Marco Postumio Regillense: differenze tra le versioni
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== Tribunato consolare ==
Nel [[414 a.C.]] fu eletto [[tribuno consolare]] con [[Quinto Fabio Vibulano Ambusto]], [[Lucio Valerio Potito (tribuno consolare 414 a.C.)|Lucio Valerio Potito]] e [[Gneo Cornelio Cosso]].<ref>Tito Livio, "Ab Urbe Condita", IV, 4, 49.</ref>
In quell'anno [[Bola]], espugnata l'anno precedente dai romani che discutevano se invarvi coloni romani, fu riconquistata e fortificata dagli [[Equi]]; il Senato romano decise di affidare la campagna a Marco Postumio.
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{{q|Quando la frase di Postumio arrivò alle orecchie dei soldati, suscitò nell'accampamento un'indignazione ancora più grande: l'uomo che era ricorso alla frode per togliere il bottino alle sue truppe, ora minacciava anche di punirle?|Tito Livio, "Ab Urbe Condita", IV, 4, 50.}}
Marco Postumio affrontò i propri soldati con eccessiva durezza, tanto che durante i nuovi tumulti, nati per la sua decisione di mandare a morte alcuni soldati, fu lapidato dai suoi stessi soldati.<ref>Tito Livio, "Ab Urbe Condita", IV, 4, 50.</ref>
{{q|Richiamato da questo tumulto, Postumio aggravò la situazione con duri interrogatori e crudeli punizioni. Quando le urla di quelli che erano stati condannati a morte con il graticcio richiamarono una gran folla, egli, non riuscendo a frenare la collera, corse giù come un forsennato dai banchi del tribunale verso coloro che protestavano contro la pena. Non appena littori e centurioni si buttarono sulla folla cercando di disperderla, la rabbia proruppe a tal punto che il tribuno militare venne lapidato dalle sue truppe.|Tito Livio, "Ab Urbe Condita", IV, 4, 50.}}
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