Colli a Volturno: differenze tra le versioni

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I LONGOBARDI
 
L'archeologia ci assicura che il territorio collese venne abitato fino all'epoca delle invasioni barbariche; tornò per un breve periodo a spopolarsi per essere di nuovo abitato in seguito alla conquista longobarda della Valle del Volturno tra la fine del V e gli inzi del VI secolo. A questo periodo risalgono due insediamenti longobardi di particolare interesse archeologico, quello di "S. Angelo" e quello di Monte San Paolo. Il primo si originò sull'altura del colle dove tutt'oggi si erge il nucleo medioevale di Colli. La località venne denominata "ad Sanctum Angelum", nome che verrà poi ritrovato nel carteggio del X secolo relativo all'incastellamento di Colli.
Il titolo di S. Angelo, come documentano gli studi della toponomastica antica, è di provenienza longobarda e con esso veniva onorato il principe degli arcangeli S. Michele, principale protettore dei longobardi. L'altro insediamento ubicato presso le pendici di monte San Paolo viene documentato da una serie di grotte, abitazioni del primitivo insediamento longobardo. Agli abitanti di questa località si riferiscono tre interessanti cippi in pietra sui quali viene replicata la figura della vipera. Il rettile appare inciso a rilievo accanto a due croci del tipo longobardo e a due lettere maiuscole "S" e "P" che equivalgono alle iniziali del nome dell'apostolo "Sanctus Paulus". A questo santo era denominata la montagna come segno di protezione contro i morsi delle vipere che abbondavano nelle località. I cippi di monte San Paolo si riferiscono a questa pratica devozionale diffusa tra i longobardi e scaturita dal racconto biblico degli atti degli Apostoli nel quale, al cap. 28, si racconta la liberazione divina dell'Apostolo dopo essere stato aggredito alla mano da una vipera, durante il naufragio sull'isola di Malta.
 
 
L'INCASTELLAMENTO MONASTICO
 
Agli inizi del secolo '''VIII d.C'''. , il territorio di Colli, con altri della Valle del Volturno, venne donato al monastero di San Vincenzo fondato da tre nobili cugini, i S.S. Paldo, Tato e Taso. Il ''Chronicon Volturnense'', fonte indispensabile per lo studio dell'economia agraria della Valle del Volturno, ci informa che Gisolfo I, duca di Benevento, donò al monastero di San Vincenzo, una vasta area territoriale adiacente e distante dal sito monastico. Tra i territori più "adiecentes aut imminentes" figurava anche l'agro di Colli che con gli altri, fino agli inizi delsecolo VII, avevano conservato la dimensione fiscale
connessa al ducato longobardo di Benevento. In questa vasta area dominava la solitudine, poichè gli antichi stanziamenti longobardi erano venuti meno a causa dell'abbandono degli abitanti prima della metà del VI secolo. I monaci volturnensi presto ripopolarono e resero feconda la Valle del Volturno. Ciò fu possibile mediante l'instaurazione del sistema curtense sulla località da bonificarsi. L'ordinamento curtense consisteva da parte del monastero maggiore -in questo caso San Vincenzo- di provvedere alla fondazione di piccoli nuclei chimati "cellae" o "curtes minores" dipendenti dal monsatero maggiore -curtis maior- sulle località da bonificare. Tracce di questo tipo di insediamento sono state rinvenute a Colli presso la località denominata "Colle S. Damiano". Qui esistevano i ruderi di una chiesetta con annessi edifici per l'abitazione dei coloni e dei monaci. Tra i ruderi fu possibile rinvenire una lapide nella quale si diceva che là il complesso era stato edificato dal monaco Alipertus ai tempi dell'abate volturnense Ato (739-760). Questi piccoli centri in pochi anni risanarono l'economia demografica e rurale della Valle del Volturno, ma cessarono improvvisamente di esistere ai tempi delle invasioni saraceniche che culminarono nell'anno 881 con la distruzione del ''monastero di San Vincenzo'' e di ogni dipendenza curtense. Dal Chronicon Volturnense è possibile leggere della fondazione del castello di Colli nell'anno 962 da parte dell'abate Paolo che concedeva in affitto ventinovennale (atto livellare) le terre poste nell'agro di Colli allora denominate "Ad Sanctum Angelum". Contemporaneamente a Colli, l'abate fondava i nuclei di Fornelli (Vandra) e di Valle Porcina (Vadu Transpadinu), anch'essi abitati dalle tribù longobarde nel VI secolo. Per le peculiarità dell'agro collese, e per i numerosi prodotti agricoli che da esso si traevano, nell'anno 988 l'abate Roffredo di San Vincenzo dedusse nuove colonie dal castello di Colli, che nel relativo documento di locazione veniva esplicitamente ricordato di essere già stato edificato.
 
IL FEUDALESIMO
 
A pochi anni dalla fondazione del castello, la primitiva comunità collese dovette affrontare le ostilità che i titolari laici delle contee limitrofe arrecavano continuamente ai castelli edificati dagli abati volturnensi, in seguito alla riorganizzazione del patrimonio fondiario della "Terra Sancti Vincentii". Il Chronicon Volturnense ci informa che nell'anno 981 il conte Landolfo Greco di Isernia si impossessò illegalmente del castello di Colli e della sua "Ecclesia", intesa come parrocchia. La stessa violenza il conte la estendeva contemporaneamente sui castelli e sulle chiese di Fornelli e di Valle Porcina, località che insieme al territorio collese formavano una continuità territoriale sulla linea di confinazione che divideva i possedimenti monastici di San Vincenzo da quelli della contea di Isernia. A causa di questa vicinanza territoriale, Landolfo Greco asseriva che i tre castelli erano ubicati all'interno della sua contea per cui gli riuscì facile sottrarli al monsatero di San Vincenzo che gli aveva ereditati dalle donazioni principesche dei duchi longobardi di Benevento. Dopo queste vicende non tardarono a ripetersi altri atti di usurpazione. Le ostilità più disastrose furono apportate ai castelli volturnensi dai Borrello, provenienti dalle vicine terre d'Abruzzo e qualificati dal Chronicon Volturnense come "sacrliegos tyrannos".
Con l'avvento della dominazione angioina il castello di Colli, passò ad essere amministrato da alcuni "milites" i quali erano tenuti a pagare un censuo annuo alla badia di San Vincenzo. A questi periodi di lotte si aggiunsero anche calamità naturali. Un violento terremoto avvenuto nell'anno 1349 e la peste dell'anno successivo, distrusse e rese disabitato il castello di Colli e le terre fino allora abitate di Valle Porcina e di San Paolo. Solo nell'anno 1479, con il conte Camillo, la famiglia Pandone tornò a dominare in Colli. Infatti, Camillo acquistò in quell'anno i castelli di Colli e le terre di Valle Porcina.
 
==Evoluzione demografica==