Arvedi: differenze tra le versioni

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Impegnato in una continua ricerca nel settore dell'impiantistica legata alla produzione e alla lavorazione dell'acciaio, nel 1973 apre a Cremona l'[[Acciaieria Tubificio Arvedi]], moderna miniacciaieria dedicata alla produzione di acciaio e tubi laminati a caldo. Nei primi anni Ottanta acquista dalla [[Falck (azienda)|Falck]] la ''Celestri'', una delle principali aziende commerciali e di servizi siderurgici che in seguito cede nel 1985 nell'ambito di uno scambio di quote azionarie con la [[Dalmine (azienda)|Dalmine]] che lo porta al salvataggio dell'ex [[Fabbrica Italiana Tubi|Fit Ferrotubi]], tra cui il Tubificio Lombardo di [[Corbetta]] (poi ceduto a [[Metalfer]] nel 1996), l'Acciaieria di Trigoso e la Arinox di [[Sestri Levante]]. Inoltre acquisisce una significativa partecipazione in AFL Acciaierie e Ferriere Lombarde del Gruppo [[Falck (azienda)|Falck]]. L'[[Fabbrica Italiana Tubi|Acciaieria di Trigoso]] diventa, con la denominazione Arinox, il primo e unico produttore di nastri di acciaio inossidabile di precisione in Italia.
 
Nel corso della sua esperienza imprenditoriale, Giovanni Arvedi è intervenuto nel salvataggio della [[Rizzoli]] e del ''[[Corriere della Sera]]'' nel 1984, in seguito alla vicenda [[P2]] arrivando ad avere fino al 12% del capitale e l'incarico di vicepresidente sia in Rizzoli che in Gemina. È uno dei più attivi nel salvataggio della Rizzoli ed è l'unico a mettere sul piatto 140 miliardi di lire ma dirà anche nel giugno 1983 a ''L'Europeo'': "Purtroppo abbiamo scoperto che tutti hanno paura. Paura di fare cosa sgradita ai partiti, di andare incontro a qualche guaio o, peggio, di finire sulle prime pagine di qualche giornale".
 
Nel 1989 è per quattro anni presidente degli industriali di Cremona.