacciò il vescovo Leone<ref name=":11" /><ref name=":12" /><ref name=":13" />) e [[Como]]<ref name=":0" /><ref name=":7" />, il sovrano, vista la perdita di Vercelli e una grave infermità sopraggiunta<ref
=== Ritiro e morte ===
Si ritirò quindi nell'[[abbazia di Fruttuaria]] a [[San Benigno Canavese]], eretta sul confine della diocesi di Ivrea e Torino pochi anni prima a inizio secolo da [[Guglielmo da Volpiano|Guglielmo]], [[Abbazia di San Benigno (Digione)|abate di San Benigno]] di [[Digione]], per volontà dei de Vulpiano, stirpe a cui il neo abate apparteneva e fedeli di Arduino<ref name=":6">{{Cita|Lucioni|pp. 79-80}}.</ref>. Quest'ultimo era molto legato avendone appoggiato l'edificazione con un diploma del 28 gennaio 1005<ref name="DBI" /><ref name=":6" />; Rosa Maria Dessì<ref>{{cita libro|lingua=fr|autore-capitolo=Rosa Maria Dessi|url=https://www.academia.edu/2587082|capitolo=La double conversion d'Arduin d'Ivrée. Pénitence et conversion autour de l'an Mil|titolo=Guerriers et moines. Conversion et sainteté aristocratiques dans l'Occident médiéval (IX-XIIè siècle)|curatore=M. Lauwers|città=Antibes|editore=Éditions APDCA|anno=2002}}</ref> ha avanzato l'ipotesi che dovesse divenire un ''[[Hauskloster]]'' di Arduino in quanto questo luogo venne scelto dal sovrano ormai decaduto come luogo di sepoltura per sé, la moglie Berta e i propri figli, ma tale tesi non è universalmente accettata<ref>{{Cita|Lucioni|p. 80, note 204 e 205}}.</ref>.
Il 14 dicembre [[1015]]<ref name="DBI" /> Arduino morì nell'[[abbazia di Fruttuaria]] e fu tumulato nell'[[altare maggiore]] della chiesa abbaziale, ove per secoli fu venerato da [[monaci]] e [[pellegrinaggio|pellegrini]]. [[Tietmaro di Merseburgo|Tietmaro]] riferisce che la sua morte avvenne il 30 ottobre del medesimo anno<ref name=CT205 >{{Cita|''Cronaca'' di Tietmaro, tr. di M. Taddei|Libro VII, 24, p. 205}}</ref><ref name=CB575 >{{Cita|''Chronicon'', tr. di P. Bugiani|
Nonostante la sua morte, i suoi fedeli, con l'aiuto contingente aiuto del marchese [[Olderico Manfredi II|Olderico Manfredi]], rimasero compatti e riuscirono nel 1016 ad occupare Ivrea scacciandone il vescovo<ref name=":02">{{Cita|Pene Vidari|pp. 104-106}}.</ref>. La marca di Ivrea non ebbe più un titolare, data la ricerca di indipendenza delle diocesi di Vercelli e Novara, unitamente alla più debole diocesi di Ivrea, ostacolata quest'ultima dalla stirpe discendente di Arduino<ref name=":02" />.
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