Nephesh: differenze tra le versioni
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== Nefeš come gola ==
La
Il lettore italiano conosce ''nefeš'' con la traduzione di anima che si rifà, però, alla traduzione greca (LXX) e latina (Vulgata) delle Scritture e non all’originale
dalla polvere della terra [אֲדָמָה (''adamâh'')],
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''Nefeš'' è vista in stretta relazione con la forma complessiva dell’essere umano. Per questo possiamo dire che la persona non ha ''nefeš'', ma che essa è ''nefeš'' e vive come tale.
Ma la parola ebraica non ha riferimenti alla parola greca ''psyché'' [ψυχή]
spalancano senza misura la loro bocca.</blockquote>
Invece il ''Salmo'' 107 al verso 9 così recita:<blockquote> Egli ha
Qui si parla di nefeš affamata e assetata. E che non si tratti di una fame o sete, per così dire, spirituale ce lo dimostra il quarto verso del medesimo salmo poiché:<blockquote> Essi andavano errando nel deserto per vie desolate; non trovavano città da abitare.</blockquote>
E, sempre per questo motivo:<blockquote> Affamati e assetati,
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(''Ibidem'', v. 4)</blockquote>
Non si tratta dunque di anima, ma di nefeš come gola o bocca. Essa fa pensare all’organo che ha sempre bisogno di essere ristorato con
(''Proverbi'', 10:3)</blockquote>
Anche questo passo indica chiaramente che nefeš ha il significato di gola, alludendo contemporaneamente al bisogno umano.
In ''Proverbi'' 28:25 si legge:<blockquote>
Chi ha l’anima arrogante suscita contesa, ma chi confida sarà saziato dall’Eterno.</blockquote>
Ciò che viene reso con “anima arrogante” è in ebraico ''rekhàv nefeš'' (רְחַב־נֶפֶשׁ) che vuol dire “gola spalancata”.
È per questo che ''Abacuc'' 2:5 può definire l’uomo avido come:<blockquote> colui che ha reso la sua ''nefeš'' spaziosa proprio come lo Sheol, e che è come la morte e non si può saziare.</blockquote>
Infatti, ''Proverbi'' 13:25 ribadisce che:<blockquote> Il giusto mangia fino a saziare la sua ''nefeš'', ma il ventre dei malvagi sarà vuoto.</blockquote>
Sete, acqua e ''nefeš'' sono spesso nella Bibbia tra loro correlati:<blockquote> Una bona notizia da un paese lontano è come acqua fresca per una ''nefeš'' stanca e assetata. (''Proverbi'', 25:25)</blockquote>
È sempre più chiaro che ''nefeš'' non significhi anima, ma gola o bocca. La ''nefeš'' nella primitiva anatomia ebraica non è considerata solo come organo del nutrimento, del gusto e, per estensione, del desiderio, ma anche come il condotto della respirazione. Così ci dimostra ''Geremia'' 15:9, ove si legge che:<blockquote> colei che aveva partorito sette figliuoli è languente; la sua ''nefeš'' ha ansimato.</blockquote>
Ma ,anche in Genesi 35:18, mentre Rachele muore si dice che:<blockquote> la sua ''nefeš'' se ne usciva</blockquote>
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Qui non si tratta dello spirito o dell’anima che esala via dal corpo nel momento della morte o del parto, ma del respiro che, passando attraverso la gola, esce dalla bocca.
Solo se si considera la ''nefeš'' come organo della respirazione sono comprensibili i passi biblici in cui la radice ''√nfsh'' (√נפש) viene usata con valore verbale. Si trovano di seguito alcuni esempi dell’utilizzo di tale radice:<blockquote> Alla fine il re e tutto il popolo che era con lui arrivarono stanchi. Là dunque si ristorarono
[יִּנָּפֵשׁ (''ynapèsh''), tirarono il fiato]
(''Secondo Libro di Samuele'', 16:14)</blockquote><blockquote> Per sei giorni devi fare il tuo lavoro; ma il settimo giorno devi desistere, perché il tuo toro e il tuo asino si riposino e il figlio della tua schiava e il residente forestiero si ristorino [יִנָּפֵשׁ (''ynapèsh''), tirino il fiato]
(''Esodo'', 23:12)
In sei giorni l’Eterno fece i cieli e la terra e il settimo giorno si riposò e si ristorava [יִּנָּפַשׁ (''ynapàsh''), tirò il fiato]”
(''Esodo'', 31:17)</blockquote>
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== Nefeš come collo ==
Il collo non è altro che la parte esterna e visibile della gola. Dunque, se ''nefeš'' poteva designare la gola il passaggio al significato di collo è pressoché immediato. Nel ''Salmo'' 105:18 si pensa esclusivamente alla parte esterna e visibile della gola, cioè il collo:
<blockquote>"Afflissero con i ceppi i suoi piedi, la sua ''nefeš'' entrò nei ferri"</blockquote> Che qui si tratti del collo e non dell'anima ce lo dice chiaramente l'analoga espressione riguardante i piedi ed il fatto che si parli di catene non metaforiche. Altra testimonianza e conferma della traduzione di ''nefeš'' come collo ci viene da ''Isaia'' 51:23<blockquote>"Dicevano alla tua ''nefeš'': 'Chinati affinché passiamo' e tu facevi del tuo dorso proprio come la terra, come una strada per i passanti."</blockquote>Ciò avveniva secondo l'uso dei vincitori di porre i propri piedi sulla nuca dei vinti in segno di sconfitta. Ci soffermeremo adesso su questi passi confrontando svariate traduzioni:<blockquote>"Non colpiamo a morte alla sua nefeś" (''Genesi'' 37:21) "Sai tu che Baalis, re degli Ammoniti, ha mandato Ismael, figlio di Nethania, per colpire alla tua ''nefeš''" (''Geremia'' 40:14)</blockquote>Rileggiamo adesso invece i medesimi passi, ma con altre traduzioni che non riproducono e non mantengono l'originale linguaggio concreto ebraico:<blockquote>"Non togliamogli la vita" (''Genesi'' 37:21)
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Anche ''Genesi'' 9:4 pone in stretta relazione la ''nefeš'' con il sangue, in esso infatti si legge:<blockquote> Non mangerete la carne con la sua ''nefeš'',</blockquote>cioè con il suo sangue.
Anche nella vita militare la sentinella rispondeva con la propria “vita”:<blockquote> La tua ''nefeš'' dovrà prendere il posto della sua ''nefeš''
(''Primo libro dei Re'', 20:39)</blockquote> In ''Salmi'' 30:3 sta scritto:<blockquote> Hai tratto la mia nefeš dallo stesso Sheol</blockquote>di cui il seguito chiarisce con il sinonimo:<blockquote> Mi hai mantenuto in vita</blockquote>il che rende manifesto che ''nefeš'' non è qui altro che la vita. Anche in ''Proverbi'' 19:8 il significato che si adatta a ''nefeš'' è quello di vita:<blockquote> Chi acquista cuore ama la sua ''nefeš''</blockquote> Così anche in ''Proverbi'' 7:23, ove si legge:<blockquote> Proprio come un uccello si affretta nella trappola, ed egli non ha saputo che vi è implicata la sua medesima ''nefeš''</blockquote>In ''Proverbi'' 8:35-36 il contesto induce a tradurre ''nefeš'' necessariamente con vita. Lì la sapienza personificata dice:<blockquote> Chi mi trova certamente troverà la vita [(''nefeš'') נֶפֶשׁ];
ma chi mi perde fa violenza alla sua ''nefeš''; tutti quelli he mi odiano intensamente sono quelli che davvero amano la morte</blockquote> Nel periodo precedente ''nefeš'' appare come sinonimo esatto di “vita”, e nel parallelismo con quello seguente ''nefeš'' si figura come il perfetto contrario di “morte”.
== Nefeš come persona ==
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Quando la Bibbia dice che la persona è ''nefeš'' non si indica ciò che uno ha, ma ciò che è. Vediamo alcuni passi in cui è presente quest’ulteriore significato di ''nefeš'':<blockquote> ''- Levitico'', 17:10
In quanto a qualunque uomo della casa d’Israele o a qualche residente forestiero che risiede come forestiero in mezzo a voi il quale mangi qualsiasi sorta di sangue, certamente porrò la mia faccia contro la ''nefeš'' che mangia il sangue, e in realtà la stroncherò di fra il suo popolo.</blockquote>
Qui è necessario tradurre ''nefeš'' con “persona”, pur notando che qui si parla di una ''nefeš'' che mangia e che ciò potrebbe far pensare di nuovo all’originario significato di ''nefeš'' come gola o bocca.<blockquote> ''- Levitico'', 20:6
Se un uomo (''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) si rivolge ai negromanti e gli indovini, per darsi alle superstizioni dietro a loro, io volgerò il mio volto contro quella persona (''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) e la eliminerò dal suo popolo</blockquote>
In quest’ultimo passo si vede bene che ''nefeš'' indica la singola persona in contrapposizione al popolo. Lo stesso accade in ''Levitico'' 19:8, ove sta scritto:<blockquote> Quella persona (''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) sarebbe eliminata dal suo popolo ''- Levitico'', 22:3
Dì loro: «Nelle generazioni future ogni uomo della vostra discendenza che si accosterà in stato di impurità alle offerte sante, consacrate dagli Israeliti in onore del Signore, quello (''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) sarà eliminato dalla mia presenza. Io sono il Signore.''- Numeri'', 5:5 – 6
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Di' agli Israeliti: «Quando un uomo o una donna avrà fatto qualsiasi peccato contro qualcuno, commettendo un'infedeltà contro il Signore, questa persona (''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) sarà in condizione di colpa.''- Numeri'', 9:13
Indicando ''nefeš'' la singola persona è anche possibile l’immagine plurale con il corrispondente plurale del termine ''nefašot'' [נְּפָשֹׁות].
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Ciò avviene in passi ove si riferisce ad un maggiore di individui o ad una collettività, come accade in:<blockquote> ''- Levitico'', 18:29
Nel caso che qualcuno faccia una qualunque di tutte queste cose detestabili, le ''nefašot'' [נְּפָשֹׁות] che le fanno devono essere stroncate di fra il loro popolo</blockquote>
Quando ''Geremia'' 43:6 elenca i gruppi di persone che saranno portati in Egitto, il testo menziona in primo luogo “uomini, donne, bambini, le figlie del re”, poi prosegue dicendo:<blockquote> e ogni persona (''kol-nefeš'' [כָּל־נֶפֶשׁ]) che Nabuzaradàn, capo delle guardie, aveva lasciato con Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan, insieme con il profeta Geremia e con Baruc, figlio
di Neria</blockquote> Qui ''nefeš'', seppur al singolare, è usato in senso collettivo per indicare un gruppo di singole persone.
Lo stesso avviene in ''Genesi'' 12:5 dove si enumera tutto ciò che Abraamo prese con sé in Haran alla volta di Canaan:<blockquote> E Abramo prese Sarai sua moglie e Lot, figliuolo del suo fratello, e tutti i beni che possedevano e le persone che avevano acquistate in Charan</blockquote>
Qui è necessario fare un’osservazione, perché là dove è tradotto con “persone” in ebraico, in realtà, sta scritto ''nefeš'' [נֶפֶשׁ], al singolare, e non ''nefašot'' [נְּפָשֹׁות], al plurale, come ci si potrebbe, invece, aspettare. Si tratta dell’uso di ''nefeš'' al singolare in senso collettivo che viene ulteriormente confermato dalla traduzione greca dei LXX che ha, anch’essa, ''psychaì'' [ψυχαὶ], al plurale, e non ''psyché'' [ψυχή], al singolare.
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Quest’uso collettivo di ''nefeš'' si dimostra molto significativo in quei passi in cui vengono riportati dati numerici, come accade in:<blockquote> ''- Genesi'', 46:15
Questi sono i figli di Lea, che essa partorì a Giacobbe in Paddan-Aram, insieme a sua figlia Dina. Tutte le anime (''kol-nefeš'' [כָּל־נֶפֶשׁ], “ogni nefeš”) dei suoi figli e delle sue figlie furono trentatré ''- Genesi'', 46:18
Questi sono i figli di Zilpa, che Labano diede a sua figlia Lea. A suo tempo essa partorì a Giacobbe quest sedici anime (''nefeš'' [נָפֶשׁ], al singolare) ''- Genesi'', 46:25e.
Questi sono i figli di Bila, che Labano diede a sua figlia Rachele. A suo tempo essa partorì a Giacobbe questi; tutte le anime (''kol-nefeš'' [כָּל־נֶפֶשׁ], “ogni ''nefeš''”) furono sette ''- Genesi'', 46:26 Tutte le anime (''nefeš'' [נֶפֶשׁ], al singolare) furono sessantasei”</blockquote>
In tutti questi casi la LXX greca traduce il singolare ''nefeš'' con il plurale ''psychaì'' [ψυχαὶ]; lo stesso fa la Vulgata con il latino ''animae''.
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Solo in tal modo diventa comprensibile l’espressione che ricorre in ''Numeri'' 6:6 dove si dice che un nazireo:
<blockquote> Per tutto il tempo in cui rimane votato al Signore, non si avvicinerà a un cadavere</blockquote>
L’ebraico ha ''nefeš met'' [מֵ֖ת נֶ֥פֶשׁ]. È errata l’interpretazione di questa espressione ebraica con “anima morta” o “anima di un morto”.
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Così accade in:<blockquote> ''- Numeri'', 5:2
Ordina agli Israeliti che espellano dall'accampamento ogni lebbroso, chiunque soffre di gonorrea e ogni impuro a causa di un morto.''- Numeri'', 6:11
Il sacerdote ne offrirà uno in sacrificio per il peccato e l'altro in olocausto e compirà il rito espiatorio per lui, per il peccato in cui è incorso a causa di quel morto.</blockquote>
Quest’uso particolare di ''nefeš'', riferito ad un cadavere, ci chiarisce l’espressione ''nefeš chayàh'' [חַיָּ֑ה נֶ֣פֶשׁ]. Non si tratta di un aggettivo superfluo, bensì indica una realtà vivente.
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La differenza umana sta nel fatto che l’essere umano è creato a immagine e somiglianza degli esseri divini:<blockquote> ''- Genesi'', 1:26
Dio disse: ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza’</blockquote>
== Nefeš come pronome ==
Potendo ''nefeš'' [נֶפֶשׁ] significare anche persona per indicare la totalità dell’essere, diviene facile ed immediato il suo uso come pronome, personale o riflessivo che sia. Si veda a questo proposito
''Genesi'' 12:13, ove si legge:<blockquote> Ti prego, di’ che sei mia sorella, perché io sia trattato bene a motivo tuo, e certamente la mia nefeš [נֶפֶשׁ] vivrà grazie a te.</blockquote>
Tenendo ben presente il parallelismo che si trova fra io e ''nefeš'' viene quasi spontanea la traduzione di ''nefeš'' con il pronome personale adatto:
<blockquote> Ti prego, di’ che sei mia sorella, perché io sia trattato bene a motivo tuo, e certamente io (''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) vivrò grazie a te.</blockquote>
Il medesimo fenomeno si presenta in altri passi come:
''
'' Ti prego, ora, il tuo servitore ha trovato favore ai tuoi occhi in modo che tu magnifichi la tua amorevole benignità, che hai esercitato verso di me per conservare in vita la mia nefeš, ma io, io non posso scampare nella regione montagnosa, affinché la calamità non mi si avvicini e io certamente muoia. Ti prego, ora, questa città è'' vicina per fuggirvi ed è una piccola cosa. Ti prego, che io scampi là — non è una piccola cosa? — e la mia nefeš seguiterà a vivere.''
''•Salmi, 54:4''
'' Dio è il mio soccorritore: il Signore è fra quelli che sostengono la mia nefeš.''
Se non si tenesse conto di questo uso di ''nefeš'' alcuni passi come ''Genesi'' 27:4 sarebbero incomprensibili. In questo, infatti, così si legge:
<blockquote> Fammi un piatto gustoso come piace a me e portamelo e, ah, fammi mangiare, perché la mia ''nefeš'' ti benedica prima che io muoia.</blockquote>
Lo stesso ricorre in ''Genesi'' 27:19, ove si legge:
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Nel testo biblico non vi è assolutamente nulla che possa far pensare all’anima o ad un suo ipotetico dono. Molto più semplicemente si tratta di un uso pronominale del termine ebraico ''nefeš''. Il testo di ''Giobbe'' 16:4 dice:
<blockquote> Io stesso potrei ben parlare come fate voi. Se solo le vostre ''nefeš'' esistessero dov’è la mia ''nefeš''</blockquote>
intendendo dire:<blockquote> Parlerei anch’io come voi, se voi foste al posto mio.</blockquote>
Affinché tutto ciò sia ancora più chiaro agli occhi del lettore si veda qui di seguito la differenza tra una traduzione letterale dall’ebraico e una più moderna resa più comprensibile per il lettore occidentale moderno:
<blockquote>•
Quella ''nefeš'' dev’essere stroncata da
•''Numeri'', 23:10
Muoia la mia ''nefeš'' della morte dei retti (originale) Io mi auguro di morire come quei giusti (riveduta)
•''Ezechiele'', 18:4
La ''nefeš'' che pecca, essa stessa morirà (originale) Chi pecca morrà (originale)
• 'Salmi'', 3:2
Molti dicono della mia ''nefeš'' (originale) Troppi di me vanno dicendo” (riveduta)
• ''Proverbi'', 13:4
Il pigro si mostra desideroso, ma la sua ''nefeš'' non ha nulla (originale) Il pigro desidera molto, ma [egli] nulla ottiene” (riveduta).</blockquote>
Notiamo qui che ''nefeš'' nella totalità dei suoi significati indica sempre l’uomo bisognoso. Per l’ebreo biblico l’essere umano è principalmente composto dal suo desiderio e della sua vulnerabilità ed eccitabilità. Tutti questi aspetti sono ricondotti somaticamente alla gola ed essendo costitutivi dell’intero essere umano ''nefeš'' finisce col significare e con l’indicare la persona nella sua interezza e, ancor di più, ad essere usata come pronome. Per questo stesso e preciso motivo in tutto il ''Pentateuco'' ''nefeš'' viene riferita a Dio soltanto pochissime volte. Ciò accade, per esempio, nel [[Levitico]], ove è possibile leggere:
<blockquote>•
Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi e la mia ''nefeš'' non vi respingerà</blockquote><blockquote>• ''Levitico'', 26:30
Devasterò le vostre alture, distruggerò i vostri altari per l'incenso, butterò i vostri cadaveri sui cadaveri dei vostri idoli e la mia ''nefeš'' vi detesterà</blockquote>
Davanti a Dio l’uomo è solito rivolgersi nella sua interezza, con la sua ''nefeš'', cioè con se stesso. Dice infatti ''Salmi'' 103:1:
<blockquote> Benedici Dio, o nefeš mia, sì, ogni cosa che è dentro di me, il suo santo nome.</blockquote>
Questo medesimo passo è fondamentale per comprendere cosa davvero significhi ed indichi nel profondo per l’ebreo la parola ''nefeš''. Per questo motivo ricorreremo alla traduzione letterale dall’ebraico che così recita:<blockquote> ''Nefeš'' di me benedici Dio / Ogni interiora di me [benedici] nome della santità di lui.</blockquote>
Così è possibile comprendere che ''nefeš'' indica la totalità dell’essere umano, comprese le sue interiore. E’ tutta la persona a lodare Dio. In termini più moderni, l’occidentale direbbe: “Loda, vita mia, Yvhv”, anche se chiaramente ciò non tiene minimamente il confronto con l’originale ''nefeš'' che indica l’uomo completo: nel suo corpo, nelle sue interiora, nella sua esistenza e nel suo bramare la vita e Dio. Questo è ''nefeš''. In ultima istanza si veda ancora il testo di ''Salmi'' 42:3 a confronto con la traduzione letterale dall’ebraico:
<blockquote>Vado in cerca di te, di te, mio Dio. Di te ho sete, o Dio, Dio vivente: quando potrò venire e stare alla tua presenza? (riveduta)
La mia medesima ''nefeš'' anela a te, o Dio. La mia ''nefeš'' in realtà ha sete di Dio, dell’Iddio vivente. Quando verrò e apparirò dinnanzi a Dio? (originale).</blockquote>
Non vi è neppure una singola volta nelle Sacre Scritture in cui sia possibile tradurre l’ebraico ''nefeš'' con anima. Coloro che scelgono anima per rendere ''nefeš'' fanno una scelta dissennata, spesso mossa da una troppa precomprensione cristiano-platonica nel leggere e soprattutto nell’interpretare e nel tradurre la Bibbia.<references/>
==Bibliografia==
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