Duello: differenze tra le versioni

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Comunque ancora negli anni venti-trenta del XIX secolo il duello era molto diffuso, tanto che l'irlandese primo ministro Duca di Wellington, eroe nazionale, mentre era in carica si sentì obbligato ad un duello con un membro dell'opposizione che lo aveva insultato. Va anche aggiunto che nel XIX secolo i duelli britannici non erano quasi mai all'ultimo sangue, anche se generalmente combattuti con le pistole, armi che, a differenza delle spade, non permettevano di dosare la violenza.
Le regole del duello irlandese si diffusero notevolmente sia in Inghilterra che nelle colonie inglesi, dove il duello "passò di moda" verso la metà del XIX secolo, in maniera analoga a quanto avvenuto nella metropoli.
[[File:Duello Ungaretti Bontempelli 2.jpg|sinistra|miniatura|Il celebre duello all'arma bianca tra [[Giuseppe Ungaretti]] e [[Massimo Bontempelli]] nel 1926 a Roma. All'epoca il duello era ancora sostanzialmente tollerato purché svolto lontano da occhi indiscreti.]]
 
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Peraltro, nell'esercito italiano, sul modello di quello napoleonico, non era ammissibile un duello tra ufficiali di grado differente, ed era considerato disonorevole abbandonare il proprio reparto per partecipare a un duello in un'altra guarnigione: questi due aspetti contribuivano a rarefare le occasioni di duello, il cui svolgimento ricadeva per lo più sotto la rigorosa codificazione di [[Jacopo Gelli]]. In quel periodo Andrea D’Amico Franz, cultore di discipline cavalleresche, allo scopo di unificare varie leggi e trattati cavallereschi spesso in aperta contraddizione tra loro, si occupò specificatamente del duello e diede alle stampe prima il ''Nuovo codice sul duello'' (Catania 1893) coi tipi di C. Galàtola e poi, con l’editore Niccolò Giannotta, il ''Nuovo codice sul duello e procedura cavalleresca'' (Catania 1894)<ref>Diedero l’adesione al codice cinquantacinque firmatari, tra cui si distinguevano importanti politici, maestri di scherma (spiccava il nome di [[Agesilao Greco]]), militari, nobili e avvocati.</ref>.
 
Nell'Italia di fine secolo XIX fece molto scalpore la morte, a 56 anni, del deputato dell'estrema sinistra [[Felice Cavallotti]] dopo essere stato [[Felice Cavallotti#Il duello fatale|ferito gravemente in duello]] dal giornalista conservatore [[Ferruccio Macola]]. Il [[Codice penale italiano|Codice Penale]] del Regno d'Italia, promulgato con [[Regio decreto legge]] n. 1398 del 19 ottobre [[1930]], puniva i ''duellanti'' e i ''portatori di sfida''<ref>artt. 394 e segg. [[codice penale italiano|C.P.]], abrogati in virtù dell'articolo 18 c.1 della legge n. 205 del 25 giugno 1999: ''Delega al Governo per la [[depenalizzazione]] dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario''.</ref> con la reclusione fino a sei mesi e una contravvenzione, se non cagiona danni o lesioni all'avversario.
 
L'ultimo duello che si svolse in Italia fu tra due filomonarchici per ragioni politiche, il 22 marzo 1955 quando Fiorentino Gaetano ed Attilio Romano si sfidarono alla [[Solfatara di Pozzuoli|solfatara di Napoli]].<ref>{{Cita web|url=https://www.instagram.com/primarepubblica/p/Cx7qS0htwjk/|titolo=[Prima della Repubblica]|autore=primarepubblica|sito=Instagram|data=15 settembre 2023|accesso=2024-01-22}}</ref>
Il [[Codice penale italiano|Codice Penale]] del Regno d'Italia, promulgato con [[Regio decreto legge]] n. 1398 del 19 ottobre [[1930]], puniva i ''duellanti'' e i ''portatori di sfida''<ref>artt. 394 e segg. [[codice penale italiano|C.P.]], abrogati in virtù dell'articolo 18 c.1 della legge n. 205 del 25 giugno 1999: ''Delega al Governo per la [[depenalizzazione]] dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario''.</ref> con la reclusione fino a sei mesi e una contravvenzione, se non cagiona danni o lesioni all'avversario.
 
In dottrina è stato sostenuto, in proposito, che "nella società di oggi la gran parte delle persone è ben lieta che sia stato bandito"<ref>Romano Mario, ''Danno a sé stessi, paternalismo legale e limiti del diritto penale'', Rivista italiana di diritto e procedura penale 2008, p. 984, fasc. 3, 1 settembre 2008, secondo cui "l'analisi non deve appuntarsi su una minoranza in via di estinzione che, ancora propensa a difendere in questo modo il proprio onore, viene dalla legge privata del diritto di battersi, ma guardare invece alla quasi totalità di persone che desiderano essere protette da una potenziale molestia di quel tipo".</ref>. In realtà, pene così poco severe erano un forte indicatore dello scarso allarme sociale che suscita il duello ai giorni nostri.<ref>Anita Frugiuele, ''Reati d'altri tempi: il duello, fascinosa riparazione dell'onore,'' in Notiziario del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Cosenza, n. 2, dicembre 2007, pp. 11-12.</ref> Solo una sentenza della Corte Suprema si è occupata del duello, pubblicando che