Max Scheler: differenze tra le versioni
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Fu, assieme a [[Edmund Husserl|Husserl]], uno dei maggiori esponenti della [[fenomenologia]] tedesca.
== Biografia ==
Per volere della madre, Max Scheler ricevette una rigida formazione religiosa [[ebraismo|ebraica]], che abbandonò a 25 anni in seguito alla conversione al [[cattolicesimo]], dal quale a sua volta prese le distanze nell'ultima fase della sua vita.
Fin da giovane si appassionò alla lettura di [[Friedrich Nietzsche|Nietzsche]] e di [[Henri Bergson|Bergson]], che assieme a [[Franz Brentano]] esercitarono un influsso decisivo sul suo pensiero. Studiò medicina a [[Monaco di Baviera|Monaco]] e successivamente filosofia e sociologia a [[Berlino]] con [[Wilhelm Dilthey]], [[Carl Stumpf]] e [[Georg Simmel]]. A [[Jena]] venne a contatto con il [[Neokantismo]] (soprattutto nelle sue dottrine etiche ed epistemologiche) e nel 1897 completò il dottorato sotto la guida di [[Rudolf Christoph Eucken|Rudolf Eucken]] con una tesi su "Contributi sulla constatazione delle relazioni tra i principi logici ed etici" (''Beiträge zur Feststellung der Beziehungen zwischen den logischen und ethischen Prinzipien''). Nel 1899 ottenne l'abilitazione con una tesi su "Il metodo trascendentale e il metodo psicologico" (''Die transzendentale und die psychologische Methode'').
Fra il 1900 e il 1913 si avvicinò alla fenomenologia di [[Edmund Husserl]], pur continuando a considerarsi un allievo di Brentano. Dal 1913 (uscita del primo volume del ''Formalismus'') fino al 1927 (uscita di ''[[Essere e tempo|Essere e Tempo]]'' di [[Martin Heidegger|Heidegger]]) fu considerato il maggior filosofo tedesco per le sue analisi sulla persona e sulla sfera affettiva (il fenomeno del risentimento, del pudore, della simpatia, dell'amare e dell'odiare, dell'umiltà, della [[meraviglia]], della sofferenza, dell'angoscia della morte) in cui sviluppa e rivede molte tematiche nietzscheane con una sensibilità profondamente ispirata dal cristianesimo (per questo fu soprannominato da [[Ernst Troeltsch]] il "Nietzsche cattolico").
Nell'autunno del 1914 abbandonò l'iniziale entusiasmo con cui aveva accolto la notizia dell'entrata in guerra della [[Germania]] e cominciò a criticare il militarismo tedesco.
Nel primo dopoguerra divenne uno dei più importanti punti di riferimento del mondo culturale cattolico tedesco anche grazie all'uscita di "L'eterno nell'uomo". Nel 1923 si allontanò dalla chiesa cattolica, anche se rimase legato ai temi fondamentali del cattolicesimo e continuò a porre al centro dei suoi scritti il problema di Dio e del sacro, contrapponendosi sia al processo di desacralizzazione del mondo e alle varie forme di relativismo sia al dogmatismo etico.
Morì prematuramente nel 1928 a 53 anni. Il suo primogenito Wolfgang Heinrich Scheler fu ucciso dai nazisti alla fine degli [[anni 1930]] nel [[campo di concentramento di Oranienburg]] come "materiale umano inferiore".<ref>Cfr. M. Mader, ''Scheler'', Hamburg 1980, pag. 140.</ref>
==Pensiero==
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=== Il valore e la gerarchia dei valori ===
Premettendo al volere la ''materia'' dei valori e indagando le componenti emozionali della vita morale, Scheler ha inteso operare una revisione critica del formalismo e dell'intellettualismo dell'etica di Immanuel Kant, di cui peraltro egli accetta l'apriorismo anti psicologistico e anti utilitaristico; infatti, il coglimento del valore non è il contagio affettivo dei comportamenti gregari, ma l'atteggiamento simpatetico, in cui la presenza del valore unisce le persone senza abolire la loro distanza.
Secondo Scheler non è (come in Kant) la volontà buona (la purezza dell'intenzione) che definisce il valore, ma al contrario l'altezza del valore scelto che qualifica l'intenzione. Le classi di valore sono ordinate secondo una gerarchia non convenzionale:1) i valori sensibili, 2) i valori vitali, 3) i valori spirituali e 4) i valori del sacro. A questi valori corrisponde un graduale incremento oggettivo dell'apertura, che porta, dalla chiusura ambientale, all'apertura al mondo (''Weltoffenheit''), in un processo esoterico, la cui espressione massima è raggiungibile attraverso il valore del sacro. Di particolare importanza sono i valori vitali: l'avere preso in grande considerazione i valori vitali, procurò a Scheler il celebre appellativo di"Nietzsche cristiano".
Ritornando al concetto di valore, con questo Scheler intende qualcosa di diverso da bene e fine; infatti bene è una cosa che incorpora un valore, ma non lo esaurisce, in quanto il valore è trascendente. Il fine è poi il termine di un'aspirazione che può avere (o non avere) valore. Da ciò si desuma la distanza che separa l'etica di Scheler dall'etica scolastica, in particolar modo tomista, ripresa in Italia, nel '900, dal Neotomismo di Olgiati, Vanni-Rovighi e Bontadini.
Inoltre il valore, come è inteso da Scheler, è anche profondamente diverso da ciò che, come valore, è criticato da [[Martin Heidegger|Heidegger]] e [[Carl Schmitt|Schmitt]]: quando Scheler definisce il valore come protofenomeno (''Urphänomen'') esclude che il valore possa essere ridotto a un attributo o una qualità del fenomeno dato. Se è protofenomeno, è qualcosa che rende possibile il fenomeno stesso. La proprietà del valore non è nell'essere una qualità, ma nel permettere al fenomeno di venire alla luce: per questo il valore è il "primo messaggero dell'oggetto". In questo senso va completamente reinterpretato anche il concetto di gerarchia dei valori: le classi dei valori rappresentano altrettanti gradi di apertura al mondo. In questa direzione il valore, più che una qualità, è un "diaframma esistenziale" capace di regolare l'apertura al mondo.<ref>G. Cusinato, ''Katharsis'', Napoli 1999, 235-259: Id., ''Orientamento al bene e trascendenza dal sé. Il problema dell'oggettività dei valori in Max Scheler'', in: «Verifiche», 2012, 39-63.</ref>.
=== I limiti della critica di Schmitt al concetto di valore ===
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===L'ultima fase: la tesi delle ''ideae cum rebus'' e del Dio in divenire===
L'interpretazione relativa ai valori è molto controversa. Da un lato si insiste su un intuizionismo dogmatico di un mondo di valori statici<ref>In questa direzione A. Escher di Stefano afferma che Scheler «intende fondare e celebrare un'intelligibile, eterna realtà come sede di valori immutabili, il cui supporto è il cosmo metafisico e il cui metodo è quello realistico-dogmatico» (''Il coraggio della verità'', Napoli 1991, p. 168).</ref>. Dall'altro si è messo in luce come questo non sia vero neppure per il periodo intermedio, dove sarebbe più corretto parlare di "prospettivismo" e che in ogni caso nel tardo Scheler la tesi del prospettivismo viene radicalizzata nel contesto della tesi delle ''ideae cum rebus'' e dell'impotenza dello spirito: non si tratta solo di una funzionalizzazione e di un divenire della conoscenza umana, ma di un divenire della realtà stessa, in questo senso non esiste un mondo delle idee antecedente il divenire del mondo, ma quelle che venivano chiamate ''ideae ante res'' prendono forma ''cum rebus'', solo nel e attraverso il divenire del mondo<ref>Sulla teoria delle ''ideae cum rebus'' cfr. in particolare G. Cusinato, ''Katharsis'', op. cit., 325-345.</ref>. Non esiste di conseguenza nessuna forma di teleologia o di finalismo, ma solo un processo aperto in senso ''teleocline''. Negli scritti postumi pubblicati nel volume XI delle sue opere in tedesco Scheler afferma: «Von Teleologie und Plan ist gar keine Rede» (Scheler GW XI, 211). Si tratta di una brusca rottura nei confronti del periodo intermedio che trova espressione nella tesi del Dio in divenire. Da cosa venne causata? A partire dal 1923 Scheler si dimostrò molto colpito dal libro di [[Adolf von Harnack]] su [[Marcione]] e dallo ''Scritto sulla libertà'' di [[Schelling]]. Nella seconda edizione di ''Essenza e forme della simpatia'' (1923) vengono aggiunte alcune pagine particolarmente significative su San Francesco, considerato come il vero punto di svolta del cristianesimo nei confronti di Marcione a favore di una riabilitazione della natura e di un nuovo equilibrio fra eros e agape (in una direzione simile a quella recentemente proposta da Marion). È su queste basi che Scheler sviluppa, in alternativa all'ateismo postulatorio di [[Nicolai Hartmann]], la tesi di un "Dio in divenire": un Dio che mantiene una dimensione assolutamente trascendente (''Deus absconditus''), ma che contemporaneamente si manifesta nel mondo spingendo a solidarizzare con il sofferente, l'escluso, l'emarginato. Un Dio tragico, che nel contatto con la finitezza non ammutolisce tutti gli interrogativi e non neutralizza all'istante tutte le sofferenze, ma tuttavia rende possibile il superamento del male nel mondo: Dio si manifesta empiricamente in ogni tentativo di superare il male, è questo superamento stesso. In ciò consiste il pan-enteismo (da non confondere con "panteismo") di Scheler, che fu influenzato indubbiamente più da Bergson che da Hegel (come invece ritiene [[Nicola Abbagnano|Abbagnano]]): in particolare fu in questo senso importante "L'Evoluzione Creatrice" che Bergson pubblicò nel 1907. Dal punto di vista della tesi del Dio diveniente, che rinuncia all'onnipotenza tecnologica della prima creazione per esplicitarsi come esemplarità che apre le porte alla seconda creazione, il problema della teodicea, "''si Deus est unde malum?"'', va rovesciato in: "non esiste solo il male, dunque Dio esiste".<ref>Sugli influssi di Schelling, Harnack, Hartmann e in particolare sulla rilevanza delle pagine di Scheler su San Francesco ha richiamato l'attenzione G. Cusinato, ''Scheler. Il Dio in divenire'', Padova 2002, pp. 137-147.</ref>
Dal 1924 si dedicò inoltre alla fondazione della Sociologia del sapere (''Wissenssoziologie'') conosciuta anche come "Sociologia della conoscenza". Sempre in quegli anni incominciò a precisare anche il progetto di un'antropologia filosofica, i cui tratti essenziali sono consegnati alla celebre conferenza del 1927 pubblicata poi in forma separata nel 1928 con il titolo ''La posizione dell'uomo nel cosmo'' (opera che Maria Zambrano ebbe a definire "immortale") e dal saggio sull{{'}}''Ausgleich'', in cui definisce in termini di globalizzazione la nuova era dell'umanità. Il principale problema della nuova era della globalizzazione è l'individuazione di un'orientatività rettificante come antidoto all'altrimenti inevitabile processo di livellamento e neutralizzazione delle differenze. La nuova concezione dell'uomo all'altezza della nuova era dello ''Ausgleich'' è, in opposizione all'''Übermensch'' di Nietzsche, quella di ''Allmensch'' o ''uomo-globale''.
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