Simone Martini: differenze tra le versioni

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Durante i lavori Simone Martini si poté confrontare con altri maestri fiorentini di [[scuola giottesca]], Giotto compreso, allora attivi nel cantiere assisiate. Simone si aggiornò in alcuni elementi, quali la solida intelaiatura architettonica realistica e il gioco illusionistico di luci ed ombre con attenzione alle vere fonti di luce. Negli 8 santi a figura intera del 1318, gli ultimi dell'intero ciclo, è evidente anche l'acquisizione delle ricche volumetrie giottesche. Tuttavia Simone non si adeguò passivamente alla scuola fiorentina, anzi è chiara una divaricazione tra il suo modo di dipingere e quello giottesco a partire dallo stesso tema dei dipinti: non le storie di un santo popolare come [[san Francesco]], ma un raffinato santo cavaliere, del quale Simone sottolineò alcuni aspetti cortesi della leggenda.
 
Per esempio nella famosa scena dell{{'}}''Investitura di san Martino'', l'azione è ambientata in un palazzo, con i musici di corte magnificamente abbigliati e con un servitore con tanto di falcone da caccia in mano. Il contesto di Simone è più fiabesco e assolutamente notevole è lo studio realistico dei costumi e delle pose; l'individuazione fisionomica nei volti (soprattutto in quelli naturalistici dei musici) non ha pari in tutta la pittura dell'epoca, Giotto compreso. Dopo la ''Maestà del Palazzo Pubblico di Siena'', Simone si confermò come pittore laico, cortese, raffinato. Fu in questi anni che si concretizzò la sua capacità di ritrarre fisionomie naturali, gettando le basi per la nascita della ritrattistica. Simone Martini è uno dei maggiori rappresentanti del [[gotico cortese]] e la sua pittura aulica si richiama al mondo aristocratico-cavalleresco, mentre il realismo di [[Giotto]] si rifà alla cultura del mondo borghese-mercantile.
 
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