Cecilio Stazio: differenze tra le versioni

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Il grandissimo successo che le commedie plautine avevano riscosso e continuavano a riscuotere presso il popolo contribuì a creare in Roma una certa propensione per il genere comico, a svantaggio di quello [[Tragedia|tragico]].<ref name="Beare_100" /> Allo stesso tempo, Plauto aveva così stabilito degli standard che difficilmente i commediografi successivi riuscirono a raggiungere: essi, peraltro spesso in rivalità tra loro, potevano dunque o tentare di «rivaleggiare con Plauto sul suo stesso terreno»,<ref name="Beare_100" /> o cercare nuove strade per raggiungere il successo. In questo contesto si colloca dunque l'opera letteraria di Cecilio, che, pur cimentandosi nel genere della palliata come Plauto, vi introdusse alcune significative innovazioni.
 
[[File:Menander Chiaramonti Inv1453.jpg|thumb|Copia romana in marmo di un busto greco di [[Menandro]], principale esponente della [[commediaCommedia Nuovanuova]], cui Cecilio si ispirò ([[Museo Chiaramonti]]).]]
 
Della vasta opera di Cecilio sono giunte fino a oggi poche testimonianze frammentarie, per un totale di circa 280 versi.<ref name="Beare_101" /> Sono noti i titoli di quarantadue palliate: ''Aethrio, Andrea, Androgynos, Asotus, Chalcia, Chrysion, Dardanus, Davos, Demandati, Ephesio, Epicleros, Epistathmos, Epistola, Ex hautu hestos, Exul, Fallacia, Gamos, Harpazomene, Hymnis, Hypobolimaeus sive Subditivos, Hypobolimaeus Chaerestratus, Hypobolimaeus Rastraria, Hypobolimaeus Aeschinus, Imbrii, Karine, Meretrix, Nauclerus, Nothus Nicasio, Obolostates sive Faenerator, Pausimachus, Philomena, [[Plocium]], Polumeni, Portitor, Progamos, Pugil, Symbolum, Synaristosae, Synephebi, Syracusii, Titthe'' e ''Triumphus''.
 
In ambito tecnico, l'opera di Cecilio determinò un significativo punto di svolta nella [[Storia della letteratura latina|storia della letteratura]] e del [[teatro latino]], che nel rapporto con gli originali greci vedevano uno tra i maggiori problemi letterari del tempo:<ref name="Traina_9596">{{cita|Traina|pp. 95-96|Traina}}.</ref> in precedenza, [[Gneo Nevio]] e Plauto avevano operato sugli originali da cui traevano le loro opere con grande disinvoltura, traducendone e latinizzandone i titoli, inserendovi riferimenti all'attualità e ai costumi romani, [[contaminatio|contaminando]] liberamente le trame.<ref name="Beare_101" /> Cecilio si fece invece artefice di una maggiore fedeltà agli originali, dei quali in molti casi non tradusse i titoli, a testimonianza della sempre maggiore ellenizzazione della cultura romana.<ref name="Pontiggia_286" /><ref name="Traina_9596" /> Rarissima è infatti nelle sue opere la presenza, limitata alla sola ''Rastraria'', di titoli con la formazione indigena in ''-aria'', molto frequente invece in Nevio e in Plauto.<ref name="Traina_9596" /> Dalla testimonianza di [[Marco Terenzio Varrone]],<ref name="Varrone" /> che assegnò a Cecilio la palma ''in argumentis'', ovvero per le trame, risulta inoltre probabile che il commediografo non facesse uso del procedimento, comune a molti dei suoi contemporanei, della ''contaminatio'', il quale arricchiva la commedia e permetteva di presentare un maggior numero di situazioni farsesche, ma contribuiva contemporaneamente a indebolire le trame.<ref name="Pontiggia_286" /><ref name="Traina_9596" /> Tale interpretazione sarebbe confermata dal fatto che Cecilio non è citato nell'elenco dei commediografi che fecero uso della ''contaminatio'' riportato nell{{'}}''Andria'' di Terenzio, dove compaiono, invece, Nevio, Plauto ed Ennio.<ref name="Andria">Terenzio, ''Andria'', v. 18.</ref>
 
Il principale modello da cui Cecilio tradusse i suoi modelli fu il [[Commedia Nuova|commediografo greco]] di età ellenistica [[Menandro]]: a lui si possono far risalire sedici dei quarantadue titoli di cui è giunta ad oggi notizia.<ref name="Beare_101" /> [[Marco Tullio Cicerone]] parlò in più opere di Cecilio e Terenzio come traduttori di Menandro,<ref name="Cic_19">Cicerone, ''De optimo genere oratorum'', 19.</ref><ref name="De_finibus">Cicerone, ''De finibus'', I, 2, 41.</ref> e Gellio operò nelle sue ''Noctes Atticae'' un confronto tra alcuni passi del ''Plocium'' di Cecilio e l'originale di Menandro.<ref name="Gellio">Aulo Gellio, ''Noctes Atticae'', II, 23.</ref>
 
A livello [[metrica|metrico]], Cecilio predilesse l'uso del [[senario giambico]], già particolarmente diffuso nelle opere dei drammaturghi a lui precedenti, e del [[settenario trocaico]]; si registra tuttavia, nella sua opera, la presenza di parti cantate, i ''cantica'', polimetriche e dal ritmo vivace,<ref name="Pontiggia_288">{{Cita|Pontiggia; Grandi|p. 288}}.</ref> affini ai ''cantica'' già adoperati da Plauto. A livello [[retorica|retorico]], abbondano le [[figura retorica|figure]] di suono, tipiche della [[Età preletteraria latina#Produzione|prosa sacrale romana]] e di tutta la [[Storia della letteratura latina (240 - 78 a.C.)|letteratura arcaica latina]], quali l'[[allitterazione]]<ref name="Plocium_150">''Plocium'', v. 150 Ribbeck:{{Citazione|[...] e mi ha così stordito piangendo, pregando, insistendo e rimproverando [...]|Trad. di F. Cavazza in Aulo Gellio, ''Le Notti Attiche'', Zanichelli.|Ita plorando orando instando atque obiurgando me optudit [...]|lingua=la}}</ref><ref>''Synephebi'', vv. 213-214 Ribbeck:{{Citazione|Quel che succede in città è roba da patibolo: una meretrice non vuole accettare denaro dal suo amante.|Adattamento della trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Hoc in civitate fiunt facinora capitalia:<br /><Nam> ab amico amante argentum accipere meretrix noenu volt.|lingua=la}}</ref> e l'[[omoteleuto]];<ref name="Pontiggia_288" /><ref name="Plocium_150" /> nei frammenti è attestata inoltre la presenza di [[figura etimologica|figure etimologiche]]<ref name="Pontiggia_289">{{Cita|Pontiggia; Grandi|p. 289}}.</ref> e [[accumulazione|accumulazioni sinonimiche]].<ref>''Synephebi'', v. 212 Ribbeck:{{Citazione|[...] io invoco, imploro, impetro, prego, scongiuro il vostro aiuto!|Trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Clamo postulo obsecro oro ploro atque inploro fidem!|lingua=la}}</ref><ref name="PontiggiaGrandi">{{Cita|Pontiggia; Grandi|p. 292}}.</ref>