Logica trascendentale: differenze tra le versioni

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L'unità sintetica del concetto è più rilevante dell'unità analitica, in quanto è presupposta da quest'ultima.<ref name=buroker121>{{cita|Buroker|p. 121}}.</ref> Ora, anche l'io penso ha un'unità analitica e un'unità sintetica secondo le stesse caratteristiche. L'io penso che accompagna tutte le rappresentazioni funziona analogamente alla ''nota communis''. Oltre all'unità analitica che adduce, in quanto astratta dal contenuto, essa però adduce anche un'unità sintetica, in quanto la sintesi di rappresentazioni è necessaria all'autocoscienza.<ref name=buroker121/>
 
Nel §17 (''La proposizione fondamentale dell'unità sintetica dell'appercezione è il principio supremo di ogni uso dell'intelletto''), Kant stabilisce quello che Allison ha chiamato la "tesi della reciprocità", secondo la quale ogni istanza dell'io penso comporta la rappresentazione di un oggetto o di uno stato di cose e, reciprocamente, ogniqualvolta il soggetto si rappresenta un oggetto, congiunge rappresentazioni nell'unità sintetica dell'appercezione. Questo atto, come verrà chiarito nel §19, è il giudizio.<ref name=buroker121/> In altre parole, l'unificazione di un molteplice attraverso un concetto offre validità oggettiva a quel molteplice in quanto lo rende un oggetto pensabile. Il puro molteplice non è dunque un oggetto, non può essere pensato e non rappresenta dunque conoscenza.<ref>{{cita|Buroker|p. 122}}.</ref> L'unità trascendentale dell'appercezione non è dunque solo un'unità soggettiva, ma piuttosto oggettiva. Un oggetto è dunque il molteplice concettualizzato.<ref name=kempsmith285/> L'unità trascendentale dell'appercezione è un'unità oggettiva in due sensi: a) perché determina la propria unità analitica solo attraverso l'unità sintetica del molteplice che essa opera; b) perché l'unità sintetica del molteplice offre alle rappresentazioni un riferimento agli oggetti.<ref name=kempsmith286>{{cita|Kemp Smith|p. 286}}.</ref>
 
Nel §18 (''Che cosa sia l'unità oggettiva dell'autocoscienza''), Kant distingue tra un'unità delle rappresentazioni che sia soltanto soggettiva e una che sia oggettiva. Mentre quest'ultima è l'unità nel pensiero di un oggetto, la prima non è che "una determinazione del senso interno"<ref>{{Cita|''Critica della ragione pura''|pp. 166-167|Colli}}.</ref>; essa è insomma l'unità in quanto prodotto di una mera [[Associazione (psicologia)|associazione]] tra rappresentazioni, quella che Hume aveva accostato al principio di congiunzione costante. Una tale connessione non è concettuale e non rappresenta un oggetto.<ref>{{cita|Buroker|pp. 123-124}}.</ref> L'unità trascendentale dell'appercezione non è dunque solo un'unità soggettiva, ma piuttosto oggettiva. Un oggetto è dunque il molteplice concettualizzato.<ref name=kempsmith285/> L'unità trascendentale dell'appercezione è un'unità oggettiva in due sensi: a) perché determina la propria unità analitica solo attraverso l'unità sintetica del molteplice che essa opera; b) perché l'unità sintetica del molteplice offre alle rappresentazioni un riferimento agli oggetti.<ref name=kempsmith286>{{cita|Kemp Smith|p. 286}}.</ref>
 
Nel §19 (''La forma logica di tutti i giudizi consiste nell'unità oggettiva dell'appercezione dei concetti in essi contenuti''), Kant sostiene che rappresentarsi un oggetto è in sostanza giudicare. A questo proposito, egli si dichiara insoddisfatto della tradizionale definizione di giudizio offerta dai logici ("rappresentazione di un rapporto tra due concetti"<ref>{{Cita|''Critica della ragione pura''|p. 168|Colli}}.</ref>), adatta al più ai giudizi categorici (mentre, ad esempio, i giudizi ipotetici e disgiuntivi mettono in rapporto altri giudizi<ref name=colli127/>). Per quanto esistano certamente giudizi empirici, di natura contingente, essi hanno comunque un'unità oggettiva, in quanto si riferiscono a oggetti o a stati di cose, e possono essere veri o falsi.<ref>{{cita|Buroker|pp. 124-125}}.</ref> Nel §19, l'unità oggettiva dell'autocoscienza è posta in relazione con l'unità oggettiva del giudizio: le condizioni dell'autocoscienza equivalgono alle condizioni della sintesi del molteplice (o concettualizzazione dell'oggetto).<ref name=gardner91/> Se, nel provare a sollevare un corpo e nell'esperirne il peso, attribuisco al corpo e al peso una relazione di mera associazione, non avrò che una sequenza di rappresentazioni; la formazione del giudizio "questo corpo è pesante" o persino "ogni corpo è pesante" connette le due rappresentazioni nell'oggetto: è questo il ruolo della copula ''è''. Scrive infatti Kant: "un giudizio non è altro se non il modo di portare conoscenze date all'unità oggettiva dell'appercezione"<ref>{{Cita|''Critica della ragione pura''|p. 170|Colli}}.</ref>. Non tutti i giudizi oggettivi sono però universali e necessari: un giudizio può certo essere empirico e contingente.<ref name=kempsmith286/> Anche un giudizio empirico e contingente deve incorporare quei principi di determinazione oggettiva delle rappresentazioni che soli offrono conoscenza e ciò al pari dei giudizi di tipo scientifico.<ref name=kempsmith287>{{cita|Kemp Smith|p. 287}}.</ref>