Seconda guerra di Morea: differenze tra le versioni
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La '''seconda guerra di Morea''' fu combattuta tra la [[Repubblica di Venezia]] e l'[[Impero ottomano]] tra il 1714 e il 1718. È stato l'ultimo conflitto tra le due potenze
Il conflitto è noto anche con il nome di '''settima guerra ottomano-veneziana'''<ref name=Lane411>{{cita|Lane (1973)|p. 411}}.</ref> o la '''piccola guerra'''; in [[Croazia]] è nota anche come '''guerra di [[Sinj]]'''<ref>[http://www.matica.hr/www/wwwizd2.nsf/AllWebDocs/soldosinjskakrajinau17i18stoljecu1 Matica hrvatska] Josip Ante Soldo: Sinjska krajina u 17. i 18. stoljeću (knjiga prva), Matica hrvatska ogranak Sinj, Sinj, 1995, ISBN 953-96429-0-6</ref>.
== Contesto storico ==
Alla fine del gennaio 1699 si concludevano con la [[pace di Carlowitz]] i negoziati tra l'Impero ottomano e i vittoriosi componenti della Lega costituitasi tra il 1683 e il 1686 in avversione al Turco. Fra di essi vi faceva parte pure la [[Repubblica di Venezia]], la quale dopo 15 anni di ininterrotte campagne belliche, attraverso le imprese del “peloponnesiaco” [[Francesco Morosini]] acquistava nuovi territori nell'Oltremare,
La [[Dalmazia Veneta|Dalmazia veneta]], i cui confini raggiunsero la cosiddetta [[linea Grimani]] (dal nome del commissario veneto che li delimitò), si ingrandì notevolmente attraverso l'annessione delle città di [[Knin]], [[Signo]] e [[Čitluk (Signo)|Ciclut]], al pari dell'[[Albania veneta]], dove venivano annesse [[Castelnuovo (Montenegro)|Castelnuovo]] e [[Risano]]; nel [[mar Jonio]] entrava a far parte della Repubblica di Venezia l'isola di [[Leucade (isola)|Santa Maura]], nell'arcipelago del [[mar Egeo]] l'[[Egina (isola)|isola di Egina]], ma soprattutto il [[Morea Veneziana (Peloponneso)|Regno di Morea]] (così era chiamato pomposamente dai veneziani l'odierno Peloponneso), sino all'[[istmo di Corinto]].
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[[File:Regno di Morea.svg|thumb|left|La Morea e le sue suddivisioni amministrative così come stabilite dal governo di Venezia]]
Non passò molto tempo che l'Impero ottomano, difatti, meditò di riprendersi quanto era stato costretto a cedere alla Serenissima pochi anni prima, in primis la Morea, e recuperare quindi il controllo dell'Egeo. La Sublime Porta aveva ripreso fiducia in merito alle proprie capacità belliche a seguito dell'esito fortunato della guerra contro la [[Russia]] nel 1711, ed oltretutto Venezia con la proclamazione della neutralità al conflitto dinastico per il trono spagnolo ([[guerra di successione spagnola]]), era rimasta isolata diplomaticamente. Il momento per aprire una ennesima recrudescenza armata con la Repubblica Veneta fu perciò considerato propizio,
Già pochi mesi prima, il Memmo aveva posto in guardia il Doge [[Giovanni II Corner]] sugli ingenti preparativi militari effettuati dalla Porta, quali il riattamento delle principali fortezze antistanti il [[Levante Veneto]], l'arruolamento di truppe in [[Bosnia]] e in altre province dell'Impero turco, l'intensa attività di costruzione navale incorsa nell'[[Arsenale]] di Costantinopoli. Al precipitare degli eventi, Venezia nominò [[capitano generale da mar]] [[Daniele Dolfin]] e [[provveditore generale in Morea]] [[Alessandro Bon (1654-1715)|Alessandro Bon]]. Quest'ultimo tuttavia poteva opporre al turco nel Peloponneso solamente poco più di {{M|7000}} uomini regolari e uno scarso quantitativo di milizie locali. In un dispaccio inviato alla Repubblica in quel periodo, lamentò infatti egli di come [[Napoli di Romania]], capitale del [[Morea Veneziana (Peloponneso)|Regno di Morea]], possedesse solamente {{M|1269}} soldati, e quantunque si aspettasse un rinforzo di oltre 500 teste, la difesa del sito ne richiedeva almeno {{M|3000}}.
L'apporto dei greci abitanti di Morea nei confronti dei veneziani si rivelò d'altronde piuttosto scarno, soprattutto perché essi sotto la dominazione turca avevano goduto di larghe autonomie, a discapito invece delle misure accentratrici di Venezia, presenti sia dal punto di vista commerciale che da quello religioso (vigeva il divieto di comunicare con il patriarcato di Costantinopoli). Perfino i Mainotti (residenti nella [[Maina (penisola)|Maina]]), da sempre conosciuti come i più zelanti sostenitori della presenza veneziana in Morea, titubavano ad appoggiare la Serenissima per non esporre il proprio paese a saccheggi e devastazioni da parte dei turchi. Per quanto riguarda il naviglio militare in dotazione di San Marco, alla vigilia della seconda guerra di Morea erano dislocati nel riparto del Levante 8 [[navi di linea]], non completamente equipaggiate, come lamentava in una relazione del dicembre 1714 il [[capitano straordinario delle navi]], e 11 [[Galea|galere]].
Dei rinforzi pervennero dalle [[isole Ionie]], constanti in 2 galere e 2 galeotte provenienti da [[Zante]], 1 galera allestita a spese di [[Cefalonia]] e 620 soldati forniti dai fratelli Logoteti di Zante. Nell'[[arsenale di Venezia]] nel frattempo venivano varati i vascelli ''San Francesco'' e ''Terrore'', unitamente all'armamento di altri presenti negli scali.<ref>{{cita|Ilari ''et al.'' (1996)|pp. 409-410}}.</ref><ref name="E. Musatti p. 86">{{cita|Musatti (1973)|vol. II, p. 86}}.</ref><ref>{{cita|Romanin (1972-1975)|vol. VIII, pp. 28-29}}.</ref><ref>{{cita|Nani Mocenigo (1995)|pp. 315-317}}.</ref> Allo scopo di ricevere sostegni anche dagli Stati europei, la Repubblica Veneta si appellò al [[Papa|pontefice]] e al [[Sacro Romano Impero]] in vista dell'aspra lotta che l'avrebbe presto opposta agli ottomani. Tuttavia, se lo [[Stato della Chiesa]] assicurò un simbolico sostegno immediato con l'invio di 6 galeotte e 4 galere, l'imperatore, reduce dal lungo conflitto di successione spagnolo, esitava a distogliere truppe dal sud Italia dove si temeva una spedizione militare degli iberici volta al recupero delle terre perse, mostrandosi inizialmente indifferente agli eventi che colpivano la città lagunare. Nel corso della guerra, ausili di bastimenti da battaglia, seppur alquanto esigui, pervennero comunque da [[Spagna]], [[Portogallo]], [[Repubblica di Genova]], [[cavalieri di Malta]] e [[Granducato di Toscana]], anche per l'intercessione offerta da [[papa Clemente XI]].<ref name="MNaniMocenigo">{{cita|Nani Mocenigo (1995)|pp. 317-318}}.</ref><ref>{{cita|Ilari ''et al.'' (1996)|p. 410}}.</ref>
=== La perdita dei domini veneziani nell'Egeo ===
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Il capitano generale da mar Daniele Dolfin nel corso dell'offensiva ottomana in Morea sembrò mostrare una scarsa decisione nella propria condotta guerresca, non apportando un sostegno convincente ai siti costieri veneziani attaccati dagli ottomani. La flotta della Porta rifuggiva inoltre da ogni scontro col naviglio della Serenissima. Solamente il 12 agosto l'Armata turca fu avvistata nel golfo di [[Calamata]], tuttavia le imbarcazioni da guerra venete non giunsero al contatto con essa dato l'incorrere di una persistente bonaccia e una folta foschia, ritirandosi infine a Climinò nell'isola di Santa Maura. Proprio questa piazza si rivelava essere il successivo obiettivo ambito dai turchi allo scopo di estromettere l'influenza della Serenissima oltre che dal controllo dell'Egeo pure dal mar Ionio. Appreso che la Porta presto vi avrebbe sbarcata una forza ingente di oltre {{M|30000}} uomini per porre l'assalto alla fortezza, la consulta di guerra veneziana, appurata l'impossibilità ad effettuare ogni seria resistenza in oppugnazione all'avversario, stabilì l'evacuazione dell'isola da parte di difensori e abitanti, unitamente alla demolizione di ogni fortificazione.
Nel novembre, inoltre, le uniche due fortezze della Repubblica Veneta rimaste a [[Creta (Grecia)|Creta]], la [[Suda (Grecia)|Suda]] e [[Spinalonga]], dovettero arrendersi dopo oltre 4 mesi di duro assedio da parte del [[pascià di Candia]], impossibilitate a proseguire la difesa a fronte del mancato pervenimento di rifornimenti e soccorsi adeguati. La campagna bellica del 1715 finì dunque in modo disastroso per la Repubblica, la quale aveva visto il Proprio Stato da Mar dimezzarsi territorialmente nello scacchiere dell'estremo oriente, e accrescere seriamente il pericolo di assalto turco anche alle isole dell'Arcipelago dello Ionio. Solamente in Dalmazia si riuscì a respingere l'attacco ottomano a Sinj, effettuato nondimeno da un quantitativo di truppe non particolarmente elevato dato l'impiego della maggior parte delle forze turche in Morea.<ref name="S. Romanin pp. 29-33"/><ref>{{cita|Nani Mocenigo (1995)|pp. 320-322}}.</ref>
=== La lega tra Venezia e il Sacro Romano Impero ===
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Deputati all'impresa furono 600 oltremarini e 300 tedeschi, ma sebbene inizialmente gli schiavoni ottennero qualche successo contro il nemico, alcuni oltramontani (mercenari tedeschi) presi dal panico presero a sparare all'impazzata uccidendo 60 dalmati, sbandando e provocando poi una fuga generale. Il contrattacco turco non si fece attendere. Già all'alba a seguito dell'occupazione di un [[rivellino]] (struttura difensiva), {{M|3000}} giannizzeri scalarono lo Scarpone, ai piedi della Fortezza Nuova, che fu preso con il ritiro immediato dei 400 tedeschi incaricati della sua difesa, cui seguì l'assalto generale al forte stesso. Per 6 ore divampò lo scontro ai piedi delle mura, e Schulenburg, conscio del sopraggiunto momento decisivo per le sorti dell'intero assedio, si pose alla guida di 800 italiani e oltremarini in un eroico contrattacco che portò alla riconquista dello Scarpone e alla rotta degli ottomani, i quali lasciarono sul campo {{M|1200}} uomini a fronte dei 300 caduti fra i difensori. Come se non bastasse il 20 agosto si scatenò un violento nubifragio che provocò ingenti danni all'accampamento turco, al materiale d'assedio e alle navi, demoralizzando ulteriormente gli attaccanti già prostrati per gli insuccessi sinora sofferti, i quali il 21 agosto tolsero il blocco al sito reimbarcandosi.
Con tale vittoria dei veneziani era stato salvato quanto rimasto dello Stato da Mar della Repubblica, e inferto un duro colpo all'Impero ottomano in un assedio costato alla Porta {{M|15000}} uomini, quasi la metà della forza preposta alla conquista di Corfù, contro le {{M|3000}} perdite subite dai soldati di stanza nella capitale dell'isola. Il 25 agosto il naviglio ottomano abbandonò lo Ionio veleggiando su Costantinopoli e nel contempo gli armati della Porta si ritirarono da Santa Maura la quale venne rioccupata dall'Armata Grossa veneziana, azione con cui si chiuse la campagna navale del 1716. Ultimo evento degno di nota dell'anno fu infine l'occupazione marciana della piazza di [[Butrinto]] nell'Epiro, verificatasi in tarda estate. A Schulenburg, artefice della vittoriosa resistenza marciana a Corfù, la Serenissima mostrò la propria riconoscenza mediante la concessione di una pensione vitalizia di {{M|5000}} ducati annui, il dono di una spada gioiellata e l'erezione di una statua, opera di [[Antonio Corradini]], sul luogo dell'assedio
=== Gli ultimi anni di guerra ===
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