Leonida Repaci: differenze tra le versioni

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ortografia
biografia
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== Biografia ==
Leonida Rèpaci nacque a [[Palmi]], in [[provincia di Reggio Calabria]], il 5 aprile del [[1898]] (sebbene sia stato dichiarato allo stato civile diciotto giorni dopo). Diciassette mesi dopo la sua nascita suo padre Antonio Rèpaci, mastro muratore e costruttore, morì, lasciando dieci figli e la moglie di 37 anni in condizioni economiche disastrose. Toccò aal fratello Mariano, ilpersonalità importante del Partito Socialista Italiano fin dalla primonascita deidel diecipartito orfanistesso, prendere le redini della famiglia. Lo fece il giorno stesso dei funerali non consentendo la cerimonia religiosa al padre.
 
Dopo il terremoto del 1908, il fratello Francesco, avvocato, lo portò a [[Torino]] dove completò gli studi superiori. Si iscrisse in seguito alla facoltà di [[giurisprudenza]] ma, a causa dello scoppio della [[prima guerra mondiale]], fu costretto suo malgrado ad interrompere gli studi. Venne arruolato e mandato al fronte dove ottenne, con una medaglia d'argento, anche il congedo illimitato dopo il ferimento a Malga Pez.
 
Tornato a [[Palmi]] scrisse il poemetto ''La Raffica'' (inizialmente il titolo era: "Il ribelle e l'Antigone") ispirato alla morte di Anita, Nèoro e Mariano tre dei suoi nove fratelli, morti a causa dell'epidemia di ''spagnola''. Nel [[1919]] ritornò a Torino e conseguì la laurea, l'anno seguente prese l'abilitazione all'avvocatura e incominciò a frequentare ambienti e personaggi politici di sinistra.
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Durante l'[[Biennio Rosso|occupazione delle fabbriche]], [[Antonio Gramsci]] in persona, che aveva recensito un suo libro ne ''[[Avanti!|l'Avanti]]'' torinese, lo chiamerà a collaborare a ''[[L'Ordine Nuovo]]'', rivista fondata dallo stesso Gramsci, da [[Angelo Tasca]], [[Palmiro Togliatti]] e [[Umberto Terracini]] con articoli molto critici verso i prodromi della nascente dittatura fascista, che vennero pubblicati accanto a quelli di [[Piero Gobetti|Gobetti]], [[Lenin]], [[Trotsky]], [[Thomas Mann]] e altri famosi letterati dell'epoca<ref>{{Cita web|url=http://www.raiscuola.rai.it/articoli/leonida-repaci-il-rapporto-con-antonio-gramsci/3253/default.aspx|titolo=|accesso=20 luglio 2018|dataarchivio=21 luglio 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180721014242/http://www.raiscuola.rai.it/articoli/leonida-repaci-il-rapporto-con-antonio-gramsci/3253/default.aspx|urlmorto=sì}}</ref>.
 
Rèpaci lasciò quindi Torino per [[Milano]] dopo la [[marcia su Roma]], ma continuò a collaborare a ''L'Ordine nuovo'', firmandosi con lo pseudonimo di ''Gamelin'', il protagonista del romanzo ''Gli dei hanno sete'' di [[Anatole France]]. A Milano, Repaci ebbe affidata da Gramsci la responsabilità delle critiche teatrali e musicali sulla terza pagina dell'Unità, che curò a partire dal primo numero del giornale uscito il 12 aprile 1924. Tenne la rubrica fino a giugno del 1925.
 
La sua intransigenza ideologica supportata da un carattere ribelle e bellicoso lo porterà ad assumere la difesa di Federico Ustori, uno degli imputati dell'[[Strage del Diana|attentato al teatro Diana]], che venne assolto, ponendosi in modo esplicito contro il regime e, tra il 1922 e il 1924 a misurarsi in duello addirittura contro [[Galeazzo Ciano]] e padrino nel duello contro [[Roberto Farinacci|Farinacci]].
 
Nel 1923 pubblicò il primo lavoro letterario, “L’ultimo Cireneo”, che gli fece ottenere un grande successo, tanto da indurlo ad abbandonare la sua professione di avvocato e dedicarsi alla scrittura.
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Nel 1924 il [[Partito Comunista d'Italia]] presentò la sua candidatura alle elezioni politiche insieme a quella di [[Francesco Buffoni]]<ref>{{Cita libro|titolo=Leonida Rèpaci, Taccuino politico, a cura di Giulio Vassalli, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2001, p. 46 - 47}}</ref>. Tuttavia i due non furono eletti poiché non ebbero la preferenza dell'Esecutivo che andò a [[Luigi Repossi]] e [[Bruno Fortichiari]].
 
Nell'agosto 1925 Rèpaci venne arrestato a Palmi, insieme ad altri comunisti e [[socialismo|socialisti]], come presunto assassino di Rocco Gerocarni, gerarca fascista del luogo durante unala festa religiosa della Varia; il processo servì al regime per scardinare la roccaforte rossa e abbattere uno degli scogli socialisti più forti in [[Calabria]]: inaspettatamente Rèpaci venne assolto ma l'accaduto avvelenerà per sempre di diffidenze e sospetti i rapporti con i suoi concittadini, essendo diffusa la voce riguardante influenze (maidi provate)esponenti del partito fascistaRegime sulla sua assoluzione. I testimoni falsi di quel processo alla fine o confessarono o si suicidarono e Rèpaci venne assolto dopo seisette mesi di carcere per insufficienza di prove al processo che si tenne in Corte di Assise a Catanzaro. Furono anche assolti i fratelli Francesco, Gaetano e Giuseppe e due cognati, Mancuso e Parisi.
 
Si dimise dal PCd'I qualche settimana dopo la sua liberazione convinto che la lotta politica fosse ormai divenuta impossibile per coloro che restavano in patria, e che i risultati non fossero proporzionati ai sacrifici. Tuttavia continuò la sua battaglia politica scrivendo libri in difesa delle idee socialiste e comuniste.
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Iniziò ''La storia dei Rupe'', che nel 1933 gli farà vincere il [[Premio Bagutta]] e, tra varie versioni, lo accompagnerà fino agli [[anni 1970|anni settanta]].
 
Dopo aver lavorato, fra il 1923 e il 1925, alla redazione de ''[[l'Unità]]'', collaborò poi alla ''[[Gazzetta del Popolo]]'' e a ''[[La Stampa]]''.
 
Nel [[1929]], da una sua idea, con il contributo di Salsa e Colantuoni, nasce a Milano il [[Premio Viareggio]]<ref>Repaci mantenne la presidenza per tutto il resto della sua vita. Grazie al suo grande senso organizzativo, il «Viareggio» continua ad essere a tutt'oggi uno dei premi di letteratura più ambiti della letteratura italiana.</ref>. Nei giorni del premio Viareggio, immerso nel grande fervore organizzativo, conobbe e sposò Albertina Antonelli<ref>La coppia visse affiatata fino alla morte di lei, avvenuta nel [[1984]].</ref>., che aveva conosciuto a Milano nel 1925 e che,, durante la carcerazione gli fu vicina con un fitto scambio epistolare
 
Il 9 settembre 1943, assieme a tre amici (Pacini, Tosi, e Bernini) portandosi dietro una folla di popolani, assaltò un deposito d'armi a [[Palazzo Pallavicini Rospigliosi]], episodio che diede il via alla [[Resistenza romana]]<ref>{{Cita web|url=http://www.raiscuola.rai.it/articoli/leonida-repaci-1925-1943-lavventura-di-un-antifascista/2956/default.aspx|titolo=|accesso=20 luglio 2018|dataarchivio=21 luglio 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180721043525/http://www.raiscuola.rai.it/articoli/leonida-repaci-1925-1943-lavventura-di-un-antifascista/2956/default.aspx|urlmorto=sì}}</ref>.
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Più tardi fu messo in contatto con il movimento militare del [[Partito Socialista Italiano|Partito Socialista]] e successivamente entrò nel Comitato politico che riuniva allora l'ala intransigente del partito. Costituì il movimento delle bande partigiane, del cui comando fece parte assieme ai fratelli [[Carlo Andreoni|Andreoni]], [[Alberto Vecchietti]], [[Ezio Malatesta]] e [[Aladino Govoni]].<ref>{{Cita libro|titolo=Leonida Rèpaci, Taccuino politico, a cura di Giuliano Vassalli, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2001, p. 48}}</ref>
 
Finita la [[seconda guerra mondiale]], Repaci, spinto dal suo spiccato senso organizzativo, fondò con [[Renato Angiolillo]] il quotidiano indipendente ''[[Il Tempo]]'' rimanendone condirettore dal giugno al dicembre 1944. Nel febbraio [[1945]], rotto il sodalizio con Angiolillo, fondò un nuovo quotidiano, ''[[L'Epoca (1917)|L'Epoca]]'', che però visse soltanto 14 mesi. Successivamente accettò la direzione dell<nowiki>'</nowiki>''[[L'Umanità (quotidiano)|Umanità]]'', quotidiano socialista democratico, insieme a [[Giuseppe Faravelli]] e [[Virgilio Dagnino]]. Organizzò infine con [[Mario Socrate]] e [[Franco Antonicelli]] il memorabile convegno di intellettuali ''Cultura e Resistenza'', a [[Venezia|Venezia,]] nel 1950.
 
Il dopoguerra dopo il ripristino del Premio Viareggio per Rèpaci fu un susseguirsi frenetico di proposte e idee che lo fecero maturare positivamente sia intellettualmente sia a livello umano che sociale; fondò e presiedette il [[Premio Fila delle Tre Arti]], e il [[Premio Sila]] ([[1948]]).<br />Nel 1948 dietro insistenza di alcuni amici decidedecise di candidarsi, senza poi venire eletto, al collegio senatoriale di Palmi nella lista del [[Fronte Democratico Popolare]]. Nel [[1950]] divenne componente del [[Consiglio mondiale per la pace|Consiglio mondiale per pace]] insieme ad altri intellettuali comunisti come [[Pablo Picasso]], [[Louis Aragon]], [[Bertolt Brecht]], [[Jorge Amado]], [[György Lukács]], [[Renato Guttuso]] e [[Jean-Paul Sartre]] e nel [[1951]] membro della Giuria Internazionale per i Premi della Pace. Collaborò in seguito anche a ''[[Milano Sera]]'', a ''[[Vie nuove]]'' e a ''[[Paese Sera]]''.
 
A metà degli anni '50 venne chiamato da [[Orazio Barbieri]], che in quel momento ricopriva la carica di Segretario Generale dell'Associazione dei rapporti culturali con l'[[Unione Sovietica]] “Italia-Urss” presieduta dal senatore [[Antonio Banfi]], a dirigere il mensile “Realtà sovietica” organo ufficiale dell'Associazione<ref>{{Cita libro|titolo=Santino Salerno, A Leonida Rèpaci. Dediche dal '900, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2003, p. 138}}</ref>.
 
Successivamente fondò il Premio Fila delle tre Arti e il premio Sila, e collaborò con “Milano sera” , “Vie Nuove” e con “Paese sera”. Nel ''[[Pioniere (rivista)|Pioniere]]'' del 1960 n° 27<ref>{{Cita news|autore=Leonilda Rapaci|titolo=Terribile Golfo|pubblicazione=Il Pioniere|data=3 luglio 1960|url=http://www.ilpioniere.org/pioniere/indice-generale-pioniere/66-pioniere-1960.html}}</ref> e del 1961 n°6<ref>{{Cita news|autore=Leonida Rapaci|url=http://www.ilpioniere.org/pioniere/indice-generale-pioniere/67-pioniere-1961.html|titolo=Martino e Giorgina|pubblicazione=Pioniere|data=5 febbraio 1961}}</ref> furono pubblicati due suoi racconti: ''"Terribile Golfo e Martino e Giorgina."''
 
Nel [[1956]] vinse il [[Premio Crotone]] con ''Un riccone torna alla terra'' e due anni dopo il [[Premio Villa San Giovanni]] con la ''Storia dei fratelli Rupe''. A poco a poco si allontanò dall'attività giornalistica per dedicarsi alla stesura definitiva della trilogia ''Storia dei Rupe'', e il secondo volume, ''Tra guerra e rivoluzione'', vinse nel [[1970]] il Premio Sila. In quel periodo la sua naturale irrequietezza lo portò a darsi alla [[pittura]], con discreto successo sia di critica sia di pubblico, allestendo personali a Milano e a Roma. La morte colse il "Leone mai domo" a [[Pietrasanta]] (Lucca) il 19 luglio 1985.
 
Morì il 19 Luglio 1985 a Marina di Pietrasanta; la sua villa “Villa Pietrosa” di Palmi, ristrutturata è doveva diventare secondo la sua volontà un centro d'arte e cultura, soprattutto per gli artisti e i giovani. Trascurata e vandalizzata oggi è in completo stato di abbandono come la sovrastante grotta carsica dove il suo desiderio ultimo non esaudito era di essere seppellito insieme alla cara Albertina. Eppure al Paese natio, oltre al complesso di Villa Pietrosa, Repaci ha lasciato una ricca Pinacoteca e tutti i suoi averi custoditi alla Casa della Cultura di Palmi che l'allora ministro dei Lavori Pubblici Mancini volle donargli come regalo di compleanno nel 1968.
Morì il 19 Luglio 1985 a Marina di Pietrasanta; la sua villa “Villa Repaci” da poco ristrutturata è diventata un mausoleo dove vengono di tanto in tanto allestite delle mostre letterarie e di cultura.
 
== La tematica ==