Germano Nicolini: differenze tra le versioni
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Le interferenze esterne sui magistrati, la scomparsa di verbali, le firme sui verbali estorte con la violenza fisica e psicologica,<ref name=repubblica94voto>{{Cita news|url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/06/09/delitto-di-don-pessina-giustizia-45-anni.html |titolo = "Faremo di tutto per assicurare il diritto di voto a Nicolini" |pubblicazione = la Repubblica |data = 10 giugno 1994|accesso = 9 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref> le palesi contraddizioni, falsità, amnesie e reticenze di alcuni testimoni dell'accusa,<ref name=repubblica94voto/> la costante intimidazione dei testi della difesa, l'omissione e la falsità in atti d'ufficio da parte degli inquirenti, l'insabbiamento di prove fondamentali a favore dell'accusato (tra cui una fondamentale perizia dattiloscopica che venne poi eseguita dopo quasi mezzo secolo su Antenore Valla nel processo a carico di William Gaiti) dimostrano come la sentenza sarebbe stata fortemente influenzata.<ref name=ilgiornale/><ref name=vanityfair/><ref name=agi93>{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/97f184a9d4cf5a9dec6e8f67749371ff_19931118_omicidio-don-pessina-interrogatori-e-perizie|titolo = Omicidio don Pessina: interrogatori e perizie|pubblicazione = AGI|data = 18 novembre 1993|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.today/20161027160416/http://archivio.agi.it/articolo/97f184a9d4cf5a9dec6e8f67749371ff_19931118_omicidio-don-pessina-interrogatori-e-perizie/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref> Le diverse anomalie che caratterizzarono il processo sono rintracciabili negli atti giudiziari, in gran parte pubblicati nel memoriale di Nicolini ''Nessuno vuole la verità''<ref name=agi94/>.
Valla, testimone chiave dell'accusa,<ref name=cossiga/> non poteva essere attendibile, trovandosi il giorno del delitto in [[Francia]], incarcerato a [[Grenoble]] per espatrio clandestino con il falso nome di Sandro Tontolini.<ref name=ilgiornale/><ref name=agi93/> La conferma veniva dalla perizia sulle impronte digitali contenute nel cartellino segnaletico della polizia francese e da una serie di documenti di associazioni e istituzioni francesi. La perizia dattiloscopica che confermava inequivocabilmente che Valla e Tontolini erano la stessa persona, effettuata da un esperto della Criminalpol e prodotta dalla difesa del Nicolini, non venne ritenuta attendibile dalla Corte e fu quindi respinta<ref name=ilgiornale/> anche a seguito dei riscontri del capitano Vesce, incaricato di un supplemento di indagini. Eppure a distanza di 46 anni la perizia venne nuovamente eseguita (essendo all'epoca Valla ancora vivente) durante il processo a William Gaiti, confermando quanto già era noto nel 1947 alla difesa dell'imputato e colpevolmente ignorato dalla Corte.<ref name=agi93/> Nel processo di revisione emerse un particolare clamoroso: l'allora Vescovo [[Beniamino Socche|Socche]] era stato informato da un sacerdote, Don Alfredo Zavaroni, che il Valla era effettivamente in possesso di una carta di identità intestata a Tontolini Sandro, che era stato ospitato dalla famiglia Giovannetti, che era espatriato in Francia perché ricercato e rientrato a Fosdondo a metà luglio. Questo clamoroso documento, reperito nell'Archivio della Curia vescovile di Reggio, era stato pubblicato da uno storico cattolico reggiano in un libro nel 1993 <ref>{{Cita libro|titolo=Sandro Spreafico - I cattolici reggiani dallo stato totalitario alla democrazia: la resistenza come problema. Vol. 5 - Tomo - 1993}}</ref> e non sfuggì alla attenzione della stampa locale<ref>{{Cita news|autore=M. Scullin|titolo=Scrissero a Socche: quel Tontolini è Valla. Il clamoroso documento nell'epistolario inedito. La lettera che avrebbe potuto salvare Nicolini.|pubblicazione=Resto del Carlino - Reggio Emilia|data=17 dicembre 1993}}</ref> . Una rivelazione per certi versi clamorosa che verrà ripresa dettagliatamente nella sentenza di revisione della Corte di Appello di Perugia dell'8 giugno 1994.
La [[Corte d'appello]] di Perugia nella sentenza di assoluzione scrive: «Pertanto la Corte ritiene, in conformità a quanto sostenuto dalla difesa del Nicolini, che una serie di fattori – indagini di polizia giudiziaria condotte con metodi non del tutto ortodossi; lacune e insufficienze istruttorie; una sorta di "ragion di Stato di partito" che ebbe ad ispirare il comportamento di alcuni uomini del PCI; una pressante quanto legittima domanda di giustizia da parte del clero locale, estrinsecatasi però in iniziative al limite dell'interferenza; interventi di autorità non istituzionali e comunque processualmente non competenti – abbia fatto sì che la legittima esigenza di individuare e punire gli autori del grave quanto gratuito fatto di sangue si risolvesse, oggettivamente, in una sorta di ricerca del colpevole a tutti i costi, dando luogo ad un grave errore giudiziario, al quale la Corte ha ritenuto ora di dovere porre riparo assolvendo ampiamente gli imputati e restituendoli alla loro dignità di innocenti».<ref name=ilgiornale/><ref>{{Cita pubblicazione|titolo = Germano Nicolini. La dignità di un uomo|autore = Salvatore Fangareggi|rivista = Ricerche storiche|numero = 74-75|editore = Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Reggio Emilia|città = Reggio Emilia|anno = 1994|mese = dicembre|pp = 49-50|url = http://www.istoreco.re.it/public/isto/rs74-75OCRlow28620119445.pdf|accesso = 9 ottobre 2010|urlmorto = sì|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20150402103601/http://www.istoreco.re.it/public/isto/rs74-75OCRlow28620119445.pdf|dataarchivio = 2 aprile 2015}}</ref>
Se il vescovo [[Beniamino Socche|Socche]] influenzò pesantemente le indagini indirizzando il capitano Vesce verso l'obiettivo Nicolini<ref name=italiagialloenera/><ref name=agifigli/> e partecipando attivamente nelle diverse fasi giudiziarie, se gli inquirenti si applicarono con grande determinazione nel costruire i capi accusatori rivelatisi poi totalmente privi di fondamento, se la Corte di Perugia si dimostrò pregiudizialmente molto orientata alla condanna, un altro rilevante e fondamentale protagonista di questa ingiustizia fu sicuramente il [[Partito Comunista Italiano]],<ref name=vanityfair/> che, come venne poi dimostrato, era ai suoi vertici provinciali e poi nazionali ben consapevole dell'innocenza di Nicolini ma lo sacrificò cinicamente in nome di una "ragione politica" aberrante, col fine di renderlo un capro espiatorio per i delitti del dopoguerra.<ref name=gazzettareggio/><ref name=pansa>{{Cita libro |titolo = Il sangue dei vinti |autore = Giampaolo Pansa |wkautore = Giampaolo Pansa |url = https://books.google.it/books?id=EV4hbNxa_-4C&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false|editore = Pickwick |città = |p = [https://books.google.it/books?id=EV4hbNxa_-4C&pg=PT240#v=onepage&q&f=false 240]|accesso = 26 ottobre 2016 }}</ref><ref name=agifigli/> Lo stesso partito che gli propose di espatriare clandestinamente in [[Cecoslovacchia]] (cosa che Nicolini rifiuterà sdegnosamente accettando il carcere pur di conservare il diritto di chiedere la revisione del processo) lo isolerà e lo terrà ai margini alla sua uscita dal carcere e fino in ultimo, almeno in una parte dei suoi dirigenti, solleciterà per il "bene del partito" una sorta di omertà tra i tanti militanti che sapevano.<ref name=gazzettareggio/> La posizione venne evidenziata con chiarezza dalla difesa di Nicolini durante la revisione del processo nel 1994 anche attraverso atti e documenti; Nicolini definì tale atteggiamento come «lo [[stalinismo]] aberrante del PCI». Nicolini risultava scomodo al partito per la sua fede cattolica e avverso alla Chiesa perché comunista.<ref name=italiagialloenera/>
Nicolini è stato inoltre ascoltato dal procuratore Luigi De Ficchy in merito all'[[apparato paramilitare del PCI]], anche definito ''Gladio rossa'', di cui avrebbero fatto parte numerosi ex partigiani responsabili degli omicidi avvenuti nel cosiddetto [[Triangolo della morte (Emilia)|Triangolo rosso]] durante gli anni quaranta.<ref name=gladiorossa/> Nicolini si è però dichiarato estraneo a ogni connessione con la presunta struttura paramilitare.<ref name=gladiorossa/>
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