Sugerio di Saint-Denis: differenze tra le versioni

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Suger giustificava l'estetica del lusso attraverso l'opera di [[Dionigi l'Areopagita]], all'incirca contemporanea di quella di [[Severino Boezio|Boezio]] e con essa allineata per le questioni essenziali, entrambe appartenenti alla tradizione [[Neoplatonismo|neoplatonica]] e con presupposti logici simili.<ref>{{Cita|Wirth|p. 84}}.</ref>
 
Nel pensiero di Dionigi i teorici del Medioevo trovavano ciò che mancavamankkcava a Boezio per edificare una teologia dell'immagine: la riabilitazione della materia come segno dello spirituale. Di fronte alla [[mistica]] della Parola, Dionigi offriva una mistica della luce che valorizzava ciò che brilla, il metallo prezioso e i gioielli, in pratica la ricchezza. Realizzata con questi materiali, la forma delle apparenze sensibili poteva quindi essere legittimata come immagine dello spirituale.<ref>{{Cita|Wirth|p. 344}}.</ref>
 
"Nessun peccato di omissione, [Suger] pensava, poteva essere più grave che il voler escludere dal servizio di Dio e dei suoi santi ciò che Dio stesso aveva concesso alla natura di fornire e all'uomo di perfezionare: vasellame d'oro o di materie preziose, adorno di perle e gemme, candelabri e [[Paliotto|paliotti]] d'oro, sculture e vetrate, mosaici e smalti, paramenti sacerdotali e arazzi fulgenti".<ref name=Panofsky122>{{Cita|Panofsky|p. 122}}.</ref> Tutto ciò era stato condannato dall'[[Ordine cistercense]] e da San Bernardo stesso nella ''Apologia ad Willelmum Abbatem Sancti Theodorici'': "dipinti o sculture a figure non erano tollerati, tranne i crocefissi in legno; gemme, perle, oro e seta erano proibiti; i paramenti sacerdotali dovevano essere di lino o di fustagno, i candelieri e gli incensieri di ferro; solo i calici si consentiva fossero d'argento o d'argento dorato".<ref name=Panofsky122/>