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===Atto II (vv. 168-328)===
La prima scena inizia con Sofoclidisca, l'ancella di Lemniselene, che rassicura la padrona sulla sua preparazione circa la messinscena per liberarla. Quindi Sofoclidisca si allontana per andare a parlare con Tossilo riguardo al loro piano.
[[File:Vagrant musicians MAN Napoli Inv9985.jpg|thumb|left|Mosaico romano con musici ambulanti in una commedia, conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli]]
 
Nella seconda scena si verifica tra Tossilo e il giovane Pegnio quello che era accaduto nella prima tra Lemniselene e la sua ancella: Tossilo fa delle continue raccomandazioni al ragazzo, che controbatte umoristicamente fino a quando Tossilo lo mette a tacere con una battuta oscena che allude all'usanza, impedita invero dalla legge romana, di costringere gli schiavi all'atto sessuale con i padroni. A questa insinuazione Pegnio risponde alludendo a sua volta a questa pratica e condannandola.<ref>{{cita|Bettini|pp. 260-261}}.</ref> A quel punto Tossilo rientra, mentre Sofoclidisca, mandata da Lemniselene dall'innamorato, si avvicina e incontra Pegnio, che si sta dirigendo dalla parte opposta. Dopo un momento di battute speculari, in cui la vicenda non procede a vantaggio delle battute comiche<ref>{{cita|Marshall|p. 102}}.</ref> e si assiste ad una contesa tra i due su chi sia più malizioso,<ref name=M103>{{cita|Marshall|p. 103}}.</ref> inizia un lungo scambio di insulti e battute salaci, che non vogliono confessare la loro destinazione, fin quando entrambi si accorgono delle tavolette, contenenti parole d'amore, che erano stati incaricati di recapitare ai due innamorati. Dopo un'altra sequenza composta da battute e controbattute, con un'allusione a sfondo osceno da parte di Sofoclidisca alla bellezza del giovane schiavo e alla necessità di servirsene per affrancarsi, i due confessano la loro destinazione e l'oggetto che stavano portando.
 
[[File:Vagrant musicians MAN Napoli Inv9985.jpg|thumb|left|Mosaico romano con musici ambulanti in una commedia, conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli]]
 
Nella terza scena Sagaristione, con un'elaborata ed altisonante preghiera, ringrazia Giove per essere riuscito a racimolare i soldi necessari, sottraendoli al padrone che lo aveva mandato ad acquistare dei buoi al mercato. Lo schiavo si dimostra disposto ad essere percosso pur di accontentare l'amico.