Don Camillo monsignore... ma non troppo: differenze tra le versioni

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*[[Bruno Persa]]: maresciallo dei carabinieri
*[[Manlio Busoni]]: un esponente democristiano
*[[Cesare Fantoni]]: un compagno socialista
*[[Gianfranco Bellini]]: don Cesare Salvi
*[[Renzo Ricci]]: voce crocifisso
*[[Sergio Fantoni]]: voce narrante
|fotografo = [[Carlo Carlini]]
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}}
 
'''''Don Camillo monsignore... ma non troppo''''' è un [[film]] del [[1961]] diretto da [[Carmine Gallone]].
 
Si tratta del quarto episodio della saga di [[don Camillo]] e [[Peppone]], tratto dai racconti di [[Giovannino Guareschi]].
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==Trama==
[[File:Brescello Madonnina del Borghetto.JPG|thumb|left|Madonnina del Borghetto a [[Brescello]].]]
1960. Da tre anni i superiori di don Camillo si sono sbarazzati di lui facendolo [[monsignore]] e trasferendolo a [[Roma]]. Lo stesso hanno fatto i dirigenti del [[Partito Comunista Italiano|partito comunista]] con Peppone, eletto finalmente al [[Parlamento italiano|Parlamento]] come [[Senato della Repubblica|senatore]]. Gli giunge da [[Brescello]], loro paese natale, la notizia che è stato approvato il progetto della costruzione di una casa popolare per alloggiare alcune famiglie in difficoltà; il problema è che sul luogo di costruzione sorge la cosiddetta «Madonnina del Borghetto», di proprietà della Curia. Don Camillo e Peppone, indipendentemente l'uno dall'altro, decidono di tornare al loro paese con lo scopo di seguire la vicenda da vicino, colcon il risultato che si incontrano per caso nel vagone letto del treno che li sta riconducendo a casa.
 
Arrivati a destinazione, il sindaco di Brescello e Peppone vogliono abbattere la cappella e strumentalizzare politicamente il fatto che presumibilmente la Chiesa avrebbe rifiutato il terreno, cosa che invece non si verifica, a patto però che gli alloggi vengano distribuiti equamente tra famiglie proposte dalla chiesa e famiglie proposte dal comune. La cappella resiste a tutti i tentativi di abbatterla e diventa infine parte dell'edificio.
Altra questione che Peppone deve risolvere al suo arrivo è quella del matrimonio di Walter, suo figlio maggiore: il padre, per una serie di questioni legate al partito in cui milita, vuole che il figlio si sposi nella sola forma civile, mentre la moglie di Peppone, così come la futura nuora e i genitori di lei, vorrebbero un matrimonio in chiesa. Peppone, per averavere l'assenso del futuro [[consuocero]] alla forma civile, gli offre un posto di usciere in comune. Don Camillo, di contro, promette che gli farà avere la concessione di una pompa di benzina, giungendo ada un'impasse.
 
Gisella, una militante del partito comunista di Brescello, ruba i vestiti di don Camillo, che era andato a cercare refrigerio dalla calura estiva con una nuotata nel fiume [[Po]]. Peppone, pensando di averavere tolto di mezzo temporaneamente il rivale, si appresta a farfare celebrare il matrimonio civile ma la notizia, che poi si scoprirà falsa, che don Camillo sia annegato nel fiume interrompe il matrimonio. La situazione sembra giunta ada uno stallo, ma alla fine si trova un compromesso, dovuto anche al fatto che Peppone vince al [[totocalcio]], con lo pseudonimo di Pepito Sbazzeguti (ottenuto anagrammando il suo nome e cognome di battesimo Giuseppe Bottazzi), ma non sa come ritirare il premio senza essere scoperto dai "[[Compagno (politica)|compagni]]": don Camillo lo aiuta nell'intento, andando lui in città a ritirare i soldi e strappandogli la promessa di un matrimonio anche in forma religiosa, che viene celebrato in una chiesina di campagna, mentre la cerimonia civile avviene in pompa magna in municipio.
 
Intanto, da Dondon Camillo si presenta il marito di Gisella, disperato perché la moglie è troppo presa dalla politica e non sta mai a casa trascurando così la famiglia; nell'esternare la sua disperazione di marito si fa scappare che è stata proprio la moglie a rubare i vestiti al monsignore, così che don Camillo prende ancorancora più a cuore la vicenda dell'uomo. Il giorno dopo arriva la notizia che Gisella è stata aggredita: viene infatti trovata in un bosco con un sacco in testa e le terga dipinte di rosso colcon il [[minio]]. La donna si ritrova così coperta di vergogna per via dello scherno dei compaesani e non ha più il coraggio di uscire di casa.
 
Ormai i vari problemi sono stati risolti e sia don Camillo che Peppone non possono più ignorare i richiami da parte dei loro superiori a rientrare a Roma. La malinconia nel dover lasciare i luoghi a cui sono affezionati è molta, ma entrambi ritornano ai loro doveri con la consapevolezza che a Roma non sono più distanti l'uno dall'altro di quanto lo sarebbero stati a Brescello.
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File:Don Camillo monsignore... ma non troppo - Gina Rovere, Marco Tulli, Saro Urzì, Ignazio Balsamo.jpg|Gisella Marasca ([[Gina Rovere]]) con lo Smilzo ([[Marco Tulli]]), Il Brusco ([[Saro Urzì]]) e un compagno socialista ([[Ignazio Balsamo]]) in una scena, mentre leggono sul giornale il vincitore del totocalcio, ''Pepito Sbazzeguti''.
File:Don Camillo monsignore... ma non troppo.jpg|Peppone ([[Gino Cervi]]) fa una visita notturna a don Camillo per la terza volta per riprendersi i soldi, in una scena.
File:Don Camillo monsignore... ma non troppo - Fernandel e Carlo Taranto.jpg|Don Camillo ([[Fernandel]]) con il Marasca ([[Carlo Taranto (attore)|Carlo Taranto]]) in una scena, mentre spiega il problema con la moglie Gisella.
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