Rinuncia all'ufficio di romano pontefice: differenze tra le versioni
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Il giurista [[Giovanni Bassiano]] sosteneva che la rinuncia fosse ammissibile in due casi: nel desiderio di dedicarsi esclusivamente alla vita contemplativa e nel caso di impedimenti fisici dovuti a malattia e a vecchiaia: «''Posset papa ad religionem migrare aut egritudine vel senectute gravatus honori suo cedere''».<ref>{{cita pubblicazione|autore=Martin Bertram|titolo=Die Abdankung Papst Cölestins V (1294) und die Kanonisten|rivista=Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte|editore=Kanonistische Abteilung|numero=LVI|anno=1970|pagine=13}}</ref>
Il canonista [[Uguccione da Pisa]] confermava le osservazioni di
Le decretali di [[papa Gregorio IX]], pubblicate nel ''Liber Extra'' del [[1234]], precisavano altre cause di rinuncia: oltre alla debilitazione fisica, veniva rintracciata l'inadeguatezza del papa per ''defectus scientiae'', nell'aver commesso delitti, nell'aver dato scandalo («''quem mala plebs odit, dans scandala cedere possit''») e nell'irregolarità della sua elezione, ma si escludeva quale legittimo motivo di rinuncia il desiderio di condurre una vita religiosa, il cosiddetto ''zelum melioris vitae'', già ritenuto ammissibile dai canonisti.<ref>Valerio Gigliotti, "La ''renuntiatio papae'' nella riflessione giuridica medioevale (secc. XIIIXV): tra limite ed esercizio del potere", in ''Rivista di Storia del diritto italiano'', LXXIX (2006), pp. 291-401: 332-336.</ref>
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