Friedrich Ebert: differenze tra le versioni

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Nell'agosto del [[1914]] Ebert convinse il suo partito a votare a favore del conflitto, motivando la scelta come un gesto patriottico e una misura difensiva contro le minacce rivolte alla Germania. La sua posizione a favore dell'approvazione dei crediti di guerra, così come quella di un altro leader revisionista come [[Philipp Scheidemann]], recarono gravi spaccature nel partito fino alla scissione di una sua parte, che diede vita al [[Partito Socialdemocratico Indipendente di Germania]] (USPD) agli inizi del [[1917]]<ref>{{Cita web|url=https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/ebert_friedrich|titolo=Ebert, Friedrich|autore=B. Braun|accesso=2021-07-15|lingua=EN|data=2014-10-08}}</ref>. Nel corso della guerra si oppose sempre più alla politica imperiale, che, contrariamente alla sua iniziale convinzione, non gli sembrava più mossa da necessità di difesa; si mise in relazione con i socialisti stranieri e presiedette la delegazione tedesca al congresso socialista di Stoccolma.
 
Quando la sconfitta della Germania apparve inevitabile, venne costituito un nuovo governo formato dal principe [[Massimiliano di Baden|Maximilian di Baden]], che incaricò Ebert e altri membri del Partito Socialista Democratico di far parte del ministero nell'ottobre del [[1918]]. Nominato cancelliere il 9 novembre dello stesso anno<ref>{{Cita libro|autore=[[Martin Gilbert|M. Gilbert]]|titolo=La grande storia della prima guerra mondiale|autore=[[Martin Gilbert|M. Gilbert]]|anno=1998|editore=[[Arnoldo Mondadori Editore]]|città=Milano|p=1458|ISBN=9788852050435}}</ref>(ricevendo impropriamente l'incarico da von Baden, che essendo cancellerie non ne aveva potere, in quanto costituzionalmente del kaiser), proclamò la Repubblica assieme a Philipp Scheidemann<ref>{{cita libro | nome= Guido| cognome= Formigoni| titolo= Storia della politica internazionale nell'età contemporanea (1815-1992)| anno= 2000| editore= Il Mulino| città= Bologna| ISBN= 88-15-07617-4|pagina= 274}}</ref> e chiamò quest’ultimo alla presidenza del consiglio. Contrastò nel gennaio del [[1919]] l'[[Rivolta spartachista|insurrezione dello spartachismo]], che fu sconfitta grazie all'azione congiunta di Scheidemann e [[Gustav Noske]]<ref name="Treccani">{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/friedrich-ebert_%28Dizionario-di-Storia%29/|titolo=Ebert, Friedrich|accesso=2021-07-15}}</ref>, con il concorso dei [[Freikorps]].
 
Il 13 febbraio successivo Ebert fu eletto dall'assemblea riunitasi a [[Weimar]] presidente del Reich<ref name="Britannica"/>. Attaccato dall'estrema sinistra e dall'estrema destra, cercò di assicurare alla [[Repubblica di Weimar]] una direzione stabile di fronte alla crisi morale ed economica che la travagliava. In politica estera sostenne gli sforzi del ministro [[Stresemann]] di riappacificazione con la [[Francia]]. Il suo mandato quinquennale fu prorogato di due anni, ma morì prima di poterlo terminare il 28 febbraio [[1925]] a [[Berlino]].