=== Il dopoguerra e l'assoluzione dall'accusa di crimini ===
Anche la moglie Elda Barbieri, originaria del pavese, che aveva conosciuto il giornalista durante la seconda guerra mondiale (lei era una crocerossina in servizio nell'ospedalenell’ospedale dove De Mauro era stato ricoverato dopo un incidente stradale<ref>{{Cita web|url=https://www.giornalistitalia.it/elda-barbieri-ha-raggiunto-il-suo-mauro-de-mauro/|titolo=Elda Barbieri ha raggiunto il suo Mauro De Mauro|autore=News|sito=Giornalistitalia|data=2018-02-20|accesso=2021-01-23}}</ref>) era braccata dai partigiani per via della sua militanza filofascista: in un rapporto del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CLN]] si leggeva il suo nome tra i più pericolosi avversari del movimento partigiano. Dopo l'evasione da Coltano, assieme alla moglie e alle figlie Franca e Junia, nate proprio in quel periodo, raggiunse [[Napoli]] dove rimase per il biennio 1946-1947 sotto falsa identità.
Nei processi per [[collaborazionismo]], in particolare per presunta partecipazione alla [[strage delle Fosse Ardeatine]], fu prima condannato in [[contumacia]] nel 1946, poi assolto, nel 1948, per “[[Sentenza (ordinamento italiano)#Assoluzione|insufficienza di prove]]”, dalla corteCorte d'assiseAssise di Bologna; infine nel 1949 fu prosciolto dalla Cassazione, che confermò l'assoluzione, aggiungendo la motivazione di proscioglimento "per non aver commesso i fatti" addebitatigli, cioè con formula piena.<ref>Sentenza definitiva della seconda sezione penale della Corte suprema di Cassazione, 8 marzo 1949, registro generale 3056/48. Il suo avvocato difensore era [[Filippo Ungaro]].</ref><ref>Giuseppe Lo Bianco, Sandra Rizza, ''Profondo nero. Mattei, De Mauro, Pasolini. Un'unica pista alle origini delle stragi di Stato'', Chiarelettere, 2009, p. 125.</ref>
=== L'attività giornalistica ===
L'incarico conferito da Rosi all'amico giornalista aveva indotto l'ex senatore Verzotto a ritenere che "tale film poteva essere uno strumento per sostenere e alimentare la campagna che l'ente da [lui] presieduto intendeva portare avanti contro la presidenza dell'Eni e contro coloro che si opponevano alla realizzazione del metanodotto".<ref name="ececcato_p5152">{{Cita|Egidio Ceccato|pp. 51-52.|ececcato_delitti|titolo=Delitti di mafia}}</ref> Si era pertanto offerto di aiutare De Mauro "a ricostruire i due giorni di permanenza di Mattei in Sicilia per indirizzare utilmente — in chiave di contrasto all'allora presidente dell'Eni (Cefis) — il suo lavoro per Rosi".<ref name="ececcato_p52" /> Ovviamente l'arma con cui sperava di "liquidare politicamente Eugenio Cefis", facendolo "estromettere" dall'Eni, era costituita dai torbidi retroscena della morte di Mattei, a lui ben noti in quanto organizzatore dell'ultimo, fatale viaggio di Mattei in terra siciliana.<ref>{{Cita libro|nome=Egidio|cognome=Ceccato|titolo=Il delitto Mattei. Complicità italiane in un'operazione segreta della Guerra Fredda|anno=2019|editore=[[Castelvecchi]]|città=Roma|pp=138-208}}</ref>
In precedenza De Mauro si era occupato soprattutto di mafia. Nel 1960 seguì per il suo giornale la vicenda dell'omicidio del commissario di P.S. [[Cataldo Tandoy]], ucciso ad [[Agrigento]] in un agguato di chiara marca mafiosa<ref>{{Cita web|url=https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/libri/approfondimenti/2023/03/20/libri-tandoy-le-ombre-sulla-morte-per-mafia-del-poliziotto_2bc3a039-cced-4b5a-b157-fd50854ea996.html|titolo=Libri: Tandoy, le ombre sulla morte per mafia del poliziotto - Libri - Approfondimenti|sito=Agenzia ANSA|data=2023-03-20|lingua=it|accesso=2023-05-20}}</ref><ref>[[Vittorio Nisticò]], ''Accadeva in Sicilia – Gli anni ruggenti dell'«Ora» di Palermo'', Palermo, Sellerio, 2001.</ref>, e il processo ai [[frati di Mazzarino]] imputati di [[omicidio]] ed [[estorsione]]<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/10/31/quattro-cappuccini-capo-della-gang-che-terrorizzava.html|titolo=Quattro cappuccini a capo della gang che terrorizzava Mazzarino - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=2007-10-31|lingua=it|accesso=2023-05-20}}</ref>. Il 23 e il 24 gennaio 1962 aveva pubblicato, sempre su ''[[L'Ora]]'' di Palermo, il verbale di [[polizia]], risalente al 1937 e caduto nel dimenticatoio, in cui il medico siciliano [[Melchiorre Allegra]], tenente colonnello medico del [[Regio Esercito]] durante la [[prima guerra mondiale]], affiliato alla mafia nel 1916 e pentito mafioso dal 1933, elencava tutta la struttura del vertice mafioso, gli aderenti, le regole, l'affiliazione, l'organigramma della società malavitosa. Nel 1963, insieme ai colleghi [[Felice Chilanti]] e [[Mario Farinella]], curò un'inchiesta a puntate pubblicata sempre su ''L'Ora'' dal titolo ''Rapporto sulla mafia'', in cui inserì una sua intervista conad un anziano boss mafioso di [[Bolognetta]], Serafino Di Peri, espulso dall'organizzazionedall’organizzazione in quanto testimone al processo di Viterbo contro la banda di [[Salvatore Giuliano]]<ref>Mauro De Mauro, ''Intervista con un vecchio "don": mafia di ieri e mafia di oggi'', L'Ora, 20 aprile 1963.</ref><ref>[[Felice Chilanti]], ''Rapporto sulla mafia'', con [[Mario Farinella]], Palermo, Flaccovio, 1964.</ref>. Nel 1964 fu l'unico giornalista aad intervistare la vedova [[Serafina Battaglia]], che fu la prima donna che testimoniò in tribunale contro la mafia<ref>Mauro De Mauro, ''La vedova Battaglia accusa'', in ''L’Ora'', 21 gennaio 1964.</ref>. [[Tommaso Buscetta]], davanti ai giudici [[Giovanni Falcone]] e [[Paolo Borsellino]], quindici anni dopo la morte del giornalista, ebbe ad affermare che:<blockquote>"... De Mauro era un cadavere che camminava. [[Cosa nostra]] era stata costretta a 'perdonare' il giornalista perché la sua morte avrebbe destato troppi sospetti, ma alla prima occasione utile avrebbe pagato anche per quello scoop. La sentenza di morte era solo stata temporaneamente sospesa".<ref name="Viviano" /> </blockquote>Dal 5 al 23 novembre 1969 aveva pubblicato in cinque puntate sul giornale ''[[L'Ora]]'' una biografia di [[Lucky Luciano]]. Nel 2010 le cinque puntate verranno raccolte da Beppe Benvenuto ede Elena Beninati e daranno vita al libro edito da Mursia.<ref>{{Cita news|url= https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/11/23/quell-incontro-segreto-tra-de-mauro-il.html|accesso= 12 aprile 2020|titolo= Copia archiviata|pubblicazione= |urlarchivio= https://web.archive.org/web/20200412144201/https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/11/23/quell-incontro-segreto-tra-de-mauro-il.html|dataarchivio= 12 aprile 2020|urlmorto= no}}</ref>
=== Il rapimento e la scomparsa ===
Le indagini sulla sparizione del giornalista furono condotte sia dai [[carabinieri]] di Palermo, secondo i quali sarebbe stato sequestrato da [[Cosa nostra]] indispettita dai suoi articoli contro il traffico di stupefacenti, sia dalla [[polizia]], che ritenne piuttosto che la sua aggressione fosse collegata alle sue ricerche sul caso Mattei. Principali investigatori per l'Arma furono il capitano [[Giuseppe Russo (carabiniere)|Giuseppe Russo]], responsabile dell'ufficio investigativo, e il col. [[Carlo Alberto dalla Chiesa]]; per la polizia il commissario [[Boris Giuliano]].<ref name="ececcato_p8790">{{Cita|Egidio Ceccato|pp. 87-90.|ececcato_delitti|titolo=Delitti di mafia}}</ref> Tutte le indagini erano coordinate dalla [[Procura della Repubblica]] di Palermo diretta da [[Pietro Scaglione]].<ref name=":022622">{{Cita web|url=https://archivio.unita.news/assets/main/1971/05/09/page_006.pdf|titolo=Le pratiche del Procuratore Scaglione|autore=Giorgio Frasca Polara|editore=L'Unità|data=9 maggio 1971}}</ref> A distanza di anni gli uni dagli altri, tutti e quattro sono caduti, in circostanze diverse, vittime della mafia.
{{Doppia immagine|destra|DallaChiesa.jpg|150|Borisgiuliano.jpg|109|[[Carlo Alberto dalla Chiesa]] e [[Boris Giuliano]] furono i principali investigatori, rispettivamente per i [[Carabinieri]] e per la [[Polizia di Stato|Polizia]], che si occuparono del caso De Mauro; entrambi furono in seguito assassinati dalla mafia, Giuliano nel 1979 e Dalla Chiesa nel 1982.}}
=== L'arresto di Antonino Buttafuoco ===
Le indagini della questura di Palermo portarono al fermo, in data 19 ottobre 1970, del commercialista Antonino Buttafuoco e alla raccolta di pesanti indizi a carico dell'avv. [[Vito Guarrasi]], uomo di Cefis in Sicilia e già eminenza grigia della politica e dell'economia siciliana, nonché dell'ex sen. Graziano Verzotto.<ref>{{cita web|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/06/15/graziano-verzotto-uomo-dei-misteri.html|titolo=Graziano Verzotto l'uomo dei misteri|autore=Tano Gullo|editore=repubblica.it|data=15 giugno 2010|accesso=7 settembre 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140907233941/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/06/15/graziano-verzotto-uomo-dei-misteri.html|dataarchivio=7 settembre 2014|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://laprovinciapavese.gelocal.it/dalgiornale/2011/03/26/news/una-telefonata-anonima-riapre-il-caso-mattei-3783421|titolo=Una telefonata anonima riapre il caso Mattei|editore=la Provincia Pavese|data=26 marzo 2011|accesso=9 gennaio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140908043858/http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2011/03/26/news/una-telefonata-anonimariapre-il-caso-mattei-1.671033|dataarchivio=8 settembre 2014|urlmorto=sì}}</ref> Buttafuoco, che aveva contattato la famiglia prima ancora che la notizia del sequestro del giornalista diventasse di pubblico dominio, sembrava interessato al recupero di documenti di De Mauro (probabilmente la bozza di sceneggiatura predisposta per il regista [[Francesco Rosi]]). Destinatario di un [[Mandato di cattura (diritto)|mandato di cattura]] emesso da un [[pubblico ministero]], che lo riteneva implicato nella vicenda «fino al collo», il commercialista venne scarcerato per mancanza di indizi il 5 gennaio 1971<ref>{{Cita web|url=http://archiviopiolatorre.camera.it/img-repo/DOCUMENTAZIONE/Antimafia/01_rel_p03_3.pdf|titolo=La mafia urbana - Documenti della Commissione Parlamentare Antimafia VI LEGISLATURA|formato=pdf|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191108160503/http://archiviopiolatorre.camera.it/img-repo/DOCUMENTAZIONE/Antimafia/01_rel_p03_3.pdf|dataarchivio=8 novembre 2019|urlmorto=no}}</ref> in seguito all'uscita di un articolo ricattatorio su "Le Ore della settimana" e a una denuncia presentata dal direttore dello stesso periodico. Secondo i giudici della terza sezione della corteCorte d'assiseAssise di Palermo, estensori della sentenza 10 giugno 2011, fu il questore di Palermo Ferdinando Li Donni a imporre, ai primi di novembre del 1970, un annacquamento delle indagini su pressione dei vertici della polizia di Stato, di alcuni politici romani e di esponenti dei servizi segreti.<ref name="ececcato_p9097">{{Cita|Egidio Ceccato|pp. 90-97.|ececcato_delitti|titolo=Delitti di mafia}}</ref> Ne derivarono un allentamento del pressing su Guarrasi e Verzotto e il definitivo abbandono della "pista Mattei" in favore della "pista droga", privilegiata fin dall'inizio dall'Arma dei Carabiniericarabinieri. In un secondo tempo fu seguita anche una "pista Borghese", che riteneva De Mauro sequestrato e ucciso perché venuto a conoscenza dei preparativi del cosiddetto "golpe dell'Immacolata" dell'8 dicembre 1970.<ref name="ececcato_p107108">{{Cita|Egidio Ceccato|pp. 106-108.|ececcato_delitti|titolo=Delitti di mafia}}</ref>
=== Plausibili moventi del sequestro ===
Prima il p.m. Vincenzo Calia, che condusse la seconda inchiesta sulla morte di Mattei (1994-2003), e poi i giudici di Palermo hanno accertato l'assoluta inconsistenza della cosiddetta "pista droga", considerata un'invenzione del col. [[Carlo Alberto dalla Chiesa|Carlo Alberto Dalla Chiesa]] e del suo collaboratore [[Giuseppe Russo (carabiniere)|Giuseppe Russo]].<ref name="ececcato_p170172">{{Cita|Egidio Ceccato|pp. 170-172.|ececcato_delitti|titolo=Delitti di mafia}}</ref> Alla fine nella deposizione resa a Pavia il 4 settembre 1998 anche Verzotto ha ammesso che essa rappresentò il frutto di un consapevole depistaggio organizzato dall'Arma dei Carabiniericarabinieri: <blockquote>"Ho anche detto in un'altraun’altra occasione che De Mauro era stato sequestrato perché aveva molestato la mafia che trafficava in droga. Ammetto di avere depistato. Tale depistaggio mi venne suggerito dai Carabinieri e io, anche in ragione dei buoni rapporti che avevo con l'Armal’Arma e per ridurre la pressione di chi mi minacciava, decisi di seguire il suggerimento."<ref>Deposizione di Graziano Verzotto davanti al giudice Vincenzo Calia, Pavia 4 settembre 1998.</ref></blockquote>L'esigenza di tutelare il doppio segreto di Stato rappresentato dai retroscena dei delitti Mattei e De Mauro spinse in un secondo momento il col. [[Carlo Alberto dalla Chiesa|Dalla Chiesa]] e il cap. Russo a inscenare l'interrogatorio-farsa di Verzotto del 13 settembre 1971.<ref name="ececcato_p100103">{{Cita|Egidio Ceccato|pp. 100-103.|ececcato_delitti|titolo=Delitti di mafia}}</ref> Presentandolo come bersaglio di minacce di Cosa nostraNostra, essi contribuirono ad attenuare i sospetti di una sua complicità con la mafia ravvivati dagli arresti di Peppe Di Cristina e di Pippo Calderone e dall'infelice prova data nel corso della sua audizione da parte dell'ufficio di presidenza della Commissione parlamentare antimafia (26 marzo 1971). Per i giudici di Palermo si sarebbe trattato di una "vera e propria sceneggiata, orchestrata tanto per costruire un atto processualmente spendibile".<ref name="assise_p2087">Motivazioni della sentenza emessa dalla terza sezione della Corte d'Assise di Palermo in data 10 giugno 2011, a firma del presidente Giancarlo Trizzino e del giudice estensore Angelo Pellino, cit. p. 2087.</ref>
Nelle motivazioni della sentenza emessa il 10 giugno 2011 i giudici di Palermo hanno identificato nella "pista Mattei" la più attendibile «causale» del sequestro e della soppressione del giornalista. In altre parole De Mauro sarebbe stato eliminato perché non divulgasse «quanto aveva scoperto sulla natura dolosa delle cause dell'incidentedell’incidente aereo di Bascapé, violando un segreto fino ad allora rimasto impenetrabile", col rischio di mettere "a repentaglio l'impunitàl’impunità degli influenti personaggi che avevano ordito il complotto ai danni» di Mattei<ref name="assise_p1993">Motivazioni della sentenza 10 giugno 2011, cit. p. 1993.</ref> e di produrre «effetti devastanti per i precari equilibri politici generali in un Paese attanagliato da fermenti eversivi».<ref name="assise_pp20562057">Motivazioni della sentenza 10 giugno 2011, cit. pp. 2056-2057.</ref> «La natura e il livello degli interessi in gioco» accreditavano «l'ipotesil’ipotesi che gli occulti mandanti del delitto» dovessero «ricercarsi in quegli ambienti politico-affaristico-mafiosi», che più di altri sarebbero stati danneggiati dagli scoop di Mauro De Mauro.<ref name="assise_pp20562057" /> Fra di loro alcuni boss di Cosa nostraNostra<ref name="assise_p240">Motivazioni della sentenza 10 giugno 2011, cit. p. 240.</ref>, l'exl’ex senatore democristiano Verzotto e l'avv. [[Vito Guarrasi]].<ref name="assise_pp20562057" />
=== Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ===
La ricostruzione dei giudici della terza sezione della corteCorte d'appelloAppello di Palermo ha ridato credibilità alle rivelazioni di noti mafiosi dissociatisi da Cosa nostra. Nel [[1984]] [[Tommaso Buscetta]] negò al giudice [[Giovanni Falcone]] qualsiasi coinvolgimento di Cosa nostra nel sequestro De Mauro.<ref>Deposizione di Buscetta Tommaso davanti al giudice Giovanni Falcone, Roma 6 agosto 1984.</ref> Soltanto nel 1992 [[Gaspare Mutolo]] rivelò che a prelevare il giornalista erano stati tre mafiosi agli ordini del boss palermitano [[Stefano Bontate]], che intendevano punirlo per aver scritto «articoli pesantemente critici contro singoli appartenenti alla mafia».<ref>Deposizione di Mutolo Gaspare davanti ai giudici Elio Spallitta, Vittorio Aliquò, Gioacchino Natoli, Giuseppe Pignatone e Guido Lo Forte, Roma 18 novembre 1992.</ref> Nel 1994 Buscetta cambiò versione eed ammise il coinvolgimento della mafia: sempre sulla base di confidenze di Bontate, precisò che De Mauro fu rapito e ucciso perché, «indagando sulla morte di Mattei Enrico, stava giungendo vicino alla verità, approfittando anche di canali interni a Cosa Nostra». Sarebbe stato Girolamo Teresi, uomo di fiducia di Bontate e «sottocapo di Santa Maria di Gesù», a «organizzare il sequestro» del giornalista, poi torturato e soppresso da altri membri della medesima famiglia mafiosa. Il delitto avrebbe preventivamente ottenuto il beneplacito del «cosiddetto triumvirato», ovverosia dell'alloradell’allora «vertice di Cosa Nostra» siciliana.<ref>Deposizione di Buscetta Tommaso davanti ai giudici Giancarlo Carlo Caselli e Gioacchino Natoli, Roma 29 aprile 1994.</ref> Citando sempre Bontate, qualche anno dopo il pentito [[Gaetano Grado]] ha specificato che De Mauro fu ucciso da suo fratello Nino, da Mimmo Teresi e da Emanuele D'AgostinoD’Agostino, perché faceva in giro troppe domande, cioè «chiedeva, curiosava, voleva sapere cose di mafia».<ref>Giuseppe Lo Bianco, Sandra Rizza, ''Profondo nero'', p. 156.</ref> Secondo il collaboratore di giustizia [[Francesco Marino Mannoia]], gli uomini di Bontate avrebbero agito per conto anche dei boss mafiosi [[Gaetano Badalamenti]], [[Giuseppe Di Cristina]] e [[Giuseppe Calderone]].<ref name="assise_pp226-227">Motivazioni della sentenza 10 giugno 2011, cit. pp. 226-227.</ref> Nel 2001 la teste Italia Amato ha ricordato al p. m. pavese Vincenzo Calia l'invito rivolto da [[Graziano Verzotto]] al suo convivente, Francesco Mangion, già braccio destro del boss catanese Giuseppe Calderone, di «darsi da fare, nel senso di informare i suoi amici» mafiosi del fatto che il giornalista «era andato avanti nella sua inchiesta e stava per scoprire la verità» sulla morte del presidente dell'Enidell’Eni.<ref>Deposizione di Amato Italia davanti al giudice Vincenzo Calia, Roma 15 marzo 2001</ref> Riascoltata dai giudici di Palermo, la signora Amato ha precisato che De Mauro non fu «ucciso sul momento, ma venne prima sequestrato per interrogarlo e sapere da lui se aveva rivelato quelle stesse informazioni ad altre persone»<ref name="assise_p2191">Motivazioni della sentenza 10 giugno 2011, cit. p. 2191.</ref> e che «il movente» per «volere o per prestarsi all'eliminazioneall’eliminazione di Mauro De Mauro» andava ricercato nella curiosità mostrata dal giornalista per i retroscena e le responsabilità della morte di [[Enrico Mattei]].<ref name="assise_p2086">Motivazioni della sentenza 10 giugno 2011, cit. p. 2086.</ref> Infine, secondo il pentito [[Rosario Spatola (1949)|Rosario Spatola]], cogli scoop realizzati sui retroscena di Bascapè il giornalista aveva «pensato di fare un ricatto, dicendo che aveva un dossier che poteva rovinare qualcuno», ignorando che «Cosa Nostra non cede mai ai ricatti», ma anzi, «se del caso, li previene addirittura».<ref name="assise_p19">Motivazioni della sentenza 10 giugno 2011, cit. p. 19.</ref>
=== I possibili scoop del giornalista ===
Per decenni investigatori, giornalisti e storici si sono chiesti quali scoperte potesse aver effettuato De Mauro per meritare una fine così atroce. Le località visitate durante le ferie estive del 1970, i personaggi incontrati, le deposizioni di familiari e collaboratori di giustizia inducono a ritenere che egli avesse scoperto retroscena del delitto Mattei che dovevano rimanere segreti. Per esempio dal riascolto ossessivo dell'audiocassetta contenente i discorsi pronunciati dai politici a Gagliano Castelferrato il 27 ottobre 1962 poteva aver dedotto il carattere pretestuoso dell'ultimo viaggio di Mattei in Sicilia, organizzato da Verzotto con motivazioni risultate fasulle. Durante la visita a Gela poteva aver avuto sentore delle speculazioni immobiliari effettuate da personaggi dell'entourage di Mattei, così come delle attività malavitose avviate da Cosa nostraNostra sull'indotto dello stabilimento petrolchimico, le une e le altre intollerabili agli occhi del presidente dell'Eni. Dall'incontro con l'avv. Guarrasi (5 agosto 1970), suggeritogli da Verzotto, poteva aver capito che costui era stato privato da Mattei anche del contratto di consulenza, indubbia fonte di risentimento e quindi plausibile movente per una sua partecipazione al complotto sovranazionale ordito contro il presidente dell'Eni. Dagli appunti del giornalista recuperati nel cassetto della sua scrivania presso la sede del quotidiano "L'Ora" si poteva altresì evincere che nel corso del loro colloquio era stato toccato lo scottante tema dell'appoggio concesso da Mattei ai congiurati libici intenzionati a detronizzare il filoamericano re Idris,<ref name="delittopotere">Riccardo De Sanctis, ''Delitto al potere - l'incidente di Mattei, il rapimento di De Mauro, l'assassinio di Scaglione'', Savelli, 1972; citato in [[Giorgio Galli]], ''Enrico Mattei: petrolio e complotto italiano'', Baldini & Castoldi, 2005 - ISBN 88-8490-686-5</ref> goccia che probabilmente nell'autunno del 1962 aveva fatto traboccare il vaso dell'indignazione statunitense. De Mauro poteva infine aver intuito che il 27 ottobre 1962 Verzotto non si era mai allontanato da Catania accertando quindi l'inconsistenza degli impegni politici a Siracusa con cui il futuro senatore aveva giustificato la sua lontananza da Mattei e il rifiuto di tenergli compagnia durante il volo di rientro a Linate.<ref name="ececcato_pp70-74">{{Cita|Egidio Ceccato|pp. 70-74.|ececcato_delitti|titolo=Delitti di mafia}}</ref>
=== Un probabile azzardo di De Mauro ===
Anche se risolutamente scartata dai giudici della corteCorte d'assiseAssise di Palermo, rimasti affezionati all'immagine di De Mauro voce libera del giornalismo nostrano,<ref name="assise_pp1720-1724">Motivazioni della sentenza 10 giugno 2011, cit. pp. 1720-1724.</ref> l'ipotesi che il redattore de "L'Ora" abbia pensato di usare i suoi scoop per ricattare Verzotto, già affacciata da alcuni inquirenti nel lontano 1970, ha ricevuto ulteriore credito dalla vedova Elda Barbieri quando ha confermato l'indugio del marito a consegnare ai committenti la bozza di sceneggiatura già ultimata.<ref>Deposizione di Barbieri Elda in De Mauro davanti al giudice Vincenzo Calia, Pavia 27 maggio 1996</ref> Gli approcci poi tentati da De Mauro col padre nobile della DC siciliana [[Giuseppe Alessi (politico)|Giuseppe Alessi]] e con l'ex presidente della Regioneregione SicilianaSicilia [[Giuseppe D'Angelo]], interpretati dai giudici di Palermo come ricerca di una sponda istituzionale per una denuncia a sfondo politico, si prestano in realtà a essere letti anche come ricerca di autorevoli conferme delle intuizioni maturate dal giornalista. Proprio il rifiuto di costoro a incontrarlo avrebbe poi convinto De Mauro a ritornare sui suoi passi e a consegnare la bozza di sceneggiatura al destinatario in modo da incassare per intanto la seconda tranche del compenso pattuito.<ref name="ececcato_pp79-81">{{Cita|Egidio Ceccato|pp. 79-81.|ececcato_delitti|titolo=Delitti di mafia}}</ref> Le sue mosse e le sue vanterie avevano nel frattempo allarmato gli ambienti politico-affaristici coinvolti nel complotto dell'ottobre 1962, che avrebbero richiesto proprio a [[Graziano Verzotto]] di risolvere il problema da lui stesso creato il giorno in cui aveva coinvolto il giornalista in un'operazione ricattatoria ai danni di [[Eugenio Cefis]] e [[Amintore Fanfani]].<ref name="ececcato_pp81-82">{{Cita|Egidio Ceccato|pp. 81-82.|ececcato_delitti|titolo=Delitti di mafia}}</ref> I giudici di Palermo non hanno escluso nemmeno l'eventualità che, per rimuovere la «minaccia costituita da possibili, imminenti rivelazioni di De Mauro sul caso Mattei», Verzotto e Guarrasi abbiano da ultimo stretto fra di loro un «patto scellerato» dal quale «nessuno dei contraenti avrebbe potuto affrancarsi senza esporsi a gravi ritorsioni da parte dell'altrodell’altro».<ref name="assise_pp2194-2195">Motivazioni della sentenza 10 giugno 2011, cit. pp. 2194-2195.</ref> Ovviamente il compito di sequestrare e sopprimere il giornalista l'avrebbero assunto gli uomini di [[Stefano Bontate]], boss mafioso competente per territorio, che avrebbe agito per conto anche degli altri uomini d'onore coinvolti nel delitto Mattei.<ref>{{Cita web|url=http://www.antimafiaduemila.com/200805185934/articoli-arretrati/omicidio-de-mauro.html|titolo=Omicidio De Mauro|autore2=Luciano Mirone|editore=ANTIMAFIADuemila Nº8|citazione=La chiave è il delitto Mattei|accesso=10 gennaio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130224045224/http://www.antimafiaduemila.com/200805185934/articoli-arretrati/omicidio-de-mauro.html|dataarchivio=24 febbraio 2013|urlmorto=sì|autore1=Monica Centofante}}</ref>
Nella campagna di stampa promossa da Verzotto contro gli avversari del metanodotto Algeria-Sicilia s'inserì, nel successivo 1972, il libro di Giorgio Steinmetz intitolato ''Questo è Cefis. L'altra faccia dell'onorato presidente''. Il p.m.giudice Vincenzo Calia l'ha individuato come fonte di ispirazione di [[Pier Paolo Pasolini]] per il capitolo ''Lampi sull'Eni'' dell'incompiuto romanzo ''Petrolio'', ma è da escludere che l'artista abbia tratto dalla lettura del libro indicazioni utili a formulare le ipotesi di responsabilità per il delitto Mattei poste da alcuni autori a carico di [[Eugenio Cefis]].<ref>Giuseppe Bianco, Sandra Rizza, ''Profondo nero'', cit. e E. Ceccato, ''Delitti di mafia'', cit. p. 112</ref>
== I processi ==
Per effetto dei numerosi depistaggi istituzionali la prima inchiesta giudiziaria sul sequestro De Mauro finì su un binario morto, creando i presupposti per il non luogo a procedere contro Buttafuoco emesso dal giudice G. Micciché nella sentenza 11 gennaio 1983.<ref>Sentenza del giudice istruttore dr. G. Miccichè nel procedimento penale contro Buttafuoco Antonino e Biscalchin Valerio, Palermo 11 gennaio 1983.</ref> Un buco nell'acqua si rivelò anche una seconda inchiesta, aperta il 22 settembre 1986 su sollecitazione dei familiari della vittima e archiviata il 18 agosto 1992. Le connessioni tra il sequestro De Mauro e il delitto Mattei, fatte emergere a Pavia dal p. m. Vincenzo Calia, e le propalazioni di diversi collaboratori di giustizia hanno motivato l'apertura, nel 2001, di una terza inchiesta giudiziaria, conclusasi con un processo durato dal 2006 al 2015 che vedeva come unico imputato il boss mafioso [[Totò Riina]]. Nonostante la mancata incriminazione del sen. [[Graziano Verzotto]], deceduto (12 giugno 2010) quando ne avevano "disposto un nuovo esame" per "quello che avrebbe dovuto essere un ''redde rationem''", cioè "l'occasione per verificare, con più mirate contestazioni", i "tanti elementi emersi a suo carico"<ref>Motivazioni della sentenza 10 giugno 2011, cit. pp. 2056-2057</ref> e l'assoluzione di [[Totò Riina]] dall'accusadall’accusa di aver ordinato l'assassiniol’assassinio di De Mauro per "incompletezza della prova", la sentenza emessa il 10 giugno 2011 dai giudici della terza sezione della corteCorte d'assiseAssise di Palermo ha prodotto una ricostruzione degli eventi di grande utilità per gli storici.
La mancata sconfessione della stessa da parte dei giudici di secondo e terzo grado — che nelle sentenze del 27 gennaio 2014 e del 4 giugno 2015 l'hanno qualificata come "altamente probabile" o "verosimile" — l'archiviazione della denuncia-querela e dell'esposto al Consiglio superioreSuperiore della magistraturaMagistratura presentati dall'avv. Luigi Verzotto, fratello di Graziano, e il reticolo di indizi e riscontri esibiti dalla ricerca storica suonano autorevole conferma delle dinamiche evocate dai collaboratori di giustizia e delle responsabilità ipotizzate dai magistrati di primo grado.
== Riconoscimenti ==
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