Un borghese piccolo piccolo (film): differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Etichette: Modifica da mobile Modifica da web per mobile |
→Accoglienza: sezione Etichette: Modifica da mobile Modifica da web per mobile |
||
Riga 59:
Il giorno della sospirata pensione, celebrata tra l'ipocrisia e l'indifferenza dei colleghi, Amalia muore e Vivaldi si prepara a una vecchiaia con amara rassegnazione. Un casuale scontro verbale con un giovane sfaccendato gli fa rivivere quel ruolo di carnefice che lo ha già portato e che, probabilmente, lo riporterà a compiere giustizia da solo.
==
=== Critica ===
[[File:Un borghese piccolo piccolo (film).jpg|upright=1.4|thumb|Giovanni Vivaldi e la sua "vittima"]]
''Un borghese piccolo piccolo'' segna una sorta di resa, di sconfitta. Monicelli comprende che ridere dei vizi degli italiani, ridicolizzarli e sbeffeggiarli, sarebbe equivalso ad una manifestazione di fiducia, ad un atto d'amore e ad una speranza sincera nelle loro capacità umane.<ref name= brunetta >{{cita libro | cognome=Brunetta | nome=Gian Piero | titolo=Guida alla storia del cinema italiano (1905-2003) | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2003 }}</ref> Dinanzi alla trasformazione della [[società (sociologia)|società]], rappresentata dalla trasformazione subita da Giovanni Vivaldi, il regista però getta la spugna e afferma l<nowiki>'</nowiki>«irrappresentabilità degli italiani, per perdita irreversibile di tutti i caratteri positivi».<ref name= brunetta /> In sostanza, non c'è più nulla da sperare, da credere, da ridere.<ref name= quartopotere /> Questo giudizio, insieme al caustico anticlericalismo del regista, è ben rappresentato dalla scena della omelia funebre del prete, nel corso del funerale della moglie del protagonista, ove egli, considerandosi "costretto" a conoscere tutte le miserie umane, afferma che l'unico giudizio possibile è un decreto di morte per l'intera umanità.<ref>«Il disegno di un parroco ignobile, infine, sembra del tutto gratuito, inutile omaggio a un anticlericalismo di maniera.» (In [[Paolo Valmarana]], ''Il Popolo'', Roma, 18 marzo 1977)</ref>
|