Gutta cavat lapidem: differenze tra le versioni

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La sentenza era un [[proverbio]] diffuso e citato da autori di [[letteratura latina|età classica]]: è documentato, infatti, in [[poesia latina|poesia]] da [[Tito Lucrezio Caro|Lucrezio]] (''[[De rerum natura]]'', I 313 e IV 1286-1287), da [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]] (''[[Epistulae ex Ponto]]'', IV, 10 e ''Ars amandi'' I, 476) e [[Albio Tibullo]] (''[[Elegie (Tibullo)|Elegiae]]'' I, 4, 18).
 
{{Citazione|La goccia scava la pietra, l'anello si consuma con l'uso.|Ovidio, ''Epistulae ex Ponto'', libro IV, 10, 5.|Gutta cavat lapidem, consumitur anulus usu.|lingua=la}}
 
In tutti questi autori esso, essendo un perfetto ''[[hemiepes]]'', si presta sia come primo [[emistichio]] di [[esametro]] chesia come membro di [[pentametro]] [[dattilo (metrica)|dattilico]].
 
In [[prosa]] è invece impiegato in età [[Nerone|neroniana]] da [[Lucio Anneo Seneca|Seneca]] (''Naturales quaestiones'' IV, 3)
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==Sviluppo==
Nel corso del [[Medioevo]] la sentenza fu ampliata da [[Alano da Matera]] nell'[[esametro]] ''gutta cavat lapidem non vi, sed saepe cadendo'', cioè "la goccia perfora la pietra non con la forza, bensì con il continuo stillicidio", usando cioè la seconda parte come spiegazione della dell'[[Analogia (retorica)|analogia]] introdotta dal proverbio.
 
==Variante==
La si ritrova citata e ulteriormente glossata nella commedia ''[[Candelaio|Il candelaio]]'' di [[Giordano Bruno]], nella scena settima dell'atto terzo:
 
{{Citazione|La goccia scava la pietra cadendo non due volte, ma continuamente;<br />così l'uomo diventa saggio, leggendo non due volte ma spesso.|Giordano Bruno
|''Gutta cavat lapidem non bis sed saepe cadendo:''<br />''sic homo fit sapiens bis non, sed saepe legendo''.
|lingua=la
}}