Tommaso Buscetta: differenze tra le versioni

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Tommaso Buscetta nacque a Palermo il 13 luglio 1928 in una famiglia molto povera e molto numerosa, figlio di una casalinga, Felicia Bauccio, e di un vetraio, Benedetto Buscetta. Ultimo di 17 figli, nel 1944, a soli 16 anni, sposò Melchiorra Cavallaro, dalla quale ebbe quattro figli: Felicia nel 1946, Benedetto nel 1948, Domenico e Antonio. Benedetto e Antonio furono vittime della ''[[lupara bianca]]'' nel corso della [[seconda guerra di mafia]]. Nel 1966 sposò a New York la soubrette Vera Girotti (ex fidanzata del batterista [[Gegè Di Giacomo]]<ref name=scomparsa>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/08/24/scomparsa-prima-di-deporre-ex-compagna.html|titolo=SCOMPARSA PRIMA DI DEPORRE L'EX COMPAGNA DI BUSCETTA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2021-03-17}}</ref>) dalla quale ebbe la figlia Alessandra. Due anni dopo si trasferì in Brasile, dove conobbe Cristina De Almeida Guimaraes (Maria Caterina de Almeida<ref name=":0" /> o Cristina De Almeida Vimarais<ref name=conquistatore>{{Cita news|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/11/18/don-masino-il-conquistatore.html|titolo=DON MASINO IL CONQUISTATORE|pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]]|data=18 novembre 1993|accesso=22 settembre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190922193158/https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/11/18/don-masino-il-conquistatore.html|dataarchivio=22 settembre 2019|urlmorto=no}}</ref> secondo le diverse fonti<ref name=conquistatore />), figlia di un importante uomo d'affari ed avvocato brasiliano amico personale del presidente [[João Goulart]], che sposò nel [[1978]] in carcere a [[Cuneo]] (avendo come testimone il compagno di cella [[Francis Turatello]], famoso boss della malavita [[Milano|milanese]])<ref name=":2">{{Cita libro|autore=Enzo Biagi|titolo=Il boss è solo|annooriginale=1986|editore=Mondadori}}</ref> e dalla quale ebbe altri quattro figli.<ref name=conquistatore /> Secondo altre fonti Buscetta sposò Cristina in chiesa in Brasile nel 1968.<ref name=conquistatore />
 
DuranteIniziò l'adolescenzaa iniziòdelinquere unagià seriedurante l'adolescenza, diorganizzando [[Reato|attività illegali]] nel [[mercato nero]], come il furto di generi alimentari e la falsificazione delle tessere per il [[Mercato nero in Italia durante la seconda guerra mondiale|razionamento della farina]], diffuse durante il [[fascismo|ventennio fascista]]. Questa attività lo rese abbastanza celebre a [[Palermo]], dove già in giovanissima età, ancor prima di entrare ufficialmente nel mondo mafioso, cominciò ad essere chiamato ''don Masino'' da chi lo ammirava e rispettava.<ref name=":7">P. Arlacchi, ''Addio Cosa Nostra. La vita di Tommaso Buscetta'', Rizzoli, 1994.</ref>
 
=== L'ingresso in Cosa Nostra ===
Dopo le nozze con Melchiorra Cavallaro, che era rimasta incinta, partì per [[Torino]], dove trovò lavoro in una fabbrica di specchi, riuscendo a farsi apprezzare perché conosceva bene il mestiere, appreso nella bottega gestita a Palermo dal padre e dai suoi fratelli. La nascita della figlia Felicia lo portò a dover tornare a Palermo, tornando alle dipendenze del padre. Nel [[1945]] il diciassettenne Buscetta venneVenne affiliato a [[Cosa Nostra|Cosa nostra]] nel [[1945]], all'età di 17 anni, ed entrò a far parte del [[mandamento (cosa nostra)|mandamento]] palermitano di [[Porta Nuova (Palermo)|Porta Nuova]].<ref name=":7" />
 
Nel [[1948]] dopo la nascita del secondo figlio Benedetto si trasferì in [[Argentina]] aprendo una fabbrica di specchi a [[Buenos Aires]]. A causa della concorrenza fu costretto a rimodulare l’attività, ripiegando sulla realizzazione di portaritratti a specchio. Nel [[1950]], alla nascita del terzo figlio Antonio, si trasferì in [[Brasile]], dove la sua fabbrica ebbe un discreto successo. Sua moglie tuttavia non riuscì ad adattarsi, tanto da non uscire più di casa e da spingere i figli a non imparare il portoghese e così, dopo aver venduto l’azienda, nel [[1952]] i Buscetta tornarono di nuovo a Palermo: qui aprí un nuovo laboratorio a [[Termini Imerese]] insieme al fratello Fedele e si mise a disposizione del boss [[Gaetano Filippone]], capo della "[[Famiglia (mafia)|famiglia]]" di [[Porta Nuova (Palermo)|Porta Nuova]], il cui gruppo svolgeva esclusivamente una funzione di supplenza dello Stato (appianava liti familiari, puniva i ladri, si occupava dell’assegnazione delle case popolari).<ref name=":7" />
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I Corleonesi erano decisi a eliminare Buscetta perché strettamente legato ai palermitani Badalamenti, Bontate e Inzerillo, ma non ci riuscirono perché si trovava in Brasile, quindi attuarono vendette trasversali contro i suoi parenti: tra il 1982 e il 1984 due dei suoi figli scomparvero per non essere mai più ritrovati<ref name="autogenerato4">{{Cita web |url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/07/17/un-impero-basato-sulla-cocaina-che-gestiva.html |titolo=Un impero basato sulla cocaina che gestiva come un Gangster - La Repubblica, luglio 1984 |accesso=17 febbraio 2010 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141006103042/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/07/17/un-impero-basato-sulla-cocaina-che-gestiva.html |dataarchivio=6 ottobre 2014 |urlmorto=no }}</ref> e gli vennero uccisi un fratello, un genero, un cognato e quattro nipoti.<ref name="autogenerato4" /> Alla fine della guerra i parenti morti saranno undici.<ref>{{cita news|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/02/07/parenti-sterminati-bambini-sciolti-nell-acido-la.html|2=|titolo=Parenti sterminati, bambini sciolti nell'acido la vendetta come regola dei clan traditi|pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]]|data=7 febbraio 2010|accesso=23 maggio 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160304194748/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/02/07/parenti-sterminati-bambini-sciolti-nell-acido-la.html|dataarchivio=4 marzo 2016|urlmorto=no}}</ref> Nell'agosto 1982, [[Gaetano Badalamenti]] si recò in Brasile per tentare di convincere Buscetta ad allearsi con lui per sconfiggere i [[Clan dei Corleonesi|Corleonesi]] ma anche lui con scarso successo<ref name=":3" />. Dopo gli omicidi dei suoi familiari, Buscetta era però intenzionato a uccidere il suo [[capomandamento]] Pippo Calò, che aveva fatto causa comune con i Corleonesi, e per questo avviò una corrispondenza con il suo associato [[Gerlando Alberti]], all'epoca detenuto, cercando appoggi per poter tornare a [[Palermo]]; Alberti rimase vittima di un tentato omicidio in carcere e il piano fallì.<ref>{{Cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1994/giugno/12/Buscetta_cercavo_appoggi_per_uccidere_co_0_94061215677.shtml|titolo=Buscetta: cercavo appoggi per uccidere Calo' , alleato dei corleonesi, Corriere della Sera, 12 giugno 1994|accesso=19 luglio 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150623043816/http://archiviostorico.corriere.it/1994/giugno/12/Buscetta_cercavo_appoggi_per_uccidere_co_0_94061215677.shtml|dataarchivio=23 giugno 2015|urlmorto=no}}</ref>
 
Nello stesso periodo, i poliziotti brasiliani trovarono l'appartamento a Rio de Janeiro dove si nascondeva il boss [[Camorra|camorrista]] [[Antonio Bardellino]], che riuscì a fuggire in tempo, e riconobbero Buscetta, che viveva nell'appartamento sotto a quello di Bardellino, ma nonnonostante ammiseciò maidisse di conoscerlo.non averlo mai conosciuto<ref>"''...La S.V. mi dice che due piani più su, l'appartamento 1503 risulta acquistato da De Vita Rita, moglie di Antonio Bardellino. Mi rendo conto che trattasi di una coincidenza veramente singolare ma escludo decisamente che possa esservi stato un qualsiasi collegamento, in Brasile o altrove, fra me e il Bardellino.''" - Interrogatorio di Tommaso Buscetta del 30.08.1984, in Roma, davanti al G.I. Giovanni Falcone. </ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/10/17/bardellino-doveva-uccidere-buscetta.html|titolo=BARDELLINO DOVEVA UCCIDERE BUSCETTA|autore=Giuseppe D'Avanzo|editore=La Repubblica|data=17 ottobre 1985}}</ref><ref name=":5" />. Il 23 ottobre [[1983]], dopo alcune settimane di pedinamenti, quaranta poliziotti circondarono l'altra sua abitazione a San Paolo in Brasile e lo arrestarono insieme alla moglie Cristina Guimaraes.<ref name=":0" /><ref name=":5" /> Contemporaneamente vennero arrestati anche gli uomini di Buscetta in Brasile: Fabrizio Sansone, Paolo Staccioli, Giuseppe Favia, Lorenzo Garello, Leonardo Badalamenti (figlio del boss [[Gaetano Badalamenti|Gaetano]]), Giuseppe Bizzarro.<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/11/23/conclusa-la-missione-in-brasile.html|titolo=CONCLUSA LA MISSIONE IN BRASILE|autore=Franco Recanatesi|editore=La Repubblica|data=23 novembre 1984}}</ref><ref>{{Cita web |url=http://www.uonna.it/impastato-cronologia.htm |titolo=impastato-cronologia le vicende del processo<!-- Titolo generato automaticamente --> |accesso=12 gennaio 2013 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170413011328/http://www.uonna.it/impastato-cronologia.htm |dataarchivio=13 aprile 2017 |urlmorto=sì }}</ref> A nulla valse un tentativo di [[corruzione]] operato dallo stesso Buscetta, seppur dichiarando di chiamarsi Roberto Felice<ref name="Repubblica30091984_1" />, e così venne rinchiuso in prigione per alcuni omicidi collegati con lo spaccio di droga.<ref name="Repubblica30091984_1" /> Dall’Italia gli inquirenti si mobilitarono affinché tutti gli arrestati venissero estradati e della questione si occuparono il funzionario di polizia [[Antonio De Luca (poliziotto)|Antonio De Luca]] e il carabiniere [[Angiolo Pellegrini]], ma Buscetta manifestò apertamente l’intenzione di non incontrarli e fece sapere che li avrebbe aggrediti qualora avessero provato a parlargli da vicino. Anche gli Stati Uniti, con due agenti speciali della [[Drug Enforcement Administration|DEA]], l’agenzia antidroga statunitense, spinsero per l’estradizione negli USA.<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Il fascino della mafia| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | pp=127-129| ISBN=9788822720573 }}</ref> Nel luglio del [[1984]] i giudici [[Giovanni Falcone]] e [[Vincenzo Geraci (magistrato)|Vincenzo Geraci]] si recarono da lui a [[Brasilia]] e lo invitarono a collaborare con la giustizia,<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Il pentimento| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | pp=131| ISBN=9788822720573 }}</ref> gesto che nel codice d'onore mafioso è inevitabilmente considerato un tradimento da punire con la morte: il mafiosoboss lasciò trapelare una velata volontà di intraprendere tale percorso. Quando gli venne concessa l'estradizione in Italia,<ref>{{Cita web |url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/06/28/il-brasile-ha-concesso-estradizione-tommaso.html |titolo=Il Brasile Ha Concesso L'Estradizione Tommaso Buscetta Presto In Ital - Repubblica.It » Ricerca<!-- Titolo generato automaticamente --> |accesso=17 febbraio 2010 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131230231849/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/06/28/il-brasile-ha-concesso-estradizione-tommaso.html |dataarchivio=30 dicembre 2013 |urlmorto=no }}</ref> ''don Masino'', per evitarla, il 7 luglio, mentre veniva trasferito dal carcere all’aeroporto, tentò il suicidio ingerendo della [[stricnina]] (in una quantità, in realtà, non tale da potergli essere fatale) che aveva nascosto sotto le unghie, ma venne salvato in ospedale.<ref>{{Cita web |url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/07/15/forse-gia-domani-tommaso-buscetta-arriva-in.html |titolo=Forse Già Domani Tommaso Buscetta Arriva In Italia - Repubblica.It » Ricerca<!-- Titolo generato automaticamente --> |accesso=17 febbraio 2010 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131230234635/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/07/15/forse-gia-domani-tommaso-buscetta-arriva-in.html |dataarchivio=30 dicembre 2013 |urlmorto=no }}</ref> Arrivò quindi in Italia accompagnato da [[Gianni De Gennaro]], appena promosso a capo del Nucleo Centrale Anticrimine, e da alcuni agenti, con imponenti misure di sicurezza, e venne ospitato sotto stretta sorveglianza presso la questura di [[Roma]].<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/07/17/buscetta-ora-teme-di-essere-ucciso.html|titolo=BUSCETTA ORA TEME DI ESSERE UCCISO - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2022-01-25}}</ref> Il 16 luglio il giudice Falcone, De Gennaro e il sostituto procuratore Geraci incontrarono Buscetta negli uffici della [[Criminalpol]] di Roma; ''don Masino'' confermò la propria intenzione di collaborare e, a partire dal 21 luglio, per quattro mesi, in una serie di interrogatori, spiegò organigrammi, regolamenti, nomi, collocazioni geografiche, moventi di omicidi, alleanze e progetti della mafia.<ref name="RepubblicaDonMasino" /> Viene per questo considerato uno dei primi ''collaboratori di giustizia'' della storia, dopo [[Leonardo Vitale]].<ref>{{Cita web |url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/04/05/buscetta-il-primo-pentito.html |titolo=Buscetta, il primo pentito - Repubblica.it » Ricerca<!-- Titolo generato automaticamente --> |accesso=17 febbraio 2010 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141223223434/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/04/05/buscetta-il-primo-pentito.html |dataarchivio=23 dicembre 2014 |urlmorto=no }}</ref> Buscetta non accettò mai di essere definito un ''pentito'', termine con cui in Italia cominciavano ad essere indicati i collaboratori di giustizia; dichiarò piuttosto di non condividere più quella che era la nuova Cosa nostra, poiché, a suo dire, aveva perso la sua identità.<ref name="autogenerato3">{{Cita web |url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/10/02/buscetta-ci-disse-non-sono-un-nemico.html |titolo=BUSCETTA CI DISSE: 'NON SONO UN NEMICO' - Repubblica.it » Ricerca<!-- Titolo generato automaticamente --> |accesso=17 febbraio 2010 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100302173949/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/10/02/buscetta-ci-disse-non-sono-un-nemico.html |dataarchivio=2 marzo 2010 |urlmorto=no }}</ref>
 
Grazie alle sue dichiarazioni, fu rivelato per la prima volta alla giustizia italiana e al mondo che cosa esattamente fosse Cosa nostra,<ref>{{Cita web|url=http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=894340|titolo=Per la Cassazione la Cupola esiste e funziona come l'ha descritta il pentito Buscetta|autore=Francesco La Licata|editore=La Stampa|data=31 gennaio 1992|p=4|accesso=5 marzo 2021|urlarchivio=http://webarchive.loc.gov/all/20130403031311/http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=894340|dataarchivio=3 aprile 2013|urlmorto=sì}}</ref> di cui fino ad allora non si era potuto sapere nulla a causa della stretta [[omertà]] di chiunque avesse avuto a che fare con ambienti ed eventi mafiosi. L'unico argomento del quale Buscetta inizialmente rifiutò di parlare con il giudice Falcone furono i legami politici di Cosa nostra perché, a suo parere, lo Stato non era ancora pronto per dichiarazioni di quella portata, e rimase sul vago riguardo a tale argomento:<ref>{{Cita web |url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/10/22/in-nome-di-falcone-buscetta-ha.html |titolo=E IN NOME DI FALCONE BUSCETTA HA ROTTO IL SILENZIO SUI POLITICI - Repubblica.It » Ricerca<!-- Titolo generato automaticamente --> |accesso=13 luglio 2013 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131005070734/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/10/22/in-nome-di-falcone-buscetta-ha.html |dataarchivio=5 ottobre 2013 |urlmorto=no }}</ref> soltanto negli ultimi interrogatori prima di partire per gli Stati Uniti, messo alle strette da Falcone, si decise ad accusareaccusò i cugini [[Nino e Ignazio Salvo]] di essere mafiosi e a confessarespiegò il coinvolgimento di Cosa nostra nel [[Golpe Borghese]] del 1970.<ref>Salvatore Barresi-Antonio Balsamo, Trib. Palermo, V Sez. Pen., Sentenza nei confronti di Andreotti Giulio, 23 ottobre 1999</ref><ref name=":6">{{Cita web|url=https://archivio.unita.news/assets/main/1986/08/17/page_006.pdf|titolo=Ecco il piano di «Cosa nostra» per sostenere il golpe del '70|autore=Saverio Lodato|editore=L'Unità|data=17 agosto 1986}}</ref>
 
Il 29 settembre dello stesso anno, sulla base delle dichiarazioni di Buscetta, scattò la maxi-retata denominata "operazione [[San Michele]]" con 366 mandati di cattura eseguiti, oltre a Palermo, anche a [[Roma]], [[Milano]] e [[Frosinone]], e un centinaio di comunicazioni giudiziarie (una delle quali raggiunse l'ex sindaco di Palermo [[Vito Ciancimino]]).<ref name=":4">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/09/30/finalmente-la-verita-su-120-delitti.html|titolo=FINALMENTE LA VERITA' SU 120 DELITTI - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2022-02-09}}</ref><ref>{{Cita news|autore=Saverio Lodato|url=https://archivio.unita.news/assets/derived/1984/09/30/issue_full.pdf|titolo=Mafia: 366 ordini di cattura. Avviso anche per Ciancimino.|pubblicazione=L'Unità|data=30 settembre 1984|p=1}}</ref> Il 7 dicembre, sempre come ritorsione a causa delle sue dichiarazioni, venne ucciso un altro famigliare, Pietro Busetta, marito di sua sorella Serafina, estraneo alle logiche criminali. Intervistata da un giornalista, Serafina Buscetta lo ripudiò come fratello, affermando di non voler più portare il cognome Buscetta. ''Don Masino'' non si lasciò intimidire e scrisse anche una lettera al consigliere istruttore [[Antonino Caponnetto]] per ribadire che non intendeva in alcun modo rinunciare alla collaborazione<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/12/13/continuero-parlare-scrive-buscetta.html|titolo='CONTINUERO' A PARLARE', SCRIVE BUSCETTA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=1984-12-13|lingua=it|accesso=2023-05-26}}</ref>.
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In assenza di una legge che garantisse ai collaboratori degli aiuti specifici, Falcone si impegnò a trovare un accordo con le autorità statunitensi<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Il tentato suicidio| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | pp=131-135|ISBN=9788822720573 }}</ref>, quindi Buscetta nel 1985 venne trasferito negli [[Stati Uniti]], dove fu messo sotto protezione e ricevette dal governo una nuova identità, la [[cittadinanza statunitense]] e la [[libertà vigilata]] in cambio di nuove rivelazioni contro la [[Cosa nostra statunitense|Cosa nostra americana]];<ref>{{Cita web |url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/05/26/buscetta-onore-al-grande-ex-nemico.html |titolo=BUSCETTA: ' ONORE AL GRANDE EX NEMICO' - Repubblica.it » Ricerca<!-- Titolo generato automaticamente --> |accesso=17 febbraio 2010 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090220220351/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/05/26/buscetta-onore-al-grande-ex-nemico.html |dataarchivio=20 febbraio 2009 |urlmorto=no }}</ref><ref>{{Cita web |url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/11/15/cittadinanza-americana-al-pentito-buscetta.html |titolo=CITTADINANZA AMERICANA AL PENTITO BUSCETTA - Repubblica.it » Ricerca<!-- Titolo generato automaticamente --> |accesso=17 febbraio 2010 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141223223440/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/11/15/cittadinanza-americana-al-pentito-buscetta.html |dataarchivio=23 dicembre 2014 |urlmorto=no }}</ref> nel 1986 testimoniò al [[maxiprocesso di Palermo]], scaturito dalle dichiarazioni rese a Falcone<ref>{{Cita web |url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/02/08/vecchi-nuovi-pezzi-da-novanta.html?ref=search |titolo=VECCHI E NUOVI PEZZI DA NOVANTA - Repubblica.it » Ricerca<!-- Titolo generato automaticamente --> |accesso=14 luglio 2013 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141223223306/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/02/08/vecchi-nuovi-pezzi-da-novanta.html?ref=search |dataarchivio=23 dicembre 2014 |urlmorto=no }}</ref>, e nel processo "[[Pizza connection]]", che si svolse a [[New York]] e vide imputati [[Gaetano Badalamenti]] e altri [[Cosa Nostra americana|mafiosi siculo-americani]] accusati di traffico di stupefacenti.<ref>{{Cita web |url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/03/04/la-fine-di-pizza-connection.html |titolo=LA FINE DI ' PIZZA CONNECTION' - Repubblica.it » Ricerca<!-- Titolo generato automaticamente --> |accesso=14 luglio 2013 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141223223246/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/03/04/la-fine-di-pizza-connection.html |dataarchivio=23 dicembre 2014 |urlmorto=no }}</ref>
 
Nel 1986 il popolare giornalista [[Enzo Biagi]] andò ad intervistarlo in una località segreta negli Stati Uniti e raccolse la sua intervista insieme ad altre testimonianze nel libro ''Il boss è solo'', pubblicato da [[Mondadori]]. Nel corso dell'intervista, l'ex boss ammise, per la prima volta, di aver ucciso degli uomini e di aver ordinato la morte di altri mafiosi ma di provare rimorso per quei fatti, che, incalzato dalle domande di Biagi, rifiutò di approfondire<ref name=":2" /> (al giudice Falcone aveva dichiarato di non aver mai commesso omicidi, mentre al processo "[[Pizza connection]]" ammise di aver ucciso soltanto alcuni soldati [[Germania nazista|tedeschi]] durante la [[seconda guerra mondiale]])<ref name=":5">C. Sterling, ''Cosa non solo nostra. La rete mondiale della mafia siciliana'', Mondadori, 1990.</ref>. Il giornalista [[Giampaolo Pansa]] scrisse in un articolo apparso su [[La Repubblica (quotidiano)|''La Repubblica'']] che il Buscetta intervistato da Biagi risultavasi unpresentava con modo di personaggiofare spocchioso e millantatore ma anche "''ripugnante, abominevole, odioso''"<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/11/12/don-masino-odioso-canterino.html|titolo=DON MASINO L'ODIOSO CANTERINO - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=1986-11-12|lingua=it|accesso=2023-05-29}}</ref>.
 
Nel biennio [[1988]]-[[89]] Buscetta rifiutò di testimoniare nei vari processi in cui doveva rendere dichiarazioni perché coinvolto nelle polemiche sul ritorno e l'arresto di [[Salvatore Contorno]] in Sicilia ed infatti, nel corso di una deposizione, affermò: «''il clima che c'è a Palermo non mi piace e in questo clima di contestazione generale voglio contestare anch'io.''»<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/09/07/la-scena-muta-di-buscetta.html|titolo=LA SCENA MUTA DI BUSCETTA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2022-01-27}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/07/26/tommaso-buscetta-racconta-contorno-mi-confido.html|titolo=TOMMASO BUSCETTA RACCONTA 'E CONTORNO MI CONFIDO' ...' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2022-01-27}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/11/01/buscetta-negli-usa-non-vuole-parlare.html|titolo=BUSCETTA NEGLI USA NON VUOLE PARLARE 'E' UNA PROTESTA' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2022-01-27}}</ref>" Nel giugno [[1989]] si diffuse poi la voce (ripresa da vari articoli della stampa nazionale) di un ritorno in segreto di Buscetta a Palermo organizzato da Falcone e [[Gianni De Gennaro|De Gennaro]] per incontrare un informatore della mafia (il barone [[Antonino D'Onufrio]], ucciso per questo motivo alcuni mesi prima) e arrivare così alla cattura dei latitanti corleonesi<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/06/08/antimafia-anche-buscetta-era-palermo.html|titolo=ANTIMAFIA ANCHE BUSCETTA ERA A PALERMO - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2021-04-10}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/06/09/ritorno-di-buscetta-il-summit-segreto-in.html|titolo=RITORNO DI BUSCETTA IL SUMMIT SEGRETO IN CASA DEL BARONE - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2022-01-27}}</ref>. La notizia venne però seccamente smentita da De Gennaro e da Falcone e si rivelò completamente falsa<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/06/09/ritorno-di-buscetta-il-summit-segreto-in.html|titolo=RITORNO DI BUSCETTA IL SUMMIT SEGRETO IN CASA DEL BARONE - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2021-04-10}}</ref>.
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=== Gli ultimi anni e la morte ===
Nell'estate del [[1994]] èfu intervistato, con il volto in penombra, dal giornalista [[Ennio Remondino]] per uno speciale intitolato ''Le verità dei due padrini'' (andato in onda l'11 dicembre successivo su [[Rai 3]]), nel quale la sua intervista è messa a confronto con quella concessa da [[Gaetano Badalamenti]] in un carcere americano sui rapporti tra Cosa nostra e la [[Sistema politico della Repubblica Italiana|politica italiana]]<ref name="rep-2">''Tutta la verità da Boss A Boss'', articolo di Silvia Fumarola, ''[[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]'' edizione del 10/12/1994 [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/12/10/tutta-la-verita-da-boss-boss.html]</ref>.
 
Nel marzo [[1995]] il nipote di Buscetta, Domenico, venne ucciso dal boss [[Leoluca Bagarella]], che tre mesi dopo sarebbe stato arrestato<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1995/03/09/il-nipote-attacca-buscetta-se-sei.html|titolo=IL NIPOTE ATTACCA BUSCETTA ' SE SEI UN UOMO UCCIDITI' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2023-04-27}}</ref>.