Liutprando nacque da una famiglia [[Longobardi|longobarda]] di classe funzionariale e ricevette la sua istruzione presso la corte di re [[Ugo di Provenza|Ugo]] a [[Pavia]]. Rimasto orfano del padre e adottato dal secondo marito della madre (costui era stato ambasciatore di re Ugo a Costantinopoli),<ref>''[[Antapodosis]]'', III, 24 ({{Cita|Cutolo|p. 120}}).</ref> fu ordinato [[diacono]] ed entrò al servizio del re [[Berengario II di Ivrea|Berengario II]], per il quale, seguendo le orme del patrigno, nel [[949]] andò come diplomatico a [[Costantinopoli]] alla corte dell'imperatore [[Costantino VII]]. Al suo ritorno, caduto in disgrazia presso Berengario per motivi ignoti, ottenne protezione alla corte del [[regnum Teutonicorum|re dei Tedeschi]] [[Ottone I di Sassonia|Ottone I]], futuro [[imperatore del Sacro Romano Impero]], al quale offrì i suoi servigi. Liutprando, insieme a molti esuli italici accolti alla corte tedesca, si adoperò lungamente per spingere Ottone a intervenire in Italia contro Berengario II, considerato un tiranno da molti. Fu al seguito del re tedesco che Liutprando poté tornare in patria e, in occasione dell'incoronazione imperiale, divenne, a partire dal [[961]], [[vescovo di Cremona]], come egli stesso racconta e come attestato dai documenti dell'epoca.
Grazie anche alla sua conoscenza, peraltro non perfetta, del greco e del tedesco, Liutprando fu al centro delle vicende politiche e diplomatiche della seconda metà del [[X secolo]] relative all'Italia, al Sacro Romano Impero e ai rapporti di quest'ultimo con l'[[Impero Romano d'Oriente|Impero bizantino]]. Assistette infatti all'incoronazione di Ottone I e di [[Ottone II]], alla deposizione dei papi [[Papa Giovanni XII|Giovanni XII]] e [[Papa Benedetto V|Benedetto V]] e alla elezione di [[Papa Leone VIII|Leone VIII]] e [[Papa Giovanni XIII|Giovanni XIII]], al Sinodo di Ravenna e nel [[968]] fu inviato ancora una volta alla corte di Costantinopoli presso l'imperatore [[Niceforo II Foca]] (del quale ci ha lasciato il ritratto eccezionalmente vivo e quasi caricaturale di un essere illetterato e abietto descritto con un disprezzo e una ferocia inauditi), per chiedere la mano della nipote [[Teofano Scleraina|Teofano]] per conto dell'imperatore Ottone II.
== Opere ==
Di Liutprando ci sono giunte quattro opere, le quali traggono spunto dagli eventi storici di cui è testimone. A parte l{{'}}''Homelia Paschalis'', filologicamente controversa e di tenore differente, i testi di Liutprando, più che opere storiografiche in senso stretto, sono dei vivissimi racconti quasi bozzettistici, pieni di aneddoti salaci attraverso i quali l'autore, ignorando o nella maggior parte dei casi volutamente a dispetto di ogni verità storica, mette in cattiva luce personaggi con i quali si è trovato in conflitto o dai quali ha subito qualche forma di torto.
L'esempio più evidente è nell{{'}}''[[Antapodosis]]'' (che, per l'appunto, significa "contraccambio/resa dei conti"), suggeritagli da Recemondo, vescovo [[mozarabo]] di [[Diocesi di Elvira|Elvira]]. L'opera, che per ampiezza di argomenti e cura stilistica è considerabile la maggiore opera di Liutprando, è una narrazione che copre diversi decenni del X secolo. Fine dell'opera è vendicarsi, seppur su un piano letterario, di chi nella vita gli ha fatto sgarbi, visto che, come lui afferma, la giustizia divina vince sempre, ma i suoi tempi sono differenti rispetto alle esigenze dell'uomo. I testo pare incompiuto, perciò non si sa con certezza chi sia la persona che più di ogni altra ha "offeso" Liutprando; certo è che tutta l'opera è una difesa di Ottone I e, ancor di più, una sequela di attacchi contro [[Berengario II di Ivrea|Berengario II]], sua moglie [[Willa III d'Arles|Willa]] e altri aristocratici del periodo,<ref>Estremamente ilare è, a titolo di esempio, la descrizione di Burcardo, aristocratico tedesco venuto a dar manforte a Rodolfo di Borgogna per aiutarlo a riprendere il trono d'Italia. Burcardo assume subito le pose e il linguaggio del ''miles gloriosus'' dell'[[Miles gloriosus|omonima commedia]] di [[Tito Maccio Plauto|Plauto]], facendo, ovviamente, una pessima fine. L'esempio dimostra anche la conoscenza approfondita dei classici latini da parte Liutprando (persino di autori come Plauto, raramente conosciuti nel X secolo) e la sua straordinaria capacità di manipolazione della lingua.</ref>, che Liutprando copre di ingiurie e di ridicolo.
Un'altra opera senza dubbio originale è la ''Relatio de legatione Constantinopolitana'', in cui Liutprando, nel tentativo di spiegare il fallimento della sua missione diplomatica a [[Costantinopoli]],<ref>Liutprando era stato mandato, in virtù della sua conoscenza del greco bizantino, da Ottone I a Costantinopoli, con l'intento di ottenere una delle figlie dell'imperatore d'Oriente in sposa ad uno dei figli di Ottone.</ref>, copre di ridicolo l'imperatore [[Niceforo II Foca|Niceforo]] e l'intera corte bizantina, descrivendoli, in modo assolutamente paradossale come "barbari brutti e malvestiti".
AltroTerzo e ultimo ''[[pamphlet]]'' è l'opera conosciuta come ''Historia Ottonis.'' L'opera in realtà non ha un vero e proprio titolo: quello citato è il più comunemente riportato nella tradizione manoscritta, mentre è ignoto il titolo che Liutprando le abbia realmente dato. Inoltre il titolo è molto sviante: l'opera fu commissionata a Liutprando da [[Ottone I di Sassonia|Ottone I]] per giustificare la deposizione di [[papa Giovanni XII]]; non è, quindi, come il titolo lascerebbe intuire, una "storia delle gesta di Ottone" e per questo motivo [[Paolo Chiesa]], per un'edizione critica dell'opera da lui curata, ha scelto il titolo di ''De Iohanne papa et Ottone imperatore. Crimini, deposizione e morte di un pontefice maledetto''. Lo stile è sempre il medesimo: [[papa Giovanni XII]] viene descritto come un depravato, vizioso, addirittura [[stupratore]] seriale, tanto che le nobildonne romane avrebbero avuto paura di uscire la sera per essere assalite dal papa; giustamente, quindi, Ottone I, come capo supremo della Chiesa, ha messo fine a questa ignominia, deponendolo. Anche qui, dunque, gli aspetti politici vengono messi in secondo piano, così come ogni presunzione di oggettività: ciò che conta è l'attacco, spesso violento e personale, ma sempre intriso di grandissima ironia e grandi capacità letterarie.
Queste opere, in cui Liutprando dimostra una grande padronanza della lingua latina, sono colme di citazioni e rimandi intertestuali ad autori classici anche non di comune utilizzo nel X secolo, come ad esempio [[Plauto]], [[Terenzio]], [[Persio]], [[Marziale]] e [[Giovenale]]<ref>Probabilmente per alcuni di questi autori la conoscenza di Liutprando è mediata da antologie e florilegi, mentre è sicuramente diretta la conoscenza di autori più noti come [[Terenzio]], [[Cicerone]], e [[Virgilio]].</ref> (dai quali gli derivano una certa [[misoginia]] e capacità di "grottesco letterario") e possiedono una vivacità descrittiva indiscussa, facendo di Liutprando forse il maggiore narratore latino del X secolo. Insieme ad autori come [[Raterio da Verona]] o [[Attone di Vercelli]], rappresenta il più vivido esempio letterario di quella che è stata definita la [[Rinascita ottoniana]].
=== Edizioni ===
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