Crisi della replicazione: differenze tra le versioni
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Un’ulteriore fattore che potrebbe essere alla base dei bassi tassi di replicabilità nei campi scientifici va ritrovato nel tasso di accuratezza/veridicità a priori delle ipotesi che vengono testate. Questa spiegazione è stata proposata ed elaborate dal filosofo e professore all’[[Università di Cambridge|Università di Cambirdge]] [[w:Alexader Bird|Alexander Bird]]. Bird fa notare come l’aspettativa che una maggioranza dei risultati sperimentali in certi campi scientifici possa essere replicata potrebbe non essere giustificata. Ciò deriva essenzialmente dal fatto che in certe scienze, è concepibile che una proporzione non-indifferente d’ipotesi che vengono testate sia falsa a priori. Di conseguenza, assumendo il caso tipico dei test d'ipotesi nulla nel quale vi è una probabilità del 5% di ottenere un falso positivo ([[w:Type I and Type II errors|errore di tipo I]]) e l’80% di ottenere un vero positivo (potenza statistica), nel momento in cui un’alta proporzione di ipotesi testate è negativa, la percentuale di falsi positivi sarà relativamente alta rispetto al totale dei casi positivi.
Per esempio, nel caso il 10% delle ipotesi testate siano
Bird fa notare come l’asserzione che un basso numero d’ipotesi testate siano vere a priori sia plausibile per certi campi scientifici per ragioni come la complessità dei fenomeni studiati, il fatto che certe teorie non siano totalmente fondate, la “distanza [[Inferenza|inferenziale]]” tra teoria e ipotesi, la facilità nel generare ipotesi, e il fatto che in certi campi, le ipotesi possano essere generate da semplici osservazioni o addirittura solo su base intuitiva. I campi a cui Bird fa riferimento in questo senso sono la medicina clinica, l’epidemiologia genetica e molecolare e la psicologia sociale. La situazione è diversa per campi in cui le teorie testate hanno un ottimo fondamento empirico e nei quali le ipotesi possono essere facilmente dedotte dalle teorie (e.g. la fisica sperimentale).
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