Nomadelfia: differenze tra le versioni
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Si diffondono malignità sulla moralità delle ''famiglie'' di Nomadelfia, il che suscita la diffidente reazione di molti cattolici; le accuse successive spaziano dall'apologia del comunismo, allora reato presso i regimi autoritari di destra e oggi reato in alcuni Paesi dell'ex blocco sovietico, all'[[eresia]]. Don Zeno è stato soprannominato il ''prete rosso''; ha gridato sulle piazze che i ''ricchi devono dare ai poveri e che se i ricchi non danno, i poveri devono prendere''; in più, don Zeno non smette di parlare né di scrivere, aggravando la sua posizione con le sue affermazioni e le sue tesi sulla famiglia. Nel 1943, Zeno accentua la sua condanna di leggi razziali e fascismo, scrivendo: «''È caduto un regime che ha rovinato l'Italia e incretinito la gioventù... Guai a coloro che credono che essere cristiani significhi essere conigli''.» Arrestato con l'accusa d'incitamento alla ribellione viene minacciato di fucilazione, ma è liberato poco dopo per timore di tumulti popolari. Il ministro democristiano Scelba esercitò il pugno di ferro nei confronti di don Zeno, protagonista d'iniziative a favore di orfani e diseredati, ma le cui idee progressiste avrebbero potuto essere confuse con l'applicazione degl'ideali comunisti marxisti: tale opposizione a don Zeno e Nomadelfia venne pesantemente criticata da molti cattolici.<ref>{{Cita news|autore=Franco Marcoaldi|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/03/13/nomadelfia-piccola-utopia.html|titolo=Nomadelfia piccola utopia|pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=13 marzo 2000|accesso=30 maggio 2009}}</ref> [[Maurizio Ferrari]], il primo militante delle [[Brigate Rosse]] arrestato in Italia, era un figlio adottivo cresciuto in Nomadelfia con la madre di vocazione Maria Teresa e fu sempre difeso da don Zeno, che però nelle sue polemiche mai si riferì al comunismo marxista né tantomeno al capitalismo.<ref>[https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/05/07/torna-libero-maurizio-il-rosso-primo-br.html Torna libero maurizio il rosso]</ref>
Il 5 febbraio [[1952]] don Zeno riceve dal [[Sant'Uffizio]] una ''Intimatio'' con la quale gli si ordina di ritirarsi da Nomadelfia e di mettersi a disposizione della sua diocesi o di altra che egli preferisca.<ref name="Gazzetta di Modena">{{Cita web|url=https://www.gazzettadimodena.it/tempo-libero/2018/07/26/news/modena-1952-guerra-a-don-zeno-cosi-nomadelfia-dice-addio-a-fossoli-1.17095459|titolo=Modena 1952. Guerra a don Zeno Così Nomadelfia dice addio a Fossoli|autore=Rolando Bussi|sito=[[Gazzetta di Modena]]|data= 26 luglio 2018|accesso=29 novembre 2023|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20231129212135/https://www.gazzettadimodena.it/tempo-libero/2018/07/26/news/modena-1952-guerra-a-don-zeno-cosi-nomadelfia-dice-addio-a-fossoli-1.17095459|dataarchivio= 29 novembre 2023 |urlmorto=no}}</ref>
Il decreto che decapita Nomadelfia è firmato dal cardinale [[Giuseppe Pizzardo]], ma più di un motivo lascia ritenere che l'allontanamento drastico del fondatore e leader di Nomadelfia sia dovuto a ragioni politiche, vista l'aperta ostilità dei partiti di centro e di destra, in particolare della [[Democrazia Cristiana]]. Don Zeno obbedisce, sebbene a malincuore.
Nel giugno del [[1952]] la comunità viene sciolta con la forza su ordine del Ministro [[Mario Scelba]],<ref name="Gazzetta di Modena" /> i beni vengono ceduti alla commissione prefettizia di liquidazione coatta, le famiglie vengono allontanate, pochi rimangono, la maggior parte dei bimbi viene trasferita in vari orfanotrofi.
Nel novembre del 1952 don Zeno è processato per una denuncia dei creditori, ma viene assolto.<ref>Denis Mack Smith, L'Italia del XX secolo (1951-1960) pag. 26.</ref>
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