Titulus crucis: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Correggo |
Nessun oggetto della modifica Etichette: Modifica visuale Modifica da mobile Modifica da web per mobile |
||
Riga 3:
[[File:Titulus.jpg|thumb|Il ''Titulus crucis'' conservato nella [[Basilica di Santa Croce in Gerusalemme]] a [[Roma]]; sulle tre distinte righe si legge una parte del cartiglio: quella in [[Lingua ebraica|ebraico]] è molto corrotta e vi sono varie interpretazioni, ''IS NAZARENUS B[ASILEUS TVN IOUDAIVN]'' ([[lingua greca|greco]]) e ''I. NAZARINVS RE[X IVDAEORVM]'' ([[lingua latina|latino]])]]
Il '''Titulus ''crucis''''' ''(titolo, iscrizione della croce)'' era la motivazione della condanna a morte di [[Gesù]], decisa dal governatore romano [[Ponzio Pilato]] e composta dalle parole "Gesù di Nazareth, re de Giudei". In realtà l'esatta composizione delle parole è incerta, in quanto la condanna è riportata in modo differente dai quattro [[vangeli canonici]]. Il titulus sarebbe stato apposto sopra la [[croce]] di Gesù per indicare ai passanti la motivazione della condanna<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Letizia Biazzo|titolo=Rex Iudaeorum. Citare in giudizio un titolo regale?|rivista=La Rivista di Engramma|numero=202 (maggio 2023)}}</ref>. L'esibizione della motivazione della condanna, infatti, era prescritta dal [[diritto romano]], per quanto non in tre lingue.<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 2'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 965, ISBN 978-0-300-14010-1.</ref>
Il ''titulus'' identifica anche una [[reliquia]] conservata a Roma nella [[Basilica di Santa Croce in Gerusalemme]] e costituita da una tavola di legno di [[juglans|noce]], che secondo la tradizione sarebbe il [[cartiglio]] originario infisso sopra la croce. Il legno, ritrovato in una nicchia nel [[1492]] durante lavori di conservazione condotti nella chiesa, reca una parte di un'iscrizione (presumibilmente, ma senza alcuna certezza, frutto di uno smembramento) in caratteri compatibili con quelli del [[I secolo]], da destra a sinistra (comprese le righe in greco e latino), in tre lingue diverse: [[Lingua ebraica|ebraico]], [[lingua greca|greco]] e [[Lingua latina|latino]]. L'ordine appare diverso da quello riferito da [[Giovanni Evangelista|Giovanni]] (ebraico, latino e greco). Il manufatto è stato datato attraverso un'analisi al [[carbonio-14]] al [[X secolo|X]]-[[XII secolo]].
Riga 46:
|| ''non specificato'' || ''non specificato''|| ''non specificato'' || [[Lingua ebraica|ebraico]], [[Lingua latina|latino]], [[lingua greca|greco]]
|}
I vangeli canonici non concordano circa l'iscrizione sul cartiglio e che avrebbe riportato il motivo della condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei» riportano i sinottici ''[[Vangelo secondo Matteo]]'' ({{passo biblico|Mt|27,37}})<ref group="Nota">Il cattolico ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', in merito alla versione di Matteo, evidenzia: "''questi è Gesù'': Matteo alla forma marciana dell'iscrizione sulla croce, aggiunge queste parole che dichiarano il fondamento giuridico della condanna a morte.". (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, p. 877, ISBN 88-399-0054-3.)" .</ref> e ''Vangelo secondo Luca'' ({{passo biblico|Lc|23,38}}) mentre l'iscrizione è riportata come «Gesù Nazareno, re dei Giudei» nel ''[[Vangelo secondo Giovanni]]'' ({{passo biblico|Gv|19,19}}), dove si riferisce anche che era scritta in [[lingua ebraica|ebraico]], [[lingua latina|latino]] e [[lingua greca|greco]] ({{passo biblico|Gv|19,20}}). Il quarto vangelo afferma anche che, al leggerlo, i capi dei Giudei si recarono da [[Ponzio Pilato]] per chiedere che venisse corretto: secondo loro il ''titulus'' non doveva affermare che Gesù fosse il Re dei giudei, ma che si fosse autoproclamato tale. Pilato rispose ''[[Quod scripsi, scripsi]]'', e si rifiutò di modificare la scritta (''Giovanni'' {{passo biblico|Gv|19,21-22}}). Il teologo cattolico [[Raymond Edward Brown|Raymond Brown]]<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 2'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 963-966, ISBN 978-0-300-14010-1.</ref> - nell'evidenziare come le quattro versioni evangeliche siano tutte diverse, "con divertimento se pensiamo a chi ha un approccio letterale ai vangeli"<ref group="Nota">Raymond Brown evidenzia infatti: "L'iscrizione/titolo [Titulus] contiene le sole parole riguardanti Gesù che si sostiene siano state scritte durante la sua vita. Possiamo osservare, tuttavia (con divertimento se pensiamo a chi ha un approccio letterale ai vangeli), che tutti e quattro gli evangelisti le riportano in modo differente". (Raymond E. Brown, The Death of the Messiah Vol. 2, Anchor Yale Bible, 2010, pp. 963-964, ISBN 978-0-300-14010-1.).</ref> - rileva come la scritta non sembra esser stata fatta come sbeffeggiamento, ma pare sottolineare che "Gesù fu vittima di una falsa accusa" e "ancor più chiaramente che nei Sinottici, Giovanni usa Pilato per esprimere una valutazione teologica".
Osserva Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 2'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 964-965, ISBN 978-0-300-14010-1.</ref> che "Giovanni non solo sviluppa l'iscrizione in un episodio più complesso ma ne cambia il significato"<ref group="Nota">Anche il cattolico ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', sottolinea lo stile teologico proprio di Giovanni: "''La Crocifissione di Gesù'' (19,16b-30). Come nelle sezioni precedenti, il resoconto di Giovanni sulla crocifissione segue una strada tutta sua [e anche] in alcuni episodi nei quali Giovanni è parallelo ai sinottici, egli accentua elementi diversi del racconto. Gesù porta la propria croce (v. 17); Pilato ha deliberatamente formulato l'accusa da scrivere sulla croce (vv. 19-22)". (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, p. 1285, ISBN 88-399-0054-3.)".</ref> e "la formulazione di Giovanni della dicitura è la più solenne e rimarchevole, come attestato dalla tradizione artistica della croce con un «INRI», dalla supposta scritta latina ''Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum''. La solennità è incrementata dall'indicazione che la scritta era trilingue". In merito all'uso di tre lingue per un semplice criminale - come riportato dal Vangelo secondo Giovanni<ref group="Nota">Oltre che essere presente nel Vangelo secondo Giovanni, il riferimento alle lingue è presente in alcuni antichi manoscritti greci del Vangelo secondo Luca ({{cita passo biblico|Lc|23,38}}). Vedi Shmuel Safrai, [https://brill.com/view/book/edcoll/9789047417354/BP000013.xml "Spoken and Literary Languages in the Time of Jesus"] in R. Steven Notley, Marc Turnage, Brian Becker (a cura di), ''Jesus' Last Week, Jerusalem Studies in the Synoptic Gospels'', Volume One. BRILL, 2006, ISBN 978-9004147904, p. 225 e Peter Cresswell, [https://books.google.com/books?id=D47Pim5iozkC&dq=%22The+same+goes+for+the+note+in+Luke+23,+38%22&pg=PT106 ''The Invention of Jesus''], Watkins, 2013, cap. 5, ISBN 9781780286211 «The same goes for the note in Luke 23, 38 that the inscription on the cross was given in three languages: included by scribe A, deleted by Ca [from the [[Codex Sinaiticus]]] and absent in [[Codex Vaticanus]] and P75». Questa lezione, come accettato dalla grande maggioranza degli studiosi, è "quasi certamente una glossa copiata da Gv19,20", ovvero il risultato del tentativo di alcuni copisti di armonizzare il testo di Luca con quello di {{cita passo biblico|Giovanni|19,20}}. Vedi Paul D. Wegner, [https://books.google.com/books?id=kkVFOTsBOAEC&dq=%22luke+23:38%22+versions&pg=PA226 ''The Journey From Texts to Translations: The Origin and Development of the Bible''], Baker Academic, 2004 ISBN 9780801027994, p. 226; Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 2'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 965, ISBN 978-0-300-14010-1.</ref> - Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 2'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 965-966, ISBN 978-0-300-14010-1.</ref> evidenzia che "possiamo essere ragionevolmente certi che i soldati romani non si sarebbero preoccupati di trascrivere l'accusa ad un criminale in tre lingue. Iscrizioni multilingue erano usate nell'antichità ma solo in eventi solenni, come un proclama imperiale" e quindi "le tre lingue hanno significato simbolico. L'ebraico è la lingua sacra delle Scritture di Israele; il latino è la lingua del conquistatore romano; il greco è la lingua in cui il messaggio di Gesù viene diffuso e scritto"; alcuni antichi copisti variarono, sempre simbolicamente, l'ordine dei testi in "ebraico, greco e latino, ponendo per ultima di importanza la lingua imperiale".
Il vangelo di Giovanni si differenzia dai sinottici anche per la specificazione di Gesù come il "nazareno", un dettaglio apparentemente marginale. Anche se fosse stato storicamente presente sul cartiglio, c'è da stupirsi che Giovanni l'abbia reinserito più che del fatto che i sinottici l'avessero omesso. Questo dettaglio letterario si comprende solo considerando un altro brano di Giovanni e l'intuizione di uno studioso ebreo:
|