Dirar ibn al-Azwar: differenze tra le versioni
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Appartenente al [[clan]] dei [[Banu Asad]] della [[tribù]] dei [[Quraysh]] di [[La Mecca|Mecca]], fu uno dei ''[[Mubarizun|Mubārizūn]]'' e un abile guerriero, impegnato nella [[guerra della ridda]] sotto il [[califfato]] di [[Abū Bakr]] e nella [[conquista islamica della Siria]], agli ordini del generale [[Khalid ibn al-Walid|Khālid b. al-Walīd]], all'epoca del secondo [[califfo]] [[ʿOmar ibn al-Khaṭṭāb|ʿUmar b. al-Khaṭṭāb]] (634-644), in cui mise in luce un indomito coraggio e una feroce determinazione.<br/>
Fu presente nella [[battaglia di Ajnadayn|battaglia di Ajnādayn]] e nella [[Battaglia dello Yarmuk|Campagna dello Yarmūk]].
==Biografia==
Figlio del ''[[Sayyid]]'' dei B. Asad, Mālik b. Aws, apparteneva a una famiglia che fu tra le ultime a convertirsi all'[[islam]] (dopo la [[conquista di Mecca]], ossia ''fatḥ Makka''). Assai ricco, abbandonò la sua vita di lussi per la causa islamica.<br/>
Dopo la [[battaglia del Fossato]], assieme a [[Tulayha|Ṭulayḥa b. Khuwaylid]], fu inviato da [[Maometto]] per convincere i suoi contribuli ad abbracciare la nuova religione.<ref>
=== Guerra della ridda ===
Ḍirār passò la sua vita a combattere nella [[guerra della ridda]], operando come percettore delle imposte (della ''[[zakat|zakāt]]'') prima di dedicarsi al mestiere delle armi, servendo come esploratore a cavallo nella "[[Guardia mobile]]", una unità di élite costituita dal generale [[Khalid ibn al-Walid|Khālid b. al-Walīd]]. Fu inviato da [[Abū Bakr]] a porre fine alla ribellione, insorta dopo l'apostasia di Ṭulayḥa.<ref>
Un altro evento particolare che riguardò Ḍirār fu quello di essere inviato da Khālid b. al-Walīd, alla guida di un distaccamento di guerrieri appartenenti ai [[Banu Tamim|Banū Tamīm]] per affrontare [[Malik ibn Nuwayra|Mālik b. Nuwayra]], capo dei Banū Yarbūʿ, sottotribù dei Tamīm, accusato di [[apostasia]].<ref name="google1">
=== Battaglia di Ajnādayn ===
Le forze dell'[[esercito dei Rashidun]] lasciarono la capitale di [[Medina]] probabilmente nell'autunno del 633 o agli inizi del 634. Essa dapprima impegnarono combattimento coi [[Bizantini]] e li sconfissero nella [[battaglia di Dathin]] il 4 febbraio. L'Imperatore [[Eraclio I|Eraclio]], fermatosi a [[Emesa]] (ora [[Homs]], in [[Siria]]), ricevette rinforzi e li spedì a sud a protezione di [[Cesarea marittima]]. Per reagire a ciò, il comandante [[Khalid ibn al-Walid]] ricevette l'ordine del califfo d'interrompere le operazioni contro l'[[Impero sasanide]] e di guadagnare il ''[[Grande Siria|Bilād al-Shām]]'', impegnando il nemico in battaglia. A metà di essa si tramanda che l'impetuoso Ḍirār abbia così apostrofato Khālid:
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Khālid decise di permettere che i singoli campioni musulmani combattessero contro i campioni bizantini anche perché, in caso di loro vittoria, sarebbero stati eliminati ufficiali bizantini abili, facilitando il compito delle forze islamiche. Pertanto Khālid permise a Ḍirār di agire secondo questo intendimento e Ḍirār prese quindi con sé [[corazza]] ed [[elmetto]] per proteggersi dagli [[arcieri]] [[ghassanidi]] al servizio dei Bizantini, imbracciando il suo [[scudo]] fatto di pelle d'[[elefante]], una volta appartenuto a un Bizantino.<br/>
[[Waqidi]] afferma che Ḍirār lanciò il suo personale grido di battaglia quando s'avvicinò al nemico:
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Dal momento che pochi campioni ghassanidi avanzarono per la [[singolar tenzone]], Ḍirār abbandonò immediatamente la propria armatura e indumenti, facendosi conoscere dai suoi nemici come un "nudo campione". Nei successivi pochi minuti le cronache musulmane, indifferenti della veridicità di quanto narravano, egli avrebbe ucciso diversi nemici, inclusi due generali, uno dei quali governatore di [[Amman]] (allora Philadelphia) e l'altro di [[Tiberiade]], demoralizzando i ranghi ghassanidi.
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=== Battaglia del Yarmuk ===
Nella successiva [[battaglia del Yarmuk]], sulla scorta di una notizia di [[Ibn Taymiyya]] e di Muhammad Yusuf al-Dihlawi, autore di una vita dei [[Sahaba]] (''Ḥayāt al-Ṣaḥāba''), si afferma che si sarebbe verificato uno scontro in cui i musulmani furono respinti dai Bizantini e che Ḍirār ibn al-Azwar, con [[Ikrima ibn Abi Jahl]], avrebbe eroicamente resistito con 400 guerrieri, difendendo le posizioni musulmane finché l'esercito califfale non riuscì a riprendere il controllo della situazione con l'arrivo di rinforzi.<ref>
Al-Ḥārith b. Hishām e Ḍirār ibn al-Azwar combatterono fino a quando le ferite ebbero il sopravvento. Ikrima cadde, mentre Ḍirār scampò alla morte.<ref>Wāqidī, p. 36 [https://books.google.co.id/books?id=47PEMS6emv0C&dq=dhirrar+azwar+ikrimah&source=gbs_navlinks_s], Cap. 29 di ''The History of al-Tabari'', Vol. 11: "The Challenge to the Empires A.D. 633-635/A.H. 12-13".</ref>
I musulmani non presero prigionieri, visto che il generale bizantino Theodore Trithyrius e altri comandanti erano morti in battaglia. Un gran numero di soldati bizantini tentò la fuga per evitare il massacro, ma molti di loro furono catturati nel successivo inseguimento musulmano. <br/>
Dopo la battaglia, il [[califfo]] [['Umar]] dette ordine che una parte delle truppe musulmane che avevano combattuto al Yarmūk si trasferisse in [[Iraq]] per rafforzare e aiutare [[Sa'd ibn Abi Waqqas|Saʿd b. Abī Waqqāṣ]] nella [[battaglia di al-Qadisiyya]] contro l'[[Impero sasanide]], e Ḍirār ibn al-Azwar fu tra costoro.
=== Successive imprese ===
Durante la [[Battaglia di Thaniyyat al-'Uqab]] che precedette la conquista di [[Damasco]] fu catturato dai Bizantini, ma poco dopo fu trovato e, secondo [[al-Waqidi|al-Wāqidī]], liberato da un drappello guidato da sua sorella, [[Khawla bint al-Azwar]].<ref>
==Sulla sua morte==
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{{Sahaba}}
{{Portale|biografie|guerra|
[[Categoria:Quraysh]]
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