Max Scheler: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
ortografia
m WPCleaner v2.05 - Disambigua corretto un collegamento - Amare / Fixed using WP:WPCleaner (Errori comuni)
Riga 16:
 
== Biografia ==
Scheler fu, assieme a [[Edmund Husserl|Husserl]], uno dei maggiori esponenti della [[fenomenologia]] tedesca. Per volere della madre ricevette una rigida formazione religiosa di stampo [[ebraismo|ebraico]], che abbandonò a 25 anni in seguito alla conversione al [[cattolicesimo]], dal quale a sua volta prese le distanze nell'ultima fase della sua vita. Fin da giovane si appassionò alla lettura di [[Nietzsche]] e di [[Bergson]], che assieme a [[Franz Brentano]] esercitarono un influsso decisivo sul suo pensiero. Studiò medicina a [[Monaco di Baviera|Monaco]] e successivamente filosofia e sociologia a [[Berlino]] con Wilhelm [[Dilthey]], Carl Stumpf e [[Georg Simmel]]. A [[Jena]] venne a contatto con il [[Neokantismo]] (soprattutto nelle sue dottrine etiche ed epistemologiche) e nel 1897 completò il dottorato sotto la guida di [[Rudolf Eucken]] con una tesi su "Contributi sulla constatazione delle relazioni tra i principi logici ed etici" (''Beiträge zur Feststellung der Beziehungen zwischen den logischen und ethischen Prinzipien''). Nel 1899 ottenne l'abilitazione con una tesi su "Il metodo trascendentale e il metodo psicologico" (''Die transzendentale und die psychologische Methode''). Fra il 1900 e il 1913 si avvicinò alla fenomenologia di [[Edmund Husserl]], pur continuando a considerarsi un allievo di Brentano. Dal 1913 (uscita del primo volume del ''Formalismus'') fino al 1927 (uscita di ''[[Essere e Tempo]]'' di [[Heidegger]]) fu considerato il maggior filosofo tedesco per le sue analisi sulla persona e sulla sfera affettiva (il fenomeno del [[risentimento]], del [[pudore]], della [[simpatia]], dell'[[amare]] e dell'[[Odio (sentimento)|odiare]], dell'[[umiltà]], della [[meraviglia]], della [[sofferenza]], dell'[[angoscia]] della [[morte]]) in cui sviluppa e rivede molte tematiche nietzscheane con una sensibilità profondamente ispirata dal cristianesimo (per questo fu soprannominato da [[Ernst Troeltsch]] il "Nietzsche cattolico"). Nell'autunno del 1914 abbandonò l'iniziale entusiasmo con cui aveva accolto la notizia dell'entrata in guerra della [[Germania]] e cominciò a criticare il militarismo tedesco. Nel primo dopoguerra divenne uno dei più importanti punti di riferimento del mondo culturale cattolico tedesco anche grazie all'uscita di "L'eterno nell'uomo". Nel 1923 si allontanò dalla chiesa cattolica, anche se rimase legato ai temi fondamentali del cattolicesimo e continuò a porre al centro dei suoi scritti il problema di Dio e del sacro, contrapponendosi sia al processo di desacralizzazione del mondo e alle varie forme di relativismo sia al dogmatismo etico. Morì prematuramente nel 1928 a 53 anni. Il suo primogenito Wolfgang Heinrich Scheler fu ucciso dai nazisti alla fine degli [[anni trenta1930]] nel Lager di [[Oranienburg]] come "materiale umano inferiore".<ref>Cfr. M. Mader, ''Scheler'', Hamburg 1980, pag. 140.</ref>
 
==Pensiero==
Riga 24:
 
===Persona e diritto===
Un problema molto controverso è quello del rapporto fra persona e diritto in Scheler.<ref>M. A. Marquez, ''Derecho y valor'', Madrid 2004</ref> Scheler svolge analisi molto dettagliate su come nelle diverse società e epoche storiche sia stato diversamente considerato l'omicidio. La variazione dell'ethos e la diversità delle varie culture non permettono di far riferimento a un'idea univoca di persona partendo dal diritto vigente (proprio questi motivi avevano indotto Scheler a fondare la persona ontologicamente). Nel ''Formalismo'' Scheler nota che il diritto storicamente non ha considerato come omicidio l'uccisione di chi in quel momento non veniva riconosciuto socialmente come persona (schiavi, donne, malati mentali, stranieri, popolazioni nemiche, ecc.), ma l'essere persona è inoggettivabile. Per questo motivo sfugge ai confini che il diritto ha, di volta in volta, storicamente tracciato fra persona e non persona a seconda delle più disparate esigenze, per cui questo confine è inutilizzabile: non si può far coincidere la persona con quello che il diritto definisce un individuo responsabile e quindi imputabile. Secondo Scheler anche i malati mentali e i bambini sono persone, pur non essendo per il diritto responsabili penalmente delle loro azioni: persona rimane anche un individuo che entra in coma. In questi casi «si può solo affermare che la malattia rende completamente invisibile la personalità e che non è pertanto possibile alcun giudizio su di essa» (''Formalismo'', tr. it. 594).
 
=== Il valore e la gerarchia dei valori ===
Premettendo al volere la ''materia'' dei valori e indagando le componenti emozionali della vita morale, Scheler ha inteso operare una revisione critica del formalismo e dell'intellettualismo dell'etica di Immanuel Kant, di cui peraltro egli accetta l'apriorismo anti psicologistico e anti utilitaristico; infatti, il coglimento del valore non è il contagio affettivo dei comportamenti gregari, ma l'atteggiamento simpatetico, in cui la presenza del valore unisce le persone senza abolire la loro distanza.
Secondo Scheler non è (come in Kant) la volontà buona (la purezza dell'intenzione) che definisce il valore, ma al contrario l'altezza del valore scelto che qualifica l'intenzione. Le classi di valore sono ordinate secondo una gerarchia non convenzionale:1) i valori sensibili, 2) i valori vitali, 3) i valori spirituali e 4) i valori del sacro. A questi valori corrisponde un graduale incremento oggettivo dell'apertura, che porta, dalla chiusura ambientale, all'apertura al mondo (''Weltoffenheit''), in un processo esoterico, la cui espressione massima è raggiungibile attraverso il valore del sacro. Di particolare importanza sono i valori vitali: l'avere preso in grande considerazione i valori vitali, procurò a Scheler il celebre appellativo di"Nietzsche cristiano".
Ritornando al concetto di valore, con questo Scheler intende qualcosa di diverso da bene e fine; infatti bene è una cosa che incorpora un valore, ma non lo esaurisce, in quanto il valore è trascendente. Il fine è poi il termine di un'aspirazione che può avere (o non avere) valore. Da ciò si desuma la distanza che separa l'etica di Scheler dall'etica scolastica, in particolar modo tomista, ripresa in Italia, nel '900, dal Neotomismo di Olgiati, Vanni-Rovighi e Bontadini.
Inoltre il valore, come è inteso da Scheler, è anche profondamente diverso da ciò che, come valore, è criticato da [[Heidegger]] e [[Carl Schmitt|Schmitt]]: quando Scheler definisce il valore come protofenomeno (''Urphänomen'') esclude che il valore possa essere ridotto a un attributo o una qualità del fenomeno dato. Se è protofenomeno, è qualcosa che rende possibile il fenomeno stesso. La proprietà del valore non è nell'essere una qualità, ma nel permettere al fenomeno di venire alla luce: per questo il valore è il "primo messaggero dell'oggetto". In questo senso va completamente reinterpretato anche il concetto di gerarchia dei valori: le classi dei valori rappresentano altrettanti gradi di apertura al mondo. In questa direzione il valore, più che una qualità, è un "diaframma esistenziale" capace di regolare l'apertura al mondo.<ref>G. Cusinato, ''Katharsis'', Napoli 1999, 235-259: Id., ''Orientamento al bene e trascendenza dal sé. Il problema dell'oggettività dei valori in Max Scheler'', in: «Verifiche», 2012, 39-63.</ref>.
 
Riga 46:
 
===L'ultima fase: la tesi delle ''ideae cum rebus'' e del Dio in divenire===
L'interpretazione relativa ai valori è molto controversa. Da un lato si insiste su un intuizionismo dogmatico di un mondo di valori statici<ref>In questa direzione A. Escher di Stefano afferma che Scheler «intende fondare e celebrare un'intelligibile, eterna realtà come sede di valori immutabili, il cui supporto è il cosmo metafisico e il cui metodo è quello realistico-dogmatico» (''Il coraggio della verità'', Napoli 1991, p. 168).</ref>. Dall'altro si è messo in luce come questo non sia vero neppure per il periodo intermedio, dove sarebbe più corretto parlare di "prospettivismo" e che in ogni caso nel tardo Scheler la tesi del prospettivismo viene radicalizzata nel contesto della tesi delle ''ideae cum rebus'' e dell'impotenza dello spirito: non si tratta solo di una funzionalizzazione e di un divenire della conoscenza umana, ma di un divenire della realtà stessa, in questo senso non esiste un mondo delle idee antecedente il divenire del mondo, ma quelle che venivano chiamate ''ideae ante res'' prendono forma ''cum rebus'', solo nel e attraverso il divenire del mondo<ref>Sulla teoria delle ''ideae cum rebus'' cfr. in particolare G. Cusinato, ''Katharsis'', op. cit., 325-345.</ref>. Non esiste di conseguenza nessuna forma di teleologia o di finalismo, ma solo un processo aperto in senso ''teleocline''. Negli scritti postumi pubblicati nel volume XI delle sue opere in tedesco Scheler afferma: «Von Teleologie und Plan ist gar keine Rede» (Scheler GW XI, 211). Si tratta di una brusca rottura nei confronti del periodo intermedio che trova espressione nella tesi del Dio in divenire. Da cosa venne causata? A partire dal 1923 Scheler si dimostrò molto colpito dal libro di [[Adolf von Harnack]] su [[Marcione]] e dallo ''Scritto sulla libertà'' di [[Schelling]]. Nella seconda edizione di ''Essenza e forme della simpatia'' (1923) vengono aggiunte alcune pagine particolarmente significative su San Francesco, considerato come il vero punto di svolta del cristianesimo nei confronti di Marcione a favore di una riabilitazione della natura e di un nuovo equilibrio fra eros e agape (in una direzione simile a quella recentemente proposta da Marion). È su queste basi che Scheler sviluppa, in alternativa all'ateismo postulatorio di [[Nicolai Hartmann]], la tesi di un "Dio in divenire": un Dio che mantiene una dimensione assolutamente trascendente (''Deus absconditus''), ma che contemporaneamente si manifesta nel mondo spingendo a solidarizzare con il sofferente, l'escluso, l'emarginato. Un Dio tragico, che nel contatto con la finitezza non ammutolisce tutti gli interrogativi e non neutralizza all'istante tutte le sofferenze, ma tuttavia rende possibile il superamento del male nel mondo: Dio si manifesta empiricamente in ogni tentativo di superare il male, è questo superamento stesso. In ciò consiste il pan-enteismo (da non confondere con "panteismo") di Scheler, che fu influenzato indubbiamente più da Bergson che da Hegel (come invece ritiene [[Abbagnano]]): in particolare fu in questo senso importante "L'Evoluzione Creatrice" che Bergson pubblicò nel 1907. Dal punto di vista della tesi del Dio diveniente, che rinuncia all'onnipotenza tecnologica della prima creazione per esplicitarsi come esemplarità che apre le porte alla seconda creazione, il problema della teodicea, "''si Deus est unde malum?"'', va rovesciato in: "non esiste solo il male, dunque Dio esiste".<ref>Sugli influssi di Schelling, Harnack, Hartmann e in particolare sulla rilevanza delle pagine di Scheler su San Francesco ha richiamato l'attenzione G. Cusinato, ''Scheler. Il Dio in divenire'', Padova 2002, pp. 137-147.</ref>
 
Dal 1924 si dedicò inoltre alla fondazione della Sociologia del sapere (''Wissenssoziologie'') conosciuta anche come "Sociologia della conoscenza". Sempre in quegli anni incominciò a precisare anche il progetto di un'antropologia filosofica, i cui tratti essenziali sono consegnati alla celebre conferenza del 1927 pubblicata poi in forma separata nel 1928 con il titolo ''La posizione dell'uomo nel cosmo'' (opera che Maria Zambrano ebbe a definire "immortale") e dal saggio sull{{'}}''Ausgleich'', in cui definisce in termini di globalizzazione la nuova era dell'umanità. Il principale problema della nuova era della globalizzazione è l'individuazione di un'orientatività rettificante come antidoto all'altrimenti inevitabile processo di livellamento e neutralizzazione delle differenze. La nuova concezione dell'uomo all'altezza della nuova era dello ''Ausgleich'' è, in opposizione all'''Übermensch'' di Nietzsche, quella di ''Allmensch'' o ''uomo-globale''.
Riga 58:
''«In epoca moderna la teoria classica dell'uomo ha trovato la sua forma più efficace nella dottrina di Descartes, una dottrina che a dire il vero solo recentemente ci siamo impegnati a demolire completamente. Dividendo tutte le sostanze in "pensanti" ed "estese" Descartes ha introdotto nella coscienza occidentale una fitta schiera di errori, del tipo più grave, relativamente alla natura umana. […] Oggi possiamo affermare che il problema del rapporto fra anima e corpo-vivente, che per così tanti secoli non ci ha dato tregua, ha perso per noi la sua importanza metafisica. I filosofi, i medici, gli scienziati che si occupano di questa questione convergono sempre di più verso una visione fondamentale unitaria. [...] Fondamentalmente falsa risulta anche la tesi di Descartes secondo cui lo psichico coincide con la "coscienza" e risulta connesso esclusivamente alla corteccia cerebrale. […] È tutto il corpo-vivente che oggi torna prepotentemente a essere quel campo fisiologico parallelo dei fenomeni psichici, che finora era stato limitato al cervello. Oggi non si può più parlare seriamente di una connessione esterna fra una sostanza psichica e una sostanza corporea così come era stato ipotizzato da Descartes. Si tratta al contrario di un'unica e medesima vita che nel suo "esser-interno" assume la forma dello psichico e nel suo esser-in-relazione-all'altro assume la forma del corpo-vivente. […] Opponendoci nella maniera più risoluta a tutte queste teorie noi affermiamo che il processo vitale fisiologico e psichico risultano rigorosamente identici da un punto di vista ontologico'''»'''''<small>'''''<ref>Max Scheler, ''La posizione dell'uomo nel cosmo'', Milano 2004 (II edizione), 159-160.</ref>.'''''</small>
 
Nonostante queste affermazioni esplicite di Scheler, il fraintendimento che riconduce Scheler al dualismo cartesiano, confondendo di fatto Scheler con Klages, ebbe vasta diffusione, <ref>In Italia tale fraintendimento è riproposto in particolare da F. Bosio, che ha definito il rapporto fra spirito e vita in Scheler nei termini di un "dualismo addirittura ontologico" (F. Bosio, ''L'idea dell'uomo e la filosofia nel pensiero di Scheler'', Roma 1976, p. 272) e da M.T. Pansera, che ha riletto tutta l'opera di Scheler all'insegna del dualismo cartesiano, a cui contrappone Plessner in quanto «a differenza di quella scheleriana, la prospettiva filosofica di Plessner rifiuta qualsiasi conclusione dualistica che opponga spirito e vita, anima e corpo, ''res cogitans'' e ''res extensa''» (M. T. Pansera, ''Antropologia filosofica'', Milano 2007, p. 20).</ref> Il dualismo si sarebbe inoltre accentuato nell'ultimo periodo in seguito all'allontanamento dal cattolicesimo fino a sfociare in un "dualismo panteista".<ref>Questa tesi è stata recentemente ripresa da S. Sánchez-Migallón, ''La persona humana y su formación en Max Scheler'', Eunsa, Pamplona 2006.</ref> Questo canone interpretativo è stato messo in discussione solo a metà degli anni Novanta <ref>Cfr. in particolare G. Cusinato, ''La tesi dell'impotenza dello spirito e il problema del dualismo nell'ultimo Scheler'', in: «Verifiche», XXIV 1995, pp. 65-100</ref>. Come nota Cusinato, la questione decisiva è che dopo il 1923, il termine spirito (''Geist'') e persona non coincidono più. E'È questo il punto su cui cadono quasi tutti gli interpreti dell'ultimo Scheler. Di conseguenza è del tutto errata anche l'interpretazione che deduce dalla tesi dell'impotenza dello spirito la tesi di un'impotenza della persona o di Dio. Dopo il 1923 la persona diventa infatti un centro reale dotato di forza, che inaugura un inizio ex-centrico rispetto alla chiusura ambientale: diventa l'essere capace di ''Weltoffenheit'', al centro dell'antropologia filosofica.<ref> Ibid.</ref>
 
In questo nuovo contesto l'opposizione diventa semmai quella fra vita e intelletto: «non lo spirito, ma solo l'intelletto ipersublimato, che Klages confonde con lo spirito, è in un certo senso ostile alla vita»<ref>Max Scheler, GW IX, p. 150</ref>. Lo spirito invece diventa completamente ''impotente'': «per sua natura e fin dall'inizio lo spirito non possiede alcuna energia propria»<ref>Max Scheler, ''La posizione dell'uomo'', cit., p. 152</ref>. A proposito del dualismo cartesiano Cusinato si chiede: con quali forze uno spirito originariamente impotente si potrebbe contrapporre dualisticamente alla vita? La soluzione consisterebbe in una rilettura del rapporto fra spirito (''Geist'') e impulso vitale (''Drang'') nel senso di una progressiva ''compenetrazione'' (il termine centrale per comprendere l'ultima fase del pensiero di Scheler non sarebbe dunque quello di "dualismo" ma di ''Durchdringung'') a livelli sempre più complessi. Tuttavia, finché incentrata su di un concetto astratto di spirito, questa prospettiva non viene a capo di numerose ambiguità e aporie. Per questo Cusinato propone di rileggere tutto l'ultimo periodo non nella visuale dell'astratta metafisica del ''Geist'', ma nel senso di una filosofia della ''Bildung'' della persona e delle pratiche di condivisione emozionale (''emotional sharing'')<ref name="ReferenceA">G. Cusinato, ''Anthropogenese. Hunger nach Geburt und Sharing der Gefühle aus Max Schelers Perspektive'', «Thaumàzein», 2015, 29-82.[http://rivista.thaumazein.it/index.php?journal=thaum&page=article&op=view&path%5B%5D=38&path%5B%5D=43]</ref>
Riga 72:
 
===L'influsso di Scheler sulla psicopatologia fenomenologica===
Ancora poco noto è l'influsso di Scheler sulla psicopatologia fenomenologica.<ref> Su Scheler e la psicopatologia cfr. {{Cita libro|autore = G. Cusinato, ''Biosemiotica e psicopatologia dell'ordo amoris. In dialogo con Max Scheler'', FrancoAngeli, Milano 2018}};</ref> Eppure Kurt Schneider conseguì nel 1922 un dottorato sotto la guida di Max Scheler e applicò la sua teoria della stratificazione emozionale alla classificazione delle psicopatologie, in particolare della malinconia,<ref> Su Scheler e Schneider cfr. in particolare {{Cita libro|autore = R. Glazinski,|titolo = Zur Philosophie und Psychopathologie der Gefühle bei Max Scheler und Kurt Schneider : systematische und historische Überlegungen|anno = 1997|editore = |città = }}; Krahl A./ M. Schifferdecker, ''Max Scheler and Kurt Schneider. Scientific influence and personal relationship'', "Fortschriftte der Neurologie-Psychiatrie", 1998, 66, pp. 94–100.</ref> ma un profondo influsso è individuabile anche in W. Stern, P. Schilder, von Gebsattel, V. von Weizsäcker, V. Frankl<ref>{{Cita pubblicazione|autore = M. Arndt,|titolo = Max Scheler und der seelenkundliche Diskurs der 20er Jahre, in: https://www.psycharchives.org/handle/20.500.12034/207}}</ref> e inoltre in [[Erwin Straus]] ed [[Eugène Minkowski]].<ref>{{Cita libro|autore = Herbert Spiegelberg|titolo = Phenomenology in Psychology and Psychiatry: A Historical Introduction|anno = |editore = |città = |p = 236}}</ref> Degno di nota è che uno dei maggiori esperti attuali di schizofrenia, lo psichiatra inglese John Cutting, veda proprio in Scheler il miglior punto di riferimento filosofico per l'analisi di questa patologia.<ref>Cfr. J. Cutting, ''Scheler, Phenomenology, and Psychopathology, in: "''Philosophy, Psychiatry, & Psychology", Volume 16, Number 2, June 2009, pp. 143-159; L. Sass, ''On Scheler and Psychiatry,'' in: "Philosophy, Psychiatry, & Psychology", Volume 16, Number 2, June 2009, pp- 171-174. Cfr. anche la recente traduzione italiana di Norbert Andersch e John Cutting, ''Schizofrenia e malinconia. Implicazioni psicopatologiche e filosofiche'', Giovanni Fioriti Editore 2013.</ref> Nella psichiatria italiana influssi del suo pensiero sono rintracciabili ad esempio in Giovanni Enrico Morselli e [[Eugenio Borgna]], che a proposito della situazione attuale della psichiatria così si esprime:
 
''"una indagine descrittiva degli stati depressivi si è ormai inaridita; mentre riannodare la psicopatologia dell'espereinza malinconica alla fenomenologia scheleriana ci sembra orizzonte teleologico di una qualche rilevanza e di una qualche attualità. La fenomenologia scheleriana della vita emozionale ancor oggi consente di ricondurre i diversi aspetti clinici della malinconia in un orizzonte di significato psicologicamente unitario [...] la fenomenologia scheleriana è venuta collocandosi nello sfondo della mediazione schneideriana [...] che solo negli ultimi scritti si è incrinata in senso quasi daseinanalitico, e dall'altro nella fenomenologia scheleriana ritroviamo una fondazione teoretica e una rigorosa articolazione di alcune fondamentali strutture psicopatologico-cliniche che l'indagine descrittiva è andata individuando nel circolo delle malinconie. Del resto alla dottrina scheleriana è largamente ancorata, nelle sue linee generali, la riflessione di Erwin Straus, e a essa si richiamano Lòpez Ibor, Schulte e Wyrsch''"<ref>E. Borgna, ''Fenomenologia scheleriana e psicopatologia degli strati depressivi'', in: Id., ''Nei luoghi perduti della follia'', Milano 2008, 245-246. Sembre Borgna osserva: "''Nel 1965/66 uscirono alcuni lavori di Morselli e miei in contrapposizione alla linea fenomenologico-esistenziale sostenuta da Cargnello, da Callieri e da Bovi. In questi lavori avevo cercato di attribuire un maggiore spessore metodologico a quello che Morselli aveva scritto fondandosi esclusivamente sulla sua intuizione, sulla lettura di Scheler e di Minkowski"''{{Cita web|url = http://www.humantrainer.com/articoli/borgna-psichiatria-fenomenologia.html|titolo = Eugenio Borgna tra Psichiatria e Fenomenologia}}</ref>
Riga 82:
 
=== Il rimaneggiamento del testo ''La posizione dell'uomo nel cosmo'' nel 1947 e il ritorno all'edizione originale del 1928 ===
Di particolare interesse è la storia dell'edizione del testo ''La posizione dell'uomo nel cosmo''. Originariamente era il testo di una conferenza tenuta da Scheler all'inizio del 1927 e pubblicata in una rivista nell'estate di quell'anno. Successivamente Scheler riprese il testo della conferenza, gli aggiunse tre pagine di ''Prefazione'' nell'Aprile del 1928, e inviò il testo alla casa editrice, senza modificarlo. Il testo uscì così come libro nel 1928, pochi giorni prima della morte di Scheler. A causa del nazismo, il testo non poté essere ristampato, come tutte le altre opere di Scheler, in quanto filosofo di madre ebrea. Quando fu finalmente possibile ripubblicarlo, nel 1947, la moglie di Scheler decise di rivedere il testo. Il problema è che non si limitò a semplici correzioni stilistiche, ma a un vero e proprio rimaneggiamento del testo: aggiunse diverse pagine, con il risultato che il testo venne accresciuto di circa il 10%. Tali aggiunte non sono riconducibili a nessun manoscritto inedito di Scheler, ma sono da ascrivere esclusivamente alla moglie di Scheler. In queste modifiche e aggiunte la moglie di Scheler accentuò la contrapposizione dualistica fra ''Geist'' e ''Drang'': è significativo che diversi passi, solitamente citati a sostegno delle interpretazioni dualiste di Scheler, in realtà non esistevano nell'edizione del 1928 scritta da Scheler, ma sono stati aggiunti di proprio pugno dalla moglie nel 1947. Il testo rimaneggiato nel 1947 venne poi ripreso nell'edizione delle opere in tedesco (''Gesammelte Werke'') curata dalla moglie, Maria Scheler, e poi da Manfred Frings. La conseguenza è che il testo che attualmente conosciamo, anche nell'edizione tedesca, propriamente non è un testo di Scheler, ma il testo rimaneggiato dalla moglie. L'unica traduzione in italiano del testo di Scheler, quello del 1928, è uscita nel 2000 a cura di Guido Cusinato[https://books.google.it/books?id=fZlVe1GMwkQC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false]. L'edizione del 1928 è stata infine riedita anche in lingua tedesca, in una edizione critica, nel 2018 presso la Meiner Verlag a curata di Wolfhart Henckmann.<ref>[https://meiner.de/die-stellung-des-menschen-im-kosmos-9955.html Max Scheler, ''Die Stellung des Menschen im Kosmos''] </ref>
 
==Opere e bibliografia==
Riga 116:
 
===Bibliografia===
* L. Allodi, "Alfred Schütz e l'ombra di Scheler su di noi", saggio introduttivo a: A. Schütz, ''Max Scheler. Epistemologia, etica, intersoggettività'', Morcelliana, 2015, pp.&nbsp;9–97.
* M. Amori, Forme dell'esperienza e persona. La filosofia di Max Scheler dai primi scritti al ''Formalismus'', Catanzaro 2010.
* E. Borgna, ''Fenomenologia scheleriana e psicopatologia degli strati depressivi'', in: Id., ''Nei luoghi perduti della follia'', Milano 2008, 245-260.
* M. Barber, ''Guardian of Dialogue: Max Scheler's Phenomenology, Sociology of Knowledge, and Philosophy of Love'', Bucknell University Press, Lewisburg 1993.
* S. Besoli e G. Mancuso (a cura di), ''Un sistema, mai concluso, che cresce con la vita: studi sulla filosofia di Max Scheler'', Macerata, Quodlibet 2010.
* Giulia Brunetti, ''Dall'Io al Sé attraverso l'altro. Edith Stein e Max Scheler a confronto'', Perugia, Morlacchi, 2020, {{ISBN|978-88-9392-165-7}}
* G. Cusinato, ''Katharsis. La morte dell'ego e il divino come apertura al mondo nella prospettiva di Max Scheler'', (con una Prefazione di Manfred Frings), Napoli 1999.
Riga 152:
*G. Mancuso, ''Il giovane Scheler'', Milano 2007.
* M. A. Marquez, ''Derecho y valor'', Madrid 2004.
*R. Racinaro, ''Il futuro della memoria. filosofiaFilosofia e mondo storico fra Hegel e Scheler'', Napoli 1985.
*E. W Ranly, ''Scheler's Phenomenology of Community'', L'Aia 1966.
*E. Rothacker, ''Schelers Durchbruch in die Wirklichkeit'', Bonn 1949.
Riga 162:
*E. Simonotti, ''Max Scheler. Universalismo e verità universale'', Brescia 2011.
* Id., ''La Svolta antropologica. Scheler interprete di Nietzsche'', Pisa, Ets, 2006.
*P. H. Spader, ''Scheler's Ethical Personalism: Its Logic, Development, and Promise,'' New York 2002.
*F. Toccafondi, ''Max Scheler: l'ambiente, gli altri, i valori'', Mimesis, Milano-Trieste 2023.
*A. Tumminelli, ''Max Scheler sull'amore. Tra fenomenologia e'' Lebensphilosophie, Napoli-Salerno, Orthotes, 2018.