Fiero l'occhio svelto il passo: differenze tra le versioni
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==Nel testo==
La parte testuale è assai dettagliata riguardo alla vita quotidiana di un adolescente dei tardi [[anni 1930|anni trenta]], quando l'[[Italia fascista]], impegnata sul fronte dell'[[Africa Orientale Italiana]], entrava nella fase immediatamente precedente lo scoppio della seconda guerra mondiale: gli impegni scolastici alternati all'attività dell'[[Opera Nazionale Balilla]] prima e della [[Gioventù italiana del littorio]] poi, ma anche i momenti di svago con i giochi con gli amici e le letture dei [[fumetto|fumetti]] dell'epoca con il nome di eroi esotici 'italianizzati' per volere del fascismo (con le buffe incongruenze del caso); le (brevissime) vacanze estive al mare di [[Liguria]]; i sacrifici dell'[[autarchia]] affrontati da un popolo che vestiva in [[orbace]], gestiva i comunitari ''[[orto di guerra|orti di guerra]]'' e ammirava il [[cinema]] di [[Amedeo Nazzari]], anch'esso autarchico, e riciclava i vestiti tinti e ritinti più volte per rinnovarne il ''[[look (moda)|look]]'' e lo stile.
Per giungere - con lo scoppio del conflitto mondiale - alla nuova e fino ad allora sconosciuta paura avvertita nelle lunghe ore trascorse nei [[rifugio antiaereo|rifugi antiaerei]], alternata allo stupore per la visione in lontananza delle [[munizione tracciante|munizioni traccianti]] che solcavano il cielo sopra le città bersaglio dei bombardamenti, luci che - viste da lontano, ovvero dalle località in cui molte famiglie decidevano di 'sfollare' per porsi al sicuro - sembravano degli enormi [[fuochi d'artificio]].
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