Monastero di Lispida: differenze tra le versioni

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Nella documentazione successiva il monastero viene menzionato in occasione del censo annuale del 1192 e nel [[testamento]] di Almerico canonico della [[cattedrale]] di Padova del 14 aprile 1197, con il quale egli lasciava dieci soldi a un [[eremita]] di Lispida. Risultano importanti ai fini della ricostruzione della storia del monastero una lettera di papa [[Papa Onorio III|Onorio III]] risalente al 1225 e due bolle papali del 1226 e del 1227. Con la prima il pontefice metteva sotto la propria protezione la comunità, il monastero e tutti i beni appartenuti ai religiosi, compreso il monte di Lispida (il quale, evidentemente, da pertinenza della Santa Sede passò a essere proprietà del comune di Monselice). Con la bolla papale del 18 marzo 1226, Onorio III avanzava l’eventualità di unire Santa Maria di Lispida con Santa Maria delle Carceri, al fine di fronteggiare il gravoso stato di povertà in cui versava il complesso. Fu con la successiva bolla del 10 maggio 1227, emanata da papa [[Papa Gregorio IX|Gregorio IX]], che il priore delle Carceri ricevette l’ordine di riformare il monastero di Lispida. In quello stesso mese, papa Gregorio IX chiese ufficialmente al [[Podestà (medioevo)|podestà]] di Padova e all’[[arciprete]] di San Giovanni di Valle Veronese di porre fine alle ingiustizie perpetrate nei confronti di ''“fratres et sorores”'' di Lispida da parte di alcuni cittadini di Padova e della diocesi di Padova, colpevoli di sfruttare le risorse presenti sul monte (pietra e legname) provocando danni alla piccola comunità. La presenza di una doppia comunità viene confermata anche da un documento papale del 13 aprile 1230 e nel testamento di Buffono de Bertoloto del 9 agosto 1238 col quale lasciava quaranta soldi alle sorelle di Lispida.<ref name=":1" />
 
Nonostante le disposizioni papali, l’unione con Santa Maria delle Carceri non avvenne e il monastero venne riformato con l’insediamento di una nuova comunità femminile professante la [[regola benedettina]]. Il cambio di osservanza viene testimoniato dalla copia della bolla papale di [[Papa Urbano IV|Urbano IV]] del 28 settembre 1261, conservato nell’Archivionell’[[Archivio di Stato]] di Padova che confermava, inoltre, i privilegi istituiti con la bolla papale di Eugenio III del 1150 ed era indirizzata alla badessa e alle monache del monastero di Lispida. Nella bolla viene riportato che, in seguito alla morte di frati e suore osservanti la regola agostiniana, la riforma del monastero di Lispida era stata compiuta da frate [[Giordano Forzatè]], priore di S. Benedetto, e dal ministro dei [[Ordine dei frati minori|frati minori]]. L’intervento avviene evidentemente prima del 1237, anno in cui frate Giordano venne esiliato fino alla morte da Ezzelino da Romano. Del periodo ezzeliniano (1237-1256) sono presenti pochissime tracce: oltre al già citato lascito del 1238, anche il pagamento da parte del monastero della [[decima]] su circa 25 campi alla pieve di Monselice, risalente alla metà del secolo. Dopo la liberazione di Padova dal regime ezzeliniano, il monastero ritorna alla piena funzionalità e regolarità come attestano le due lettere di Urbano IV inviate l’11 maggio del 1264 per l’elezione della badessa dello stesso monastero, scelta ricaduta nella loro compagna Cunizza. Dalla lettera si evince che le monache dimoranti nel monastero di Lispida fossero solo quattro: la priora Rondine, Maria, Diambra e la badessa Cunizza. Le monache potevano però contare sull’appoggio dei frati presenti nel monastero e, in particolare, sul sindaco per i rapporti con l'esterno, eletto fra questi. Tale frate Pelegrino de Ispida, infatti, risulta come testimone in un atto di compravendita risalente al 1287 e tale frate Antonio come rappresentante del monastero nel 1293 in una causa contro la [[pieve]] di Santa Giustina di Monselice. A questo periodo risalgono alcuni lasciti provenienti dai devoti: dieci soldi al monastero da Domenichino, che abitava nella contrada del Mulinello di Codalunga, e venti soldi alla monaca Madonnina da Gisla moglie di Scarabello nel 1292.<ref name=":1" />
 
Nel corso degli anni il patrimonio del monastero si arricchisce di nuovi possedimenti: ai terreni già in possesso ai canonici agostiniani, si aggiunsero quelli portati in dote dalle nuove monache e siti nelle contrade di Pozzonuovo, S. Cosma e Savellone. Inoltre, gli appezzamenti situati sul monte Lispida, per i quali il monastero pagava la decima, nel Catastico di Ezzelino non presentano confini di territorialità.<ref name=":1" />