Sen no Rikyū: differenze tra le versioni
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L'essenza del pensiero di Rikyu è il concetto di ''[[wabi-cha]]''. Al ''sabi'', cioè la patina del tempo che segna l'aspetto delle cose e allo ''yūgen'', l'incanto sottile che non si può descrivere con le parole, tanto caro agli autori dei drammi [[Nō]], Rikyu aggiunse questo concetto che dopo di lui diverrà il fulcro di tutta l'estetica [[zen]].
[[File:2002 kenrokuen hanami 0123.jpg|thumb|264x264px|Una stanza del tè giapponese in stile wabi-cha, presso il giardino di Kenroku-en, a [[Kanazawa]]. ]]
Il ''wabi'' è la semplicità, la povertà ricercata fino a divenire estrema sintesi di ogni forma. È anche il rifiuto di qualsiasi orpello, di ogni ostentazione, che appesantisca l'espressione. Più che gli scritti di Rikyu, il concetto è meglio espresso dai suoi aneddoti. Come quando, dovendo ricevere Toyotomi, eliminò tutti i fiori del giardino per lasciarne uno solo esposto nel ''[[tokonoma]]'' affinché la sua forma fosse essenziale, concettuale, archetipica. La vita stessa di Rikyu è un paradigma del ''wabi'', così come la sua morte, così scarna, dignitosa, quasi disumana. Rikyu fu costretto al ''[[seppuku]]'', al suicidio rituale, da Toyotomi e nulla fece per sottrarsi al suo destino. Protestando contro l'atto del tiranno nella forma più semplice possibile: avviandosi alla morte senza concedere nulla alla debolezza, alla fragilità umana.
Dei due fu Rikyu il vincitore: Toyotomi morì nel [[1598]] e nulla rimase del suo sogno egemonico. Due successive spedizioni in [[Corea]] ebbero esito catastrofico. Il clan Tokugawa riunificò il [[Giappone]] ponendo fine all'epoca terribile delle guerre civili e iniziando una signoria destinata a durare oltre due secoli e mezzo, fino alla restaurazione imperiale [[Periodo Meiji|Meiji]]. Di Rikyu e della sua filosofia è rimasta una traccia profonda sia in [[Giappone]] che in molti paesi e ancora oggi ogni giorno migliaia di suoi epigoni ripetono i gesti da lui fissati più di quattro secoli fa.
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