Strage di via D'Amelio: differenze tra le versioni

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== Storia ==
=== Precedenti tentativi di attentato ===
[[File:Paolo Borsellino.jpg|thumb|left|[[Paolo Borsellino]], obiettivo dell'attentato.]]
La volontà di [[Cosa nostra|Cosa Nostra]] di uccidere [[Paolo Borsellino]] risalirebbe addirittura ai primi [[Anni 1980|anni '80]], quando il magistrato seguiva le indagini sugli assassini del capitano dei [[carabinieri]] [[Emanuele Basile (carabiniere)|Emanuele Basile]]<ref name=":8" />. Però i primi tentativi concreti vennero messi in atto a partire dal [[1987]], quando Borsellino era procuratore capo a [[Marsala]]: infatti il ''boss'' [[Salvatore Riina]] incaricò [[Baldassare Di Maggio]] (reggente del [[Mandamento (cosa nostra)|mandamento]] di [[San Giuseppe Jato]] in assenza di [[Bernardo Brusca]]) di spiare le mosse del magistrato quando trascorreva le vacanze estive nella sua villa al mare a [[Villagrazia di Carini]]<ref name=":11" />. Sempre con l'avallo di Riina, il piano ebbe un ulteriore sviluppo nel [[1991]]: Francesco Messina (detto ''Mastru Ciccio'', reggente del mandamento di [[Mazara del Vallo]], in cui ricadeva il territorio di [[Marsala]]) assegnò il compito di eseguire l'attentato a Vito Mazzara (capo della Famiglia di [[Valderice]]), utilizzando un [[fucile di precisione]] o un'[[autobomba]] durante il tragitto che il giudice compiva da casa al lavoro<ref>{{Cita libro|nome=Adriano|cognome=Sofri|titolo=Reagì Mauro Rostagno sorridendo|url=https://books.google.it/books?id=YILbCgAAQBAJ&pg=PT37&lpg=PT37&dq=brusca+Borsellino+mazzara&source=bl&ots=55bO-xdPrV&sig=ACfU3U1m89CHcjVu9AbXGDzOHWapgHYaMA&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjjod27xpr2AhVvRPEDHQ74DSUQ6AF6BAhIEAI#v=onepage&q=brusca%20Borsellino%20mazzara&f=false|accesso=2022-02-25|data=2014-07-11|editore=Sellerio Editore srl|lingua=it|ISBN=978-88-389-3274-8}}</ref><ref name=":10">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/02/01/non-vollero-eliminare-borsellino-per-questo-due.html|titolo=NON VOLLERO ELIMINARE BORSELLINO PER QUESTO I DUE BOSS FURONO UCCISI - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2022-02-25}}</ref>. Tuttavia il progetto incontrò l'opposizione di Vincenzo D'Amico e Francesco Craparotta (rispettivamente capo e vice-capo della [[Famiglia (mafia)|Famiglia]] di Marsala), i quali fecero trapelare la notizia all'esterno, facendo così aumentare le misure di sicurezza intorno al magistrato e bloccando di fatto ogni tentativo di attentato (per questo motivo, D'Amico e Craparotta verranno uccisi su ordine di Riina nel 1992)<ref name=":11">{{Cita web|url=http://mafie.blogautore.repubblica.it/2019/06/27/3271/|titolo=Tutti i piani per uccidere Paolo Borsellino|autore=Attilio Bolzoni|sito=Mafie|lingua=it|accesso=2022-02-25}}</ref><ref name=":10" />.
 
Un altro tentativo stava trovando concreta attuazione nel 1988, quando Borsellino lasciava Marsala per trascorrere la domenica con i familiari nella sua abitazione di via Cilea a Palermo: un gruppo di fuoco composto da mafiosi della [[Noce (Palermo)|Noce]] e di [[Porta Nuova (Palermo)|Porta Nuova]] (Francesco Paolo Anzelmo, [[Raffaele Ganci|Raffaele]] e Domenico Ganci, Antonino Galliano, [[Salvatore Cancemi]] e Francesco La Marca) doveva colpirlo con [[Arma da fuoco|armi da fuoco]] mentre usciva da casa per andare a comprare il giornale in [[Edicola (commercio)|edicola]] ma all'ultimo momento venne tutto sospeso perché, dopo un paio di appostamenti intorno all'abitazione, fu accertato che l'agguato non era fattibile<ref name=":11" /><ref name=":8" />.