Somnium Scipionis: differenze tra le versioni

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|serie = [[De re publica]]
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Il '''''Somnium Scipionis''''' (in [[lingua italiana]] '''''Il sogno di Scipione''''') è un celebre brano del trattato ''[[De re publica]]'' di [[Marco Tullio Cicerone]] (composto nel [[54 a.C.]]), corrispondente all'ultima parte del sesto e ultimo libro.
 
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L'esigenza di un titolo specifico (e cioè dell'identificazione come opera a sé) si è verosimilmente fatta sentire nell'atto stesso del distacco del ''Somnium'' dal sesto libro, ed è poi rimasta immutata in tutta la tradizione. Infatti il brano, che rappresenta circa l'80% del sesto libro − ventuno capitoli su ventisei −, ne è certamente la parte più significativa, almeno da quanto si può dedurre dagli sparuti frammenti, giunti per tradizione indiretta, dei primi cinque capitoli.
 
Allo stesso modo, i motivi della tradizione manoscritta separata del ''Somnium'' rispetto al [[De re publica|''De re publica'']] sono da ricercare nella particolare natura di questo testo nei confronti dell'opera complessiva: se il trattato illustra infatti un modello di [[costituzione]] [[repubblica]]na che, nei fatti, era già superato nell'epoca in cui veniva composto, esso non riscuoteva dunque più interesse nell'età dell'[[Impero romano|Impero]]; anzi, il solo fatto di appellarsi alla visione ciceroniana dello Stato poteva essere indice di una forma di opposizione al [[principato (storia romana)|principato]]. Al contrario, il ''Somnium'' acquisì nella tarda antichità un notevole interesse a motivo della sua impostazione [[neoplatonica]] assimilabile a quella cristiana.
 
In esso sono trattati temi di contenuto filosofico-mistico come l'[[immortalità dell'anima]], il premio ultraterreno destinato ai grandi uomini politici benefattori della [[patria]], l'esistenza di un [[aldilà]]. Il tema ebbe, in effetti, molto seguito, come evidente in [[Seneca]], nei ''[[Dialoghi (Seneca)|Dialogi]]'' e precisamente nell'opera ''Ad Marciam de Consolatione'', nella quale l'autore latino vuole consolare Marcia, figlia di un censurato autore dell'età di [[Tiberio]], [[Cremuzio Cordo]], per la morte del figlio. Dopo aver elogiato la donna per aver conservato e ripubblicato le opere del padre alla fine dell'impero di [[Claudio]], descrive l'episodio simile a quello proposto da Cicerone nel quale il figlio morto di Marcia incontra il nonno Cremuzio Cordo e con questo entra a far parte di quelle anime privilegiate descritte dall'autore latino.
 
Questo contenuto di tipo escatologico attirò, ancora, l'attenzione del retore [[Paganesimo|pagano]] tardo-imperiale [[Ambrogio Teodosio Macrobio]], che scrisse i ''Commentariorum libri in Somnium Scipionis'', in due volumi sul ''Somnium'', mentre, per gli stessi motivi, [[Favonio Eulogio]], un [[retore]] africano di epoca tarda, allievo di S. [[sant'Agostino]], scrisse la ''Disputatio de somnio Scipionis''. Il filosofo [[Anicio Manlio Torquato Severino Boezio]] cita il ''Somnium Scipionis'' nel suo trattato ''De musica'' per commentarlo e trattare dell'armonia cosmica. Il libro ebbe, dunque, fortuna nella tarda [[antichità]] e nel [[Medioevo]] a motivo della sua affinità con la [[dottrina cristiana]] sulla [[vita eterna]], tanto da essere stato paragonato al [[mito di Er]] ne ''[[La Repubblica (dialogo)|La Repubblica]]'' di [[Platone]], a cui la ''Repubblica'' di Cicerone sembra essere una risposta.
 
In [[epoca carolingia]] (IX sec.secolo), il ''Somnium'' fu estratto da un manoscritto completo del ''[[De re publica]]'' per essere unito al commento di [[Ambrogio Teodosio Macrobio|Macrobio]]; per questo motivo, esso continuò a circolare anche dopo la scomparsa dell'opera integrale di cui fu per lungo tempo l'unica parte nota.<ref>Roberta Caldini Montanari, ''Tradizione medievale ed edizione critica del Somnium Scipionis'', Firenze, SISMEL-Edizioni del Galluzzo, 2002, pp. 377-393.</ref> Il ''De re publica'' fu parzialmente ricomposto soltanto a partire dal 1819, quando venne alla luce il testo dei primi cinque libri (buona parte dei primi due e frammenti degli altri).
 
== Influenza ==