Impero sasanide: differenze tra le versioni
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=== Declino e caduta (622-651) ===
{{Vedi anche|Guerra romano-persiana del 602-628|Conquista islamica della Persia}}
[[File:E3 7 1 2c oriental coins.jpg|miniatura|La regina [[Boran]], figlia di [[Cosroe II]], l'ultima donna e una degli ultimi sovrani della [[dinastia sasanide]], 630.]]
All'espansione sotto Cosroe II seguì però il declino. L'imperatore bizantino [[Eraclio I|Eraclio]] (610-641) aveva infatti riorganizzato il suo esercito e aveva contrattaccato. Tra il 622 e il 627 Eraclio combatté i Persiani in [[Anatolia]] e nel [[Caucaso]], infliggendo una serie di sconfitte all'esercito sasanide comandato da Cosroe, [[Shahvaraz]], [[Shahin]] e Shahraplakan, saccheggiando il grande tempio [[Zarathustra|zoroastriano]] a [[Takht-e Soleyman|Ganzak]] e stringendo delle alleanze con i [[Cazari]] e il [[Khaganato turco occidentale]]. Nel 626 [[Costantinopoli]] venne assediata dagli [[Slavi]] e dagli [[Avari]], che erano appoggiati dall'esercito persiano comandato da Shahvaraz, ma i tentativi di traghettare i Sasanidi in Europa vennero bloccati dalla flotta bizantina e l'assedio fallì. Nell'inverno 627-628 Eraclio invase la Mesopotamia e, nonostante la partenza dei suoi alleati [[Cazari|Khazar]], sconfisse l'esercito sasanide comandato da [[Rhahzadh]] nella [[Battaglia di Ninive (627)|battaglia di Ninive]]. Marciò poi verso il [[Tigri]], devastando il paese e saccheggiando il palazzo di Cosroe a Dastagerd. La distruzione dei ponti sul Canale Nahrawan gli impedì di attaccare [[Ctesifonte]] e condusse ulteriori incursioni prima di ritirarsi nell'Iran nordoccidentale.<ref>{{cita libro|lingua=en|url=https://books.google.it/books?id=l5__AwAAQBAJ&pg=PA163|p=163|titolo=The Early Islamic Conquests|autore=Fred M. Donner|editore=Princeton University Press|anno=2014|isbn=978-14-00-84787-7}}</ref>
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Nella primavera del 632 salì al trono un nipote di Cosroe I, [[Yazdgard III]]. Nello stesso anno gli [[Arabi]], uniti dall'[[Islam]], fecero le prime incursioni nel territorio sasanide. Anni di guerra continua avevano indebolito sia i Bizantini sia i Sasanidi. I Sasanidi vennero indeboliti anche da una crisi economica, da tasse elevate, malcontento religioso, rigida [[stratificazione sociale]], ascesa dei proprietari terrieri provinciali e un rapido susseguirsi di re. Questi fattori facilitarono la [[conquista islamica della Persia]].<ref>{{cita libro|lingua=en|url=https://books.google.it/books?id=TT7xBQAAQBAJ&pg=PA26|p=26|titolo=Chain Reaction and Chaos: Toward Modern Persia|autore=Sadegh Shajari|editore=University Press of America|anno=2014|isbn=978-07-61-86522-3}}</ref>
Yazdgard era un ragazzo alla mercé dei suoi consiglieri ed era incapace di unire un paese vasto sbriciolatosi in piccoli regni feudali, nonostante i Bizantini, impegnati a respingere gli attacchi arabi, non fossero più una minaccia.<ref name="dar3638">{{cita|Daryaee (2009)|pp. 36-38}}.</ref> Il primo scontro tra Sasanidi e Arabi avvenne nella [[battaglia del Ponte]] nel 634 e venne vinto dai Sasanidi; tuttavia gli Arabi non si arresero e poco dopo le truppe disciplinate di [[Khalid ibn al-Walid]], generale dell'esercito arabo, sconfissero l'esercito persiano comandati dal generale [[Rostam Farrokhzād]] nelle pianure di [[Battaglia di al-Qadisiyya|al-Qadisiyya]] nel 637 e assediarono [[Ctesifonte]]. Ctesifonte cadde dopo un prolungato assedio. I governatori sasanidi provarono
In cinque anni la maggior parte del territorio sasanide venne annesso al califfato Islamico. Con l'assassinio di [[Yazdgard III]] a [[Merv]] nel 651 si concludeva la storia dei Sasanidi e incominciava quella della Persia islamica.<ref name="dar3638"/>
La caduta rapida dell'Impero sasanide fu completata nel giro di cinque anni, e la maggior parte del suo territorio fu annessa al califfato islamico; tuttavia, diverse città persiane continuarono a resistere rivoltandosi all'autorità islamica.<ref>{{cita|Zarinkoob (1999)|pp. 305-317}}.</ref> La popolazione locale, non costretta per forza a convertirsi all'Islam, divenne suddita del [[Califfato dei Rashidun|Califfato islamico]], e, in quanto [[dhimmi]] (cioè non ancora convertiti all'Islam), furono costretti a pagare una ''[[jizya]]'' fin quando non avessero abbracciato la nuova fede.<ref>{{cita libro|lingua=en|url=https://books.google.it/books?id=wFbWEPGx7SkC&pg=PA97|p=97|titolo=Religious Pluralism and Islamic Law: Dhimmis and Others in the Empire of Law|autore=Anver M. Emon|editore=OUP Oxford|anno=2012|isbn=978-01-9966163-3}}</ref> In pratica, tale imposta sostituì quelle statuite dai Sasanidi, che tendeva a essere abbastanza salata. Oltre alla ''jizya'', fu adottata dagli Arabi la vecchia tassa sasanide sulla terra (in arabo ''Kharaj''). Si dice che il califfo ʿUmar avesse costituito una commissione che giudicasse se i dazi sulla terra fossero più di quanto la popolazione potesse pagare.<ref>{{cita libro|lingua=en|url=https://books.google.it/books?id=boZSEAAAQBAJ&pg=PA179|titolo=Islamic Economics: A Short History|autore=Ahmed El-Ashker|autore2=Rodney Wilson|editore=BRILL|anno=2006|isbn=978-90-47-40962-5|p=179}}</ref> La conversione della popolazione persiana all'Islam avvenne gradualmente, per completarsi di fatto verso la seconda metà dell'[[VIII secolo]].
== Politica ==
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