Vincenzo Calmeta: differenze tra le versioni

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{{Vedi anche|Triumphi di Vincenzo Calmeta|Morte di Beatrice d'Este}}Alla propria signora egli fu sinceramente affezionato, quando non direttamente innamorato, come risulta da diverse evidenze, e specialmente dall'incredibile dolore espresso in seguito nella sua opera più famosa: i ''[[Triumphi di Vincenzo Calmeta|Triumphi]]''. Si tratta di un [[poema]] in cinque canti d'ispirazione petrarchesca e dantesca, che Vincenzo compose per dare sfogo al dolore causato dalla prematura scomparsa di lei, avvenuta al principio del 1497. Il poema è tutto intriso di un lessico fortemente amoroso, e due soli sono i personaggi presenti: Beatrice, nel ruolo della [[Dolce stil novo|donna angelica]], e Vincenzo, che si sostituisce a Dante e Petrarca nel ruolo del poeta perduto che necessita della guida e del conforto della propria donna.<ref name=":0" /><ref name=":22">{{Cita|Berra|pp. 90-95}}.</ref>
 
Tema portante dell'opera è dunque l'amore per la donna che, sul solco del [[Dolce stil novo|Dolce Stil Novo]], conduce il poeta alla salvezza. Anche in questo caso, secondo l'interpretazione di Rossella Guberti, si tratta di un amore puramente spirituale e non fisico, secondo una visione filosofico-religiosa: Beatrice è guida per gli smarriti sensi del poeta.<ref>R. Ruberti, edizione critica dei "Triumphi", p. XXXIV.</ref> Anche secondo Claudia Berra il sentimento di Vincenzo si mantiene sempre più sulla strada della devozione che non dell'amore vero e proprio.<ref name=":22" /> L'amore-passione sarebbe cioè assente, "surrogato dalla venerazione del segretario per la sua signora".<ref name=":43">{{Cita|Berra|pp. 120-122}}.</ref>
 
D'altra parte alcuni versi di un [[Epicedio|epicedion]] dell'umanista [[Pier Francesco Giustolo]], composto forse nel 1501 e dedicato a Vincenzo Calmeta, sembrano condurre a un'interpretazione diversa, nonché dimostrare il ruolo centrale che Beatrice ebbe nella vita e nella poetica del proprio segretario:<ref>[https://www.google.it/books/edition/Medioevo_e_umanesimo/zJw2AAAAIAAJ?hl=it&gbpv=0&bsq=felicis%20nemoris%20pueri%20cum%20voce%20decorem%20Beatrix Medioevo e umanesimo], Volume 17, 1974, pp. 271, 302 e seguenti.</ref><ref name=":1">{{Cita web|url=https://treccani.it/enciclopedia/colli-vincenzo-detto-il-calmeta_(Dizionario-Biografico)/|titolo=COLLI, Vincenzo, detto il Calmeta}}</ref><ref>[https://www.academia.edu/3300516/Vincenzo_Calmeta_Triumphi_a_cura_di_R_Guberti_2004 PER LEGGERE I GENERI DELLA LETTURA] ANNO VI, NUMERO 11, AUTUNNO 2006, Pensa MultiMedia 2006, p. 190.</ref>
{{Citazione|La folla abitante della felice selva si stupisce del fanciullo per la grazia nella voce; soprattutto dal tuo canto è allietata la desiderata Beatrice, e compiacente riconosce le proprie lodi, e infine, deposta la lira, lo prende per mano e portandolo con sé tra le amene ombre gli chiede di te, Calmeta, del tuo canto armonioso, e ti perdona volentieri i successivi amori.|Epicedion di Pier Francesco Giustolo.<ref>[https://www.google.it/books/edition/Medioevo_e_umanesimo/zJw2AAAAIAAJ?hl=it&gbpv=0&bsq=felicis%20nemoris%20pueri%20cum%20voce%20decorem%20Beatrix Medioevo e umanesimo], Volume 17, 1974, pp. 276 e 309.</ref>|[...] stupet accola turba / felicis nemoris pueri cum voce decorem; / praecipueque tuo cantu affectata Beatrix / mulcetur propriosque libens agnoscit honores / ac demum posita pueri testudine dextram / abripit et, secum per amoena umbracula ducens, / de te deque tuis fidibus, Calmeta, sonoris / quaeritat et curis ignoscit sponte secundis.|lingua=lat}}
 
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== Aspetto e personalità ==
Nulla ci è noto dell'aspetto fisico di Vincenzo. Francesco Oriolo lo definisce "cruccioso in vista", cioè d'aspetto stizzoso.<ref name=":2" /> Il suo temperamento iracondo, per certi aspetti arrogante, trova conferma anche all'interno dell'opera di [[Baldassarre Castiglione]], il [[Il Cortegiano|''Cortegiano'']]: qui Vincenzo è descritto mentre, in seguito a una vivace discussione, "tutto cruccioso e caldo [adirato]" si separòsepara dalla compagnia.<ref>Biblioteca dell'"Archivum romanicum.": Storia, letteratura, paleografia, Volumi 215-216, L. S. Olschki, 1988, p. 76.</ref>
 
Fu senz'altro un'anima inquieta, la cui costante malinconia molto si riflette nelle sue poesie. Vincenzo stesso dichiarava il proprio proposito di mantenersi a ogni costo fedele alla virtù, ma il suo animo inclinava talvolta alla superbia. Nel ''Cortegiano'', alla dichiarazione di [[Federigo Fregoso|Federico Fregoso]] che la miglior via di conseguire i favori sia il meritarli, Vincenzo obietta che l'esperienza insegna il contrario, ossia che solo i presuntuosi sono favoriti dai principi, non i modesti, e cita a esempi gli spagnoli e i francesi. Per presunzione egli intende tuttavia la sfrontatezza, cioè l'ardire di domandare grazie ai principi e di farsi notare, senza attendere di essere spontaneamente favoriti da loro in virtù dei propri buoni meriti, cosa che a parer suo capita assai di rado.<ref name=":6" />