Conventio ad excludendum: differenze tra le versioni

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'''Conventio ad excludendum''' è una locuzione latina con la quale si intende definire un accordo esplicito o una tacita intesa tra alcune parti sociali, economiche o politiche, che abbia come fine l'esclusione di una determinata parte terza da una certe forme di alleanza, partecipazione o collaborazione.
 
L'espressione, molto usata nel linguaggio politico italiano, venne coniata negli [[anni 1970|anni '70]] da [[Enrico Berlinguer]], segretario del [[P.C.I.]], per denunciare il persistente rifiuto di molte forze politiche, sostanzialmente il pentapartito, DC, PSI, PSDI, PLI, PRI, a considerare il [[Partito Comunista Italiano|partito comunista]] quale possibile forza democratica di governo.
Queste forze temevano il legame tra il PCI e l'Unione Sovietica e i paesi satelliti, retti tutti da sistemi di dittatura.
 
Tale periodo di "[[quarantena]]" si risolse, secondo alcuni autori, dopo le elezioni politiche del [[1975]], con il [[Governo Andreotti III|governo di solidarietà nazionale]], anche detto "governo della non-sfiducia", guidato da [[Giulio Andreotti]] e passato alla storia come "[[compromesso storico]]".
Tale periodo di "[[quarantena]]" si risolse, secondo altri autori, con la dissoluzione delldel sistema delle dittature comuniste nell'UnioneEuropa SovieticaOrientale, che liberò il PCI dal vincolo di sudditanza.
 
Secondo [[Giorgio Napolitano]], la "conventio ad excludendum" fu in buona parte una "conventio ad auto-excludendum", in quanto sarebbe stato il P.C.I. a non voler scegliere una strada [[Riformismo|riformista]] ed a non volersi separare dall'[[Unione Sovietica]].<ref>''La questione comunista'', articolo di [[Barbara Spinelli]] su [[La Stampa]].it del [[14]] [[maggio]] [[2006]] [http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=40&ID_articolo=23&ID_sezione=55&sezione=]</ref>