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Storia del paese
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Nel 1298 Tommaso Sanseverino, Conte di Marsico e Contestabile del Regno, cede al nuovo Abate di San Nicola un territorio denominato ''Lanzo'' "''che frammezza tra gli confini di Castelluccia e Controne col jus di formare un cannezzo per uso di pesca alla parte del Ponte, ch'è sul fiume Calore"''<ref name="Capano A 1993, p.22" />.
 
I benedettini ressero la Badia fino al 1477. Da questa data il monastero mantenne tutte le prerogative e i titoli, ma spesso sarà governato da un [[abate commendatario]], al quale spetta solo la rendita che il convento produce, mentre l'autorità sui monaci è esercitata dal [[priore]]. L'abate commendatario generalmente non risiede nel monastero.[[File:Lapide chiesa Nicolaiana.jpg|miniatura|Foto: 1.Iscrizione della Bolla di Papa Benedetto XIII del 1727, apposta nella sagrestia della Chiesa Nicolaiana.]]L'abbazia di San Nicola ne annovera parecchi, alcuni indossarono anche la berretta vescovile o cardinalizia come il cardinale [[Antonio Carafa (cardinale)|Antonio Carafa]]; il cardinale [[Bernardino Scotti]]; il cardinale [[Pier Luigi Carafa (1677-1755)|Pier Luigi Carafa]]; mons. Fabrizio de Capua arcivescovo di [[Arcidiocesi di Taranto|Taranto]] e poi di [[Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno|Salerno]] e il cardinale [[Scipione Borghese (1734-1782)|Scipione Borghese]].
 
L'abbazia di San Nicola ne annovera parecchi, alcuni indossarono anche la berretta vescovile o cardinalizia come il cardinale [[Antonio Carafa (cardinale)|Antonio Carafa]]; il cardinale [[Bernardino Scotti]]; il cardinale [[Pier Luigi Carafa (1677-1755)|Pier Luigi Carafa]]; mons. Fabrizio de Capua arcivescovo di [[Arcidiocesi di Taranto|Taranto]] e poi di [[Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno|Salerno]] e il cardinale [[Scipione Borghese (1734-1782)|Scipione Borghese]].
 
Nel 1433 il re di Napoli [[Alfonso V d'Aragona|Alfonso I d’Aragona]] concede i Contadi di Capaccio, Castelluccia, Controne ed altri ad Americo Sanseverino, signore di [[Montesano sulla Marcellana|Montesano]], [[Padula]], [[Laurino]] e di altri Feudi.<ref>{{Cita libro|autore=A. Capano| titolo=Controne. Note storiche | editore = Alburnia-3| città= Arci Postiglione| anno = 1993| p = 25}}</ref>
 
I suddetti feudi passarono successivamente a Guglielmo Sanseverino terzogenito di Americo, ma ne fu privato in quanto ribelle al re di Napoli [[Ferdinando I di Napoli|Ferrante I d’Aragona]] per aver partecipato alla nuova congiura dei Baroni. Infatti, il re Ferrante, aspirava ad una modernizzazione dello stato e ad una riforma fiscale che avvantaggiasse le amministrazioni comunali chiamate ''Università,'' a discapito dei diritti feudali dei Baroni e della Chiesa. I Baroni mal sopportarono tale riforma e non erano disposti a perdere privilegi consolidati nel tempo.[[File:Lapide chiesa Nicolaiana.jpg|miniatura|Foto: 1.Iscrizione della Bolla di Papa Benedetto XIII del 1727, apposta nella sagrestia della Chiesa Nicolaiana.]]

La definitiva conclusione di questo movimento si ebbe nel 1487 nel [[Maschio Angioino|Castel Nuovo]] di [[Napoli]], precisamente nella sala dei Baroni, dove furono invitati tutti i più importanti signori del Regno con la scusa di celebrare le nozze della nipote del Re. In realtà questa era una trappola: i Baroni furono arrestati e condannati a morte.
 
Successivamente divenne signore di Controne e di Castelcivita Francesco D’Alitto, il quale appoggiò la politica francese di [[Francesco I di Francia|Francesco I]] e di [[papa Clemente VII]], in contrasto con gli interessi e le mire espansionistiche dell’imperatore [[Carlo V d'Asburgo|Carlo V d’Asburgo]].<ref>{{Cita libro|autore=A. Capano| titolo=Controne. Note storiche | editore = Alburnia-3| città= Arci Postiglione| anno = 1993| pp = 25-26}}</ref>
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Alcuni contronesi furono coinvolti nelle azioni criminali di queste bande (in particolare quella di Scarapecchia), macchiandosi di soprusi, furti, omicidi, stupri e misfatti di ogni genere, documentati dai verbali della Gran Corte Criminale.<ref>Archivio di Stato di Salerno, Gran Corte Criminale; (processi politici) busta 280 fascicolo B. ed altri.</ref>
[[File:Madonna dello spirito santo.jpg|miniatura|Foto 4.Pala d’altare della Madonna del Rosario, detta anche dei Quindici Misteri.Opera di Giovanni De Luca di Eboli, datata 1577.
 
(Ubicata: Museo Diocesano Teggiano)]]
Il [[referendum istituzionale del 1946|''referendum'']] sulla forma istituzionale dello stato del 2-3 giugno 1946 vide prevalere a Controne la Repubblica con 486 voti, rispetto ai 241 della Monarchia.<ref>{{Cita web|url=https://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=F&dtel=02/06/1946&tpa=I&tpe=C&lev0=0&levsut0=0&lev1=24&levsut1=1&lev2=72&levsut2=2&levsut3=3&ne1=24&ne2=72&es0=S&es1=S&es2=S&es3=N&ms=S&ne3=720450&lev3=450|titolo=Eligendo, Archivio, Referendum 2 giugno 1946, comune di Controne}}</ref> Il risultato di Controne risultò in assoluta controtendenza rispetto agli esiti referendari nell'intera provincia di Salerno, dove la Monarchia stravinse con il 75,17% dei consensi (264.721 voti) sulla Repubblica, che conquistò solo il 24,83% dei suffragi (87.453 voti).<ref>{{Cita web|url=https://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=F&dtel=02/06/1946&tpa=I&tpe=P&lev0=0&levsut0=0&lev1=24&levsut1=1&lev2=72&levsut2=2&ne1=24&ne2=72&es0=S&es1=S&es2=S&es3=N&ms=S&ne3=0|titolo=Eligendo, Archivio, Referendum 2 giugno 1946, Provincia di Salerno}}</ref> L'orientamento repubblicano della popolazione contronese, documentato dall'adesione alla Repubblica Napoletana del 1799, risultò ancora una volta confermato alle origini della democrazia italiana.
 
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L’aquila doveva essere l'emblema del feudo già in tempi antichi, infatti, nella chiesa intitolata alla Vergine Santissima, patronato dell’Università, vi era collocata una pala d’altare ad opera di Giovanni Luca De Luca, originario di Eboli, datata 1577.
 
Il dipinto ad olio, di dimensioni ragguardevoli, (conservato presso il museo diocesano di Teggiano) oltre a raffigurare la Madonna del Rosario, seduta in trono con bambino, riporta in basso, il nome dell’Università e due aquile reali di color nero. (Foto: 4)
 
Con l’opera, commissionata dalla Baronessa Camilla Vitelli e dalla popolazione civica, si voleva dare simbolicamente un'ispirazione identitaria e di orgoglio, nei confronti dell’Abate Commendatario.<ref name="ReferenceA"/>