== Responsabilità del conflitto ==
Nel corso dei secoli gli storici non furono concordi nell'attribuzione della colpa di un conflitto che avrebbe poi dato avvio a una serie di guerre lunga oltre mezzo secolo, in seguito alle quali la penisola italiana perdette la propria indipendenza, "quel lugubre ed atroce quarantennio della nostra storia che [...] vide la libertà, la ricchezza, l'onore stesso d'Italia precipitare tra bagliori di incendi e rossore di sangue in una ruina così terribile che ne durano ancora [...] le tracce e i danni".<ref name=":18">Studi sulla crisi italiana alla fine del secolo XV, Paolo Negri, in [https://archive.org/details/archiviostoricolombars5v50/page/24/mode/2up?q Archivio storico lombardo], Società storica lombarda, 1923, p. 2.</ref> Storici dell'importanza di [[Bernardino Corio]] attribuiscono comunemente a [[Beatrice d'Este]] e [[Isabella d'Aragona (1470-1524)|Isabella d'Aragona]] la causa dell'estinzione degli [[Sforza]] come degli [[Corona d'Aragona|Aragona]] di Napoli:<ref name="Corio, p. 1029" /><ref>{{Cita libro|autore=Luciano Chiappini|titolo=Gli Estensi|editore=Dall'Oglio|pp=172-173}}</ref>{{Citazione|Quivi fra Isabella moglie del Duca, et Beatrice, per voler ciascuna di loro prevalere all'altra, tanto del luogo, et ornamento, quanto in altra cosa, nacque sì gran concorrenza e sdegno, che finalmente sono state cagioni della total ruina del loro Imperio|Bernardino Corio, Historia di Milano}}
{{Citazione|Stete alquanto quieta Italia, doppoi el stabilimento de Ferdinando primo Re de Sicilia [...], havendo Francesco Sforza inclito ducha de Milano data per mogliere Hippolyta sua figliola ad Alphonso ducha de Calabria [...] la quale fu de tanta virtù che non solamente da li Nobili Neapolitani, ma da tutto el Regno era reputata piissima madre. Questa donna prudente [...] operò fosse data per mogliere Isabella sua figliola ad Joann Galeaz duca, suo nepote, parendogli dovesse essere causa de perpetua pace et pubblica salute, et benché el pensiero suo paresse pieno de ogni prudentia et circumspectione, nondimeno, come volse el fato, successe de directo contrario, perhoché non più presto condutta a Milano venne in controversia cum Beatrice Duchessa de Barri, essendo Ludovico Sforza suo marito, tutore et Governatore de quello Stato che Joann Galeaz era molto giovene et pocho apto a dominare, et tanto crebbe l'odio et ambitione fra loro, che Alfonso per vendicare le ingiurie de la figliola cercava deponere Ludovico dal Governo, et che Isabella fosse vera Duchessa de Milano; unde Ludovico, accorgendose dil tracto, dubitando molto de Alphonso, determinò de prevenire et cazarlo prima del Regno, che essere privo del suo loco, et tanto seppe fare che Karlo VIII, Re de Franza, in persona fece venire in Italia [...]|Jacopo d'Atri, Croniche del marchese di Mantova.<ref>Deputazione di storia patria per la Lombardia, ''Archivio storico lombardo'', Società storica lombarda, 1874, pp. 40-41).</ref>}}
[[File:Isabella d'Aragona di Napoli, lunetta.jpg|sinistra|miniatura|Lunetta di [[Isabella d'Aragona (1470-1524)|Isabella d'Aragona]] nella casa degli Atellani, Milano.]]
Oggi questa opinione tende ad essere rivista, ricordando come anche il principe [[Antonello Sanseverino]] e il cardinale [[Papa Giulio II|Giuliano della Rovere]], entrambi rifugiati alla corte di Francia, avessero avuto considerevole parte nell'incitare Carlo VIII a discendere in Italia, sperando così di recuperare i propri possessi rispettivamente contro gli [[Alfonso II di Napoli|Alfonso d'Aragona]] e Papa [[Papa Alessandro VI|Alessandro VI]].<ref name=":1">Bernardino Zambotti, Diario Ferrarese dall'anno 1476 sino al 1504, in Giuseppe Pardi (a cura di), Rerum italicarum scriptores, p. XXIII</ref>
AncheUna simile accusa fu rivolta anche ad [[Ercole I d'Este]], suocero del Moro, sebbene fosse tardivamente attenuata dagli storici favorevoli alla sua casa.<ref name=":18" /> Egli sembrò essere stato tra gli incitatori e poi sostenitori di Carlo VIII come del suo successore [[Luigi XII di Francia|Luigi XII]], allo scopo di riacquistare, con l'aiuto francese, i territori che i veneziani gli avevano sottratto nel corso della [[Guerra di Ferrara (1482-1484)|Guerra del Sale]], e questo malgrado l'apparente politica di neutralità, che ne fece un vero e proprio giudice fra le due parti, al momento di decidersi la pace.<ref name=":1" /> Neutralità esplicata dal fatto che avesse un figlio, [[Alfonso I d'Este|Alfonso]], che combatteva per gli italiani, e uno, [[Ferrante d'Este|Ferrante]], al soldo dei francesi, tuttavia contestata sia da Malipiero sia da Sanudo, che non solo riportano episodi di spionaggio da parte del duca, ma anche di aperta ostilità nei confronti dei veneziani da parte di Ferrara, la cui popolazione "vestiva a la franzese cridando: Franza! Franza!" e aveva assalito sulla strada per Bologna un servitore del visdomino Giovan Francesco Pasqualigo, picchiandolo ferocemente.<ref name=":5">{{Cita|Sanudo|pp. 484-486}}.</ref> Stando ai due cronisti veneziani, il duca Ercole avrebbe avvisato Carlo degli spostamenti dei Collegati sul Taro, favore per il quale suo figlio Ferrante sarebbe stato investito dal Re del Ducato di Melfi;<ref>{{Cita web|url=https://www.google.it/books/edition/La_Spedizione_di_Carlo_VIII_in_Italia_ra/nz1aAAAAcAAJ|titolo=La Spedizione di Carlo VIII in Italia|autore=Marin Sanudo|curatore=Rinaldo Fulin|p=517}}</ref> inoltre sarebbe stato il mandante del tentato assassinio del genero [[Francesco II Gonzaga|Francesco Gonzaga]] cinque giorni prima della battaglia di Fornovo: Sanudo vi allude solamente, dicendo che il marchese Francesco, invitato da alcuni ferraresi ad assistere a un [[duello]], vi trovò quattro [[Balestriere|balestrieri]] con le balestre cariche, di cui uno rifiutò di scaricare l'arma e per questo fu decapitato; in seguito a ciò decretò che più nessun ferrarese potesse abitare in territorio mantonavo e che entro tre ore dovessero sgomberare il paese: "quale fusse la cagion, lasso considerar a li Savij [che] lezerano".<ref name=":5" /> Malipiero invece lo dice chiaramente, sostenendo che pochi mesi dopo, trovandosi gravemente ammalato a Fondi, il marchese Francesco avesse raccomandato la famiglia e lo stato alla Signoria di Venezia, dicendo di non potersi fidare di nessun altro, poiché "el Duca de Ferrara, so suocero, ha tentà de farlo venenar [avvelenare]".<ref>{{Cita|Malipiero|p. 469}}.</ref> Ma secondo il medesimo cronista il duca Ercole avrebbe altrettanto avvelenato la moglie [[Eleonora d'Aragona (1450-1493)|Eleonora d'Aragona]], poiché a sua volta la donna aveva ricevuto commissione dal padre Ferrante di avvelenare il marito.<ref>{{Cita|Malipiero|p. 319}}.</ref>[[File:Sperandio_savelli,_ercole_I_d'este,_1475_ca._01.JPG|sinistra|miniatura|[[Ercole I d'Este|Ercole d'Este]], in una scultura di [[Sperandio (medaglista)|Sperandio Savelli]]]]I sospetti di connivenza e le palesi simpatie filofrancesi di Ferrara compromisero per i mesi a seguire i rapporti tra il Ducato e la Serenissima. All'annuncio della vittoria di Fornovo, nella città lagunare era scoppiato un vero e proprio sentimento anti-ferrarese, chiedendo a gran voce il popolo veneziano alla Signoria di dichiarare guerra ad Ercole, mentre per tutta [[Rialto (Venezia)|Rialto]] circolava questa canzonetta: "Marchexe di Ferrara, di la caxa di Maganza, tu perderà 'lo stado, al dispetto dil Re di Franza!" Il Doge [[Agostino Barbarigo (doge)|Agostino Barbarigo]] rifiutò di ricevere l'ambasciatore ferrarese, venuto a congratularsi per il successo, fino al giorno successivo, riservandogli in Collegio aspre parole di accusa e rimprovero, sia per il comportamento ambiguo del suo signore sia del popolo ferrarese nei confronti del visdomino Pasqualigo, congedandolo poi in fretta.<ref name=":5" /> Rendendosi forse conto della sua posizione compromessa, il 9 ottobre 1495 Ercole scriveva infine alla Signoria per "darghe [dargli] pace de sua reputazion, e farghe [fargli] cognoscer che l'è bon servidor".<ref name=":4">{{Cita web|url=https://www.google.it/books/edition/Annali_veneti_dall_anno_1457_al_1500/QNQFAAAAQAAJ|titolo=Annali veneti dall'anno 1457 al 1500|autore=Domenico Malipiero|editore=Francesco Longo|volume=1|p=396}}</ref> Anche Firenze giudicò Ercole il principale istigatore della calata dei francesi, tuttavia più colpevole di lui apparve il genero duca di Milano.<ref name=":1" /> Alcuni giudicano che l'ambizioso e fanatico Carlo VIII avrebbe in ogni caso compiuto l'impresa d'Italia anche senza le incitazioni dei signori italiani, sebbene queste ultime valsero a togliergli ogni indugio e a vincere le resistenze dei suoi consiglieri, quasi tutti contrari.<ref name="ref_A">Bernardino Zambotti, Diario Ferrarese dall'anno 1476 sino al 1504, in Giuseppe Pardi (a cura di), Rerum italicarum scriptores, p. XXXIV</ref>{{Citazione|È giusto, per altro, riconoscere che non furon essi [Lodovico il Moro ed Ercole d'Este] la causa principale della nostra rovina, perché in fondo l'impresa di Carlo VIII, riuscita dapprima felicemente, fallì per aver subito il Moro compreso l'errore commesso e stretta rapidamente una Lega contro quel Sovrano; bensì i Veneziani, i quali, come si esprime il Machiavelli, "per acquistare dua terre in Lombardia feciono Signore el Re [Luigi XII] del terzo di Italia". Né Venezia poteva addurre a scusa un odio inestinguibile contro il duca di Milano, come divampava tra questo e il Re di Napoli, perché anzi poco prima era stata sua alleata contro Carlo VIII, avendo allora compreso quello che più tardi, accecata da un'ambizione sfrenata, disconobbe: l'interesse maggiore d'Italia consistere nell'unione di tutti gli Stati della penisola contro i troppo potenti Sovrani stranieri.|Giuseppe Pardi, Prefazione al Diario ferrarese di Bernardino Zambotti.<ref name="ref_A" />}}Bisogna, infine, osservare che i veneziani si rivelarono buoni alleati per Ludovico almeno finché quest'ultimo, sotto la benigna influenza della moglie filoveneziana, si mantenne nella loro amicizia. Con la [[morte di Beatrice d'Este]] nel 1497 si temette un rivolgimento di alleanze,<ref>{{Cita|Sanudo, Diarii|p. 462}}.</ref> quale poi in effetti accadde con la guerra di Pisa del 1498, quando Ludovico abbandonò l'alleata Venezia per Firenze, mossa che segnò poi la sua rovina, in quanto gli alienò i favori dell'unica potenza che avrebbe potuto soccorrerlo contro le mire espansionistiche del nuovo re Luigi XII, non potendo certo contare sul suocero Ercole d'Este, ormai palesemente filofrancese, né sui Medici di Firenze, né tantomeno sul nuovo re di Napoli [[Federico I di Napoli|Federico I]], politicamente debole e in una situazione economica precaria. Questa morte segnò in sostanza un declino su tutti i fronti per il Moro, che divenne impopolare e si alienò ad uno ad uno tutti gli alleati. "Ben presto poté contare soltanto su stati anch'essi deboli e minacciati: Napoli, Forlì e Bologna, cioè sul nulla".<ref>[[Robert de La Sizeranne]], Béatrice d'Este et sa cour, 1920, p. 70.</ref> Irrimediabilmente offesi dal voltafaccia del '98, i veneziani non pensarono ad altro che all'annientamento di Ludovico.
== Il Mal francese ==
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