Vincenzo Calmeta: differenze tra le versioni

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|Attività2 = critico letterario
|Nazionalità = italiano
|FineIncipit = Fu [[scrittore]], [[poeta]] e [[critico letterario]] al servizio di vari signori, nel corso dei suoi continui e inquieti spostamenti per l'Italia e la Francia. Dapprima [[segretario (ufficio)|segretario]] della duchessa di Milano [[Beatrice d'Este]], che celebrò nei ''[[Triumphi (Vincenzo Calmeta)|Triumphi]]'', dappoi commissario di [[Cesare Borgia]], fu poeta favorito anche della duchessa d'Urbino [[Elisabetta Gonzaga]], alla quale dedicò i ''Nove libri della volgar poesia'' (oggi perduti), ma subì la persecuzione del fratello di lei, il marchese [[Francesco II Gonzaga]], che gli portò un odio feroce
}}
== Biografia ==
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Nel mezzo di essa interviene la stessa Beatrice, che gli appare per consolarlo e per trarlo fuori dal suo "passato errore":<ref name=":0">{{Cita libro|autore=Vincenzo Calmeta|curatore=Rossella Guberti|titolo=Triumphi|pp=IX-XXIII}}</ref>
 
{{Citazione|Misero, perché vai tu consumando {{!}} in pianto amaro i fugitivi giorni, {{!}} la morte ad ora ad ora desiando? {{!}} Deh, non turbare i mei dolci sogiorni! {{!}} Morta non son, ma gionta a meglior vita {{!}} lassando el mondo e soi fallaci scorni. {{!}} E s'io fui sciolta nella età fiorita {{!}} con tuo dolor dal bel carcer terreno, {{!}} tanto più fu felice la partíta, {{!}} ch'è bel morir mentre è el viver sereno.|Vincenzo Calmeta, Triumphi (III, 55-64)}}Il poeta, commosso e sbigottito, le rivolge si rivolge allora con questa invocazione:
{{Citazione|''Alma mia diva e mio terrestre sole'', {{!}} parlando e lacrimando alor dissi io, {{!}} ''o quanto el viver senza te mi dole! {{!}} Ché, te perdendo, persi ogni desio, {{!}} tua morte me interruppe ogni speranza, {{!}} né so più dove fermare el pensier mio'' [...]|Triumphi (III, 79-84)}}
 
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A detta dello stesso Vincenzo il poema fu composto non a Milano bensì a Roma; così infatti egli scrive nel finale della prefazione: "adonqua io, che in lei ogni mia speranza aveva collocata e mia servitù fin a morte aveva dedicata, e trovandome in Roma per alcune mie occurrenzie e ignaro de tanto caso, poi che me fu sua repentina e immatura morte annunciata, così amaramente incominciai a deplorare".<ref>{{Cita libro|autore=Vincenzo Calmeta|curatore=Rossella Guberti|titolo=Triumphi|p=4}}</ref>
 
Non è affatto chiaro quando di preciso si fosse recato a Roma né perché, motivazione che egli volutamente tralascia di spiegare. Simone Albonico si mostra tuttavia stupito dal fatto che Vincenzo si fosse allontanato dalla corte proprio un momento tanto delicato nella vita della propria signora, quale la sua terza gravidanza, il cui esito infausto ne causò appunto la morte.<ref>''Ludovicus dux. L'immagine del potere'', S. Albonico, Appunti su Ludovico il Moro, 1995, p. 69.</ref>
 
=== Commissario di Cesare Borgia ===
 
Forse aveva già in quel tempo conosciuto il duca [[Cesare Borgia]], ma non entrò subito al suo servizio, si suppone infatti un suo momentaneo ritorno a Milano, perché egli stesso nella sua "Vita di Serafino Aquilano", traendo un'ulteriore occasione per ricordare la propria duchessa, scrisse che a causa della di lei morte "ogni cosa andò in ruina e precipizio, e de lieto Paradiso in tenebroso inferno la corte se converse, onde ciascuno virtuoso a prendere altro camino fu astretto, et io tra li altri, vedendo tanta mia alta speranza interrotta, sopragiontomi anchora altra nova occasione, a Roma me redussi".<ref name=":3">''Vita del facondo pieta vulgare Seraphino Aquilano'', in ''Le rime di Serafino de'Ciminelli dall'Aquila'', a cura di Maio Menghini, Romagnoli-Dall'Aqua, Bologna, 1894, vol I, p. 12.</ref>[[File:Certosa pietra tombale di Beatrice d’Este xilografia di Barberis.jpg|miniatura|301x301px|[[Certosa di Pavia]]: la pietra tombale di [[Beatrice d'Este|Beatrice d’Este]] in una [[xilografia]] di [[Giuseppe Barberis]].]]Nel maggio-settembre 1498 è infatti segnalato a Mantova presso i Gonzaga. Circa in quel tempo partì per la Francia al seguito di Cesare Borgia, come suo segretario, e tornò in Italia con le truppe francesi tra l'agosto e il settembre 1499. I progetti politici del Borgia gli risultavano però spiacevoli, e da ciò si comprende il motivo del suo intervento presso [[Luigi XII di Francia|Luigi XII]] in favore di Caterina Sforza. Vincenzo si mostrava sinceramente preoccupato per la sorte della donna e le scriveva consigli su come impedire il piano papale, promettendo anche di accorrere in suo aiuto. Egli seguì comunque Cesare nella sua impresa di Forlì e poi a Roma. Qui fu testimone del primo tentato assassinio di [[Alfonso d'Aragona (1481-1500)|Alfonso di Bisceglie]], di cui diede notizia alla duchessa Elisabetta Gonzaga.<ref name=":4" />
 
Mancano altre sue notizie fino al 1502, ma si presume che avesse continuato a seguire il Borgia in tutti i suoi spostamenti e quindi in [[Romagna]] e a [[Napoli]]. Sicuramente si trovava a Imola nell'ottobre-dicembre 1502. Probabilmente assistette anche alla drammatica [[strage di Senigallia]]. Nel gennaio 1503 il Borgia lo inviò come [[commissario]] a [[Fermo]], ma tenne quel posto solo per pochi mesi, poiché già nel maggio fu sostituito da Giacomo Nardino. Vincenzo dovette cogliere l'occasione per separarsi dal servizio del Borgia, la cui stella era oramai al declino, e dei cui favori non godeva più come in passato. Già nel settembre 1503 lo si ritrova al servizio di Ercole Pio Carpi.<ref name=":4" />
 
=== Protetto di Elisabetta Gonzaga ===