Controne: differenze tra le versioni
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L'erudito spiega che ''Genestrosola'' significa ''Gens extra solem,'' con riferimento al fatto che il monte (gli Alburni), ostacolando la luce del mattino, ''rende l'aere meno sana''. Dalla ''corruzione'' di ''Genestrosola'' deriverebbe il nome ''Controne,'' da intendersi etimologicamente nel senso di ''contra solem.'' <ref name=":1">{{Cita libro|titolo=Capano A. "Controne. Note storiche" Alburnia-3, Arci Postiglione,1993, p.43}}</ref>
Il "''contra solem*,'' tradizionalmente considerato, su calco greco o latino, l'etimo del toponimo ''Controne,'' potrebbe, dunque, non indicare la piena esposizione del paese alla luce del sole, quanto il ritardo con cui esso ne riceve al mattino i primi raggi a causa della sua collocazione geografica. Resta aperto, rispetto a questa proposta interpretativa, il problema della difficile individuazione della collocazione del Monastero nel territorio attuale di Controne o della vicina [[Postiglione (Italia)|Postiglione]].<ref>{{Cita libro|titolo=Capano A. "Controne. Note storiche" Alburnia-3, Arci Postiglione,1993, p.44}}</ref>
Il Monastero fu fondato dal normanno '''Guglielmo di Postiglione.''' Questi ebbe due figli: Tancredi e Guglielmo II. Il feudo andò in eredità al primogenito '''Tancredi''' e successivamente ad '''Alessandrina,''' figlia di Tancredi, la quale aveva sposato '''Pandolfo Fasanella,''' anch’egli di stirpe normanna e appartenente alla famiglia dei Sanseverino.
Pandolfo di Fasanella nel 1246 partecipa alla congiura dei ''Baroni'' contro [[Federico II di Svevia|Federico II]], i quali, in accordo con il papa [[Papa Innocenzo IV|Innocenzo IV]], avevano progettato di assassinare l’imperatore e suo figlio Enzo, in modo da eliminare la presenza degli Svevi nel Sud Italia.
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Le punizioni dei traditori furono esemplari e commisurate alla colpa. Mutilati del naso, delle mani e delle gambe, accecati con un ferro ardente perché non potessero più guardare in faccia il loro signore, gli antichi amici furono trascinati al cospetto dello spietato giudice: Federico li condannò, secondo la ''[[Lex Pompeia de Transpadanis|lex pompeia]]'', come violenti e li trattò da parricidi. Come tali, avendo operato ''contro natura'', furono giustiziati secondo i quattro elementi di essa: alcuni furono trascinati da cavalli sino a morte, altri bruciati vivi, impiccati, infilati in sacchi di cuoio e gettati in mare (secondo la legge romana dei parricidi: ''Federico fece per di più introdurre nei sacchi dei serpenti velenosi).''
Successivamente vennero confiscati i beni dei Fasanella, tra cui anche Controne, [[Postiglione (Italia)|Postiglione]], [[Aquara]], Castelluccia, Civita Alburno, Corneto, Pantoliano, [[Serre (Italia)|Serre]] ed altri feudi esistenti in zona. Pandolfo di Fasanella si salvò fuggendo a Roma, ospite del papa.<ref name="Capano A 1993, p.22">{{Cita libro|titolo=Capano A. "Controne. Note storiche" Alburnia-3, Arci Postiglione,1993, p.22}}</ref>
Dopo lo scempio, con l'allontanarsi delle truppe imperiali, immediatamente il Vescovo di Capaccio, Benvenuto, uomo ''“provvidus”'' si diede alla ricostruzione della sua diocesi.
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Nel 1283 Pandolfo muore, privo di eredi diretti, la baronia di Fasanella fu prima avocata alla corona e successivamente assegnata dal re a Tommaso Sanseverino, [[Contea di Marsico|Conte di Marsico.]]
Fra i beni assegnati al Conte, però, non vi rientra Controne. Infatti, tra il 1275 e il 1286 l’Abazia di San Nicola è sotto la giurisdizione del Vescovo di Capaccio: '''Pietro''', che è anche Abate di Controne.<ref
La chiesa di San Nicola è di matrice Benedettina, ha fatto parte del complesso ''Badiale Nullius''<ref name="ReferenceA">{{Cita libro|nome=Marco|cognome=Ambrogi|titolo=In commendam: la Badia Nullius di San Nicola di Bari a Controne: con un saggio sul restauro del fonte battesimale barocco|data=2021|editore=ARCI Postiglione|ISBN=978-88-97581-53-6}}</ref> e come tale ha costituito un ente religioso autonomo, non soggetto ad alcuna autorità vescovile. Gli Abati Mitrati infatti, erano di nomina esclusiva del Pontefice. Il Vescovo di Capaccio aveva la prerogativa soltanto di: “''esaminare e conferire gli Ordini Sacri a coloro che vi ascendono”''<ref>{{Cita libro|titolo=Capano A. "Controne. Note storiche" Alburnia-3, Arci Postiglione,1993, p.20}}</ref>. Testimone ne è una lastra di marmo del 1727 ubicata in sagrestia, in cui a seguito di un contenzioso tra il Vescovo di Capaccio e l’Abate Fabrizio di Capua, il [[papa Benedetto XIII]] con una bolla interviene a favore di quest’ultimo.
Nel 1298 Tommaso Sanseverino, Conte di Marsico e Contestabile del Regno, cede al nuovo Abate di San Nicola un territorio denominato ''Lanzo'' "''che frammezza tra gli confini di Castelluccia e Controne'' c''ol jus di formare un cannezzo per uso di pesca alla parte del Ponte, ch'è sul fiume Calore"''<ref
I Benedettini ressero la Badia fino al 1477. Da questa data il monastero mantenne tutte le prerogative ed i titoli, ma spesso sarà governato da un [[Abate commendatario|Abate
L' Abbazia di San Nicola ne annovera parecchi, alcuni indossarono anche la berretta vescovile o cardinalizia come: Card. Antonio Carafa; Card. Berardino Scotti; Card. Pier Luigi Carafa; Mons. Fabrizio di Capua vescovo di Taranto e poi di Salerno e il Card. Scipione Borghese.
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Successivamente divenne signore di Controne e di Castelcivita '''Francesco D’Alitto,''' il quale appoggiò la politica francese di [[Francesco I di Francia|Francesco I]] e del papa [[Papa Clemente VII|Clemente VII]], in contrasto con gli interessi e le mire espansionistiche dell’imperatore [[Carlo V d'Asburgo|Carlo V d’Asburgo]].<ref>{{Cita libro|titolo=Capano A. "Controne. Note storiche" Alburnia-3, Arci Postiglione,1993, pp.25-26}}</ref>
il papa Clemente VII, infatti, nel 1527, per sfuggire al [[Sacco di Roma (1527)|Sacco di Roma]] ad opera dei Lanzichenecchi si era rifugiato in [[Castel Sant'Angelo|Castel Sant’Angelo]]; il D’Alitto insieme ad altri si spese per liberare il Sommo Pontefice. A causa di ciò, però, perse il feudo di Controne, il quale il 20 giugno 1527 andò a '''Ferdinando Vitelli,''' capitano di leva della ''Castelluccia, ''per ricompensarlo delle spese di guerra effettuate a favore di Carlo V.<ref>{{Cita libro|titolo=Capano A. "Controne. Note storiche" Alburnia-3, Arci Postiglione,1993, p.26}}</ref>
Per questo passaggio di potere molto si prodigò il [[Principe di Orange|Principe D’Oranges]], vicerè dell’Imperatore a Napoli: l’investitura comprendeva la concessione della ''bagliva'' (dazi e bolli per bilance, stadere) ''dogana'' (dazio di passaggio) ''fida'' (tassa di pascolo) ecc.
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L’Abate a sua volta si impegnava a somministrare a fine anno, la carne dei maiali ai poveri (i porci sacri, liberi al pascolo) e di dare una candela ad anima nel giorno della [[Candelora]] (2 febbraio di ogni anno). Si stabiliva, in ultimo, che l’Abate ricevesse ogni anno ducati 80 da parte dell’Università da recuperare fra la popolazione.<ref>{{Cita libro|titolo=( Arch.di Stato (SA) Notaio Gerardo Garsetti; Busta: 2430)}}</ref>
Gli accordi, stipulati tra il Card. Scipione Borghese, Abate Commendatario e il [[Barone]] di Controne, vennero suggellati a perenne ricordo, con iscrizione su pietra. La lapide è conservata nel palazzo comunale ed è datata 9 aprile 1763.
La Rivoluzione Francese, al grido di “liberté, égalité, fraternité” segna una svolta decisiva, per la Francia e non solo. Il 1789 è l’inizio della fine dell’Ancien Regime e dell’ascesa definitiva della borghesia. Al di là dei differenti ed opinabili punti di vista, la Rivoluzione, ha smosso qualcosa di secolare oltre ogni limite interpretativo. Libertà ed uguaglianza sono le parole chiave del cambiamento, queste nuove idee fecero nascere anche in Italia numerose repubbliche filofrancesi e giacobine, quali, la [[Repubblica Ligure]] e la [[Repubblica Cisalpina]] nel [[1797]], la [[Repubblica Romana (1798-1799)|Repubblica Romana]] nel [[1798]] e successivamente nel 1799 [[Repubblica Napoletana (1799)|la Repubblica Napoletana]].
Il Re [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando IV]] avvertiva tra il popolo questa voglia di innovazione; per questo motivo, cercò in tutti i modi di ostacolarne le idee e respingere eventuali attacchi da parte dell’esercito francese.
Testimone ne è un Dispaccio del 24 maggio 1796 in cui il Sovrano invita la popolazione della Regia Terra di Controne ''ad essere pronti a correre contri li nemici per la difesa della religione, del Trono e delle proprie vite e sostanze.'' L’Università risponde al Dispaccio reale l’8 luglio 1796 con questa dichiarazione: ''essendosi convocato pubblico parlamento precedenti i debiti banni per i luoghi soliti e consueti, propriamente nella pubblica piazza [...] alla presenza del Regio Governatore, il Clero, Galantuomini e tutti i fedeli sudditi […] incoraggiati a prender l’armi, o arruolarsi volontariamente per la difesa della religione, Trono e Patria non vi è stata persona alcuna disposta a tale sevizio.'' <ref>Archivio comunale Controne: Testo Unico; pag.38</ref>
Controne, con cautela e forse ancora in modo celato, accoglieva un sogno di libertà, si dimostrava ricettivo al cambiamento, desideroso di una innovazione non ben delineata, ma sicuramente pronto a ricevere qualcosa di nuovo e di diverso.
La cittadinanza aderì nel 1799 alla Repubblica Napoletana: venne piantato in piazza l’albero della libertà con il berretto frigio (''pileus'' per i romani: simbolo della libertà donato dal padrone) e fu dato sostegno armato alla colonna del Generale giacobino Giuseppe Schipani, che, attraverso il territorio salernitano, puntava a raggiungere la Calabria per bloccare i sanfedisti del Cardinale Ruffo. Durante la marcia, i ribelli repubblicani incontrarono la forte resistenza degli abitanti di Castelcivita, rimasti fedeli ai Borboni, che consentì alle truppe sanfediste di muovere liberamente alla volta di Napoli. La caduta della Repubblica comportò per Controne la condanna dei suoi cittadini come ''ribelli della Corona'' e l'imposizione da parte dei sanfedisti castelcivitesi di quattromila ducati di risarcimento per le ''spese sofferte''. Un atto del Notaio Vincenzo Miele di Castelcivita, datato 24 aprile 1799, sancisce una dichiarazione di pace solenne tra i due paesi.<ref>Il documento, relativo al Notaio Vincenzo Miele; Archivio di Stato Salerno: Busta 1178, è stato ritrovato grazie alle ricerche della dott.ssa Anna Gammaldi.
Il Cilento tradizionalmente fu un territorio particolarmente temuto dai sovrani borbonici (nel 1820 lo definivano “focolaio di tutte le rivolte”). Le ribellioni, infatti, coinvolgevano fasce della popolazione non esigue e, per la loro insistenza, minacciavano la stabilità degli istituti monarchici territoriali.
La situazione peggiorò nel 1861, dopo l’Unità d’Italia: bande spesso guidate da ex militari dell’esercito borbonico si coalizzarono e intensificarono i loro crimini, sperando di sovvertire l’ordine costituito e/o di indurre un sostanziale cambiamento sociale. Si sviluppò, così, il fenomeno del cosiddetto ''[[Brigantaggio postunitario italiano|Brigantaggio.]]''<ref>{{Cita libro|titolo=D'Ambrosio G., Il brigantaggio nella provincia di Salerno dopo l’Unità, Vol. I (Circondario di Campagna), Palladio editrice, Salerno 1991, pp. 720}}</ref>
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Gli Alburni non furono immuni da queste scorrerie, se consideriamo l'attività criminale di personaggi come '''Gaetano Tranchella''', di Serre, che era stato sottufficiale dell’esercito borbonico, la cui banda raggiunse la trentina di componenti; ben noti anche i suoi luogotenenti, '''D’Errico Vitantonio''', detto '''Scarapecchia''', e '''Raffaele D’Ambrosio''', i quali, assoldarono un cospicuo numero di briganti.
Alcuni contronesi furono coinvolti nelle azioni criminali di queste bande (in particolare quella di Scarapecchia), macchiandosi di soprusi, furti, omicidi, stupri e misfatti di ogni genere, documentati dai verbali della '''Gran Corte Criminale'''.<ref>Archivio di Stato di Salerno, Gran Corte Criminale; (processi politici) busta 280 fascicolo B. ed altri.</ref>
Il '''referendum''' sulla forma istituzionale dello stato del '''2 giugno 1946''' vide prevalere a Controne la '''Repubblica''' con 486 voti rispetto ai 241 della '''Monarchia'''.<ref>{{Cita web|url=https://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=F&dtel=02/06/1946&tpa=I&tpe=C&lev0=0&levsut0=0&lev1=24&levsut1=1&lev2=72&levsut2=2&levsut3=3&ne1=24&ne2=72&es0=S&es1=S&es2=S&es3=N&ms=S&ne3=720450&lev3=450|titolo=Eligendo, Archivio, Referendum 2 giugno 1946, comune di Controne}}</ref> Il risultato di Controne risultò in assoluta controtendenza rispetto agli esiti referendari nell'intera provincia di Salerno, dove la Monarchia stravinse con il 75,17% dei consensi (264.721 voti) sulla Repubblica, che conquistò solo il 24,83% dei suffragi (87.453 voti).<ref>{{Cita web|url=https://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=F&dtel=02/06/1946&tpa=I&tpe=P&lev0=0&levsut0=0&lev1=24&levsut1=1&lev2=72&levsut2=2&ne1=24&ne2=72&es0=S&es1=S&es2=S&es3=N&ms=S&ne3=0|titolo=Eligendo, Archivio, Referendum 2 giugno 1946, Provincia di Salerno}}</ref> L'orientamento repubblicano della popolazione contronese, documentato dall'adesione alla Repubblica Napoletana del 1799, risultò ancora una volta confermato alle origini della democrazia italiana.
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Il dipinto ad olio, di dimensioni ragguardevoli, ''(conservato presso il museo diocesano di Teggiano)'' oltre a raffigurare la Madonna del Rosario, seduta in trono con bambino, riporta in basso, il nome dell’Università e due aquile reali di color nero.
Con l’opera, commissionata dalla Baronessa Camilla Vitelli e dalla popolazione civica, si voleva dare simbolicamente una ispirazione identitaria e di orgoglio, nei confronti dell’Abate Commendatario.<ref
Non va trascurato il fatto, (ma questa è solo un’ipotesi) che l’aquila nera è anche l’emblema dell’imperatore Carlo V, il quale, donò il feudo, nel 1527, alla famiglia Vitelli.
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