Cum nimis absurdum: differenze tra le versioni

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La [[Bolla pontificia|bolla]] '''''Cum nimis absurdum''''' («Poiché è oltremodo assurdo» in [[lingua latina]]), emanata il 14 luglio [[1555]]<ref>Attilio Milano, ''Storia degli ebrei in Italia'', Torino, Einaudi, 1992, pag. 247.</ref> da [[papa Paolo IV]] (al secolo Gian Pietro Carafa), dando seguito alle disposizioni del [[Concilio Lateranense IV]] nei paragrafi 67-70, pose una serie di limitazioni ai [[diritto|diritti]] delle [[comunità ebraica|comunità ebraiche]] presenti nello [[Stato Pontificio]].
 
Fino alla metà del Cinquecento il papato, dopo l'[[Sacro Romano Impero|impero]], era stato, nell'Occidente europeo, il più importante protettore della vita ebraica nell'Occidente europeo. Cedendo alle pressanti insistenze di molteplici regnanti del tempo, chiese locali e, soprattutto, degli ordini religiosi, in particolare dei [[Ordine_dei_frati_minori#Gli_osservanti|Francescani Osservanti]], la Chiesa decise di emanare un provvedimento restrittivo per la comunità ebraica dello [[Stato Pontificio]]. Inoltre, pareva inaccettabile che si stesse lottando a oltranza contro i protestanti, mentre si tolleravano coloro che negavano la divinità di Cristo.<ref>{{Cita libro|titolo=Il ghetto ebraico|autore=Michele Luzzatti|editore=Giunti|città=Firenze|anno=1987|p=18}}</ref>.
 
In particolare, la bolla impose agli [[ebrei]] l'obbligo di portare un [[distintivo]] turchese ("''glauci coloris"''), li escluse dal possesso di [[Bene immobile|beni immobili]] e vietò ai [[medico|medici]] ebrei di curare [[cristianesimo|cristiani]]. La bolla sancì inoltre la costruzione di appositi [[ghetto|ghetti]] entro i quali gli ebrei avrebbero dovuto vivere e portò alla creazione, trafra l'altro, del [[ghetto di Roma]].
 
Sette anni dopo [[papa Pio IV]] (Giovanni Angelo Medici), avversario della famiglia [[Carafa]], con la bolla ''[[Dudum a felicis]]'' del 27 febbraio [[1562]] ammorbidiva gli articoli più vessatori della bolla di Paolo IV, in particolare per quanto riguarda le limitazioni all'[[attività economica]], il possesso di beni immobili anche fuori dai ghetti e assolveva chi non avesse rispettato le norme della ''Cum nimis absurdum''.
 
Tuttavia tale bolla costituì un precedente nella legislazione papale e i suoi effetti si sentirono fino alla [[presa di Roma]] nel settembre [[1870]].<ref>Il 2 ottobre 1870 un [[Regio decreto legge|decreto regio]] abolì tutte le [[Intolleranza religiosa|differenze religiose]] e sancì di fatto l'[[emancipazione]] degli ebrei. Per la data riportata (2 ottobre 1870) si veda: Marco Capurro [http://www.capurromrc.it/papato/papato15.html La questione giudea] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20070609054223/http://www.capurromrc.it/papato/papato15.html |data=9 giugno 2007 }}" in ''Venti secoli di papato'' dal sito web omonimo. Riportato il 22 maggio 2007.</ref> Molte delle [[Ordinanza|ordinanze]] specificate nei quindici articoli della bolla, furono in seguito adottate da altri capi di Stato italiani<ref>Roberto Bonfil, ''Gli ebrei in Italia nell'epoca del Rinascimento'', Sansoni, Firenze, 1991</ref>.
 
È la prima delle bolle papali che lo storico [[Attilio Milano]] ha qualificato, insieme alla ''[[Caeca et obdurata]]'' ([[1593]]) e alla ''[[Hebraeorum gens]]'' ([[1569]]), come ''bolle infami''.<ref>{{citazione|''Paolo IV diede espressione a tutto il suo livore contro gli ebrei in una [[Bolla pontificia|bolla]] destinata a farli precipitare in uno dei più profondi abissi di degradazione che mente umana possa immaginare.''}} Attilio Milano, ''Storia degli Ebrei in Italia'', Einaudi, Torino 1963, p. 247.</ref>
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La bolla, suddivisa in 13 paragrafi, stabilì l'obbligo per gli ebrei di:
 
* Abitare in luogo separato dalle case dei cristiani, il ''serraglio''<ref>Così era all'inizio chiamato il ghetto. M. Cassandro, '' Intolleranza e accettazione'', Torino, Giappichelli, 1996, pg. 233.</ref>, con un solo ingresso ede una sola uscita.
* Non avere più di una [[sinagoga]] per ogni città ove era presente una comunità ebraica e l'obbligo di demolire tutte le altre.
* Portare un segno distintivo di colore turchese ("''glauci coloris"''): un cappello per gli uomini ede un fazzoletto per le donne.
* Non tenere servitù cristiana.
* Durante le festività cristiane, non lavorare in pubblico e non far lavorare i dipendenti.
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* Non esercitare alcun commercio al di fuori di quello degli stracci e dei vestiti usati, e limitare la mercanzia di frumento ed orzo e altri beni alla necessità umana.
* Non curare cristiani, per i medici ebrei.
* Non farsi chiamare con l'appellativo di «signore» dai cristiani poveri. Era(era in uso all'epoca che i ricchi si facessero chiamare "signore" dai poveri).
* Rispettare gli statuti favorevoli ai cristiani in vigore nei luoghi in cui risiedessero temporaneamente.
* Punizione per i contravventori.