Vangelo secondo Matteo: differenze tra le versioni

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Enricowk (discussione | contributi)
Autore: Cfr ad es R. Brown "c'è un accordo quasi unanime".
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La tradizione cristiana antica attribuisce a [[Matteo apostolo ed evangelista|Matteo apostolo]] la composizione dell'omonimo vangelo, risalendo agli scritti di [[Papia di Ierapoli]], nella prima metà del II secolo, il quale affermò che Matteo raccolse i [[Fonte Q|detti di Gesù]] scrivendoli nella lingua degli Ebrei;<ref name="Ehrman44"/><ref name="Mills">Mills (2003)</ref> non risulta siano mai stati proposti altri autori.<ref name="France"/>
 
A partire dal XVIII secolo gli esegeti biblici hanno messo in discussione la possibilità che Matteo abbia scritto questo vangelo.<ref name="Bart92">Ehrman (2004), p. 92.</ref> Allo stato attuale non ci sono evidenze sufficienti per attribuire la redazione finale del testo a Matteo o a un altro autore<ref>White (2004).</ref>, ma la maggior parte degli studiosi moderni preferisce comunque attribuire ''Matteo'' a un anonimo cristiano che scrisse verso la fine del I secolo.<ref name="Amy"/> Secondo [[Gerd Theissen]], ad esempio, il testo attuale non sarebbe opera di Matteo, ma ritiene possibile che una delle fonti utilizzate per la sua stesura, la [[fonte Q]], possa essere ricondotta all'apostolo.<ref name="Theissen">Gerd Theissen, ''Il Nuovo Testamento'', 2002.</ref> Un responso della [[Pontificia Commissione Biblica]] del 1911 indica con certezza che l'autore del Vangelo sia l'apostolo Matteo.<ref>[https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/pcb_documents/rc_con_cfaith_doc_19110619_vangelo-matteo_it.html ''Autore, tempo di composizione e verità storica del Vangelo secondo Matteo'']</ref> Gli esegeti della [[École biblique et archéologique française]] (i curatori della [[Bibbia di Gerusalemme]])<ref>Bibbia di Gerusalemme, EDB, 2011, p. 2300, ISBN 978-88-10-82031-5.</ref> ritengono comunque che la fonte Q, così come il vangelo attribuitogli, non sia identificabile con l'apostolo Matteo: "Alcuni hanno perfino proposto di identificare la fonte Q (raccolta soprattutto di «parole» di Gesù) con Matteo, del quale Papia dice che ha messo in ordine i «detti» del Signore. Ma Papia usa la stessa espressione per indicare Marco (cf anche il titolo della sua opera) e nulla permette di pensare che il Matteo di cui parla abbia contenuto solo dei logia [detti di Gesù]".
 
Gli esegeti della [[Bibbia CEI]] (nella sua versione del 2008) ritengono possibile che un primo nucleo del Vangelo di Matteo (forse la fonte del Vangelo di Marco o la fonte Q) sia stato scritto in aramaico tra il 40 ed il 50, ma che la versione giunta a noi sia una redazione greca, scritta attingendo dal Vangelo di Marco.<ref>{{Cita libro|cognome=Edb|titolo=La Sacra Bibbia. UELCI. Versione ufficiale della Cei|url=https://books.google.com/books?id=PFGWLAAACAAJ&newbks=0&hl=it|accesso=2021-05-21|data=2008|editore=EDB|lingua=it|ISBN=978-88-10-82036-0}}</ref>
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[[Howard Clark Kee]] ricorda invece come gli insegnamenti e i detti di Gesù furono tramandati oralmente finché non furono infine messi per iscritto; questa teoria è in parte basata sul «fatto che altri scritti cristiani, più tardi, includono detti attribuiti a Gesù che ricordano quelli inclusi nei vangeli, ma per i quali non vi sono equivalenti».<ref name="Cambridge">Kee (1997), p. 447.</ref> Poiché l'attribuzione è molto antica e poiché Matteo è una figura relativamente poco rilevante nella prima letteratura cristiana, l'attribuzione a Matteo ha comunque i suoi sostenitori<ref>Tra questi, Gundry, (1982), cit. in Dal C. Allison Jr., ''Matthew'', in Muddiman e Barton, ''The Gospels - The Oxford Bible Commentary'', 2010.</ref>. Secondo il biblista anglicano R. T. France, ad esempio, l'apostolo Matteo, per i contenuti e il tono di questo vangelo, rimane il candidato più probabile<ref name="France" />.
 
Attualmente, comunque, anche la grande maggioranzaparte della critica cristiana ritiene che il vangelo non sia stato scritto dall'apostolo Matteo; ad esempio, [[Raymond Edward Brown|Raymond Brown]]<ref>Raymond E. Brown, ''The Birth of the Messiah'', Doubleday, 1993, pp. 45-46, 27, 573, ISBN 0-385-47202-1.</ref> sottolinea che "c'è un accordo quasi unanime nei circoli scientifici di oggi che l'evangelista è sconosciuto, anche se continuiamo a usare il nome «Matteo». La sua dipendenza da Marco (e da Q, un corpo dei detti di Gesù in greco, noto anche a Luca) indica che non era un testimone oculare del ministero di Gesù". Anche gli esegeti del "Nuovo Grande Commentario Biblico", concordemente a quelli dell'interconfessionale [[Bibbia TOB]]<ref>Bibbia TOB, Nuovo Testamento Vol.3, Elle Di Ci Leumann, 1976, pp. 40-41.</ref>, ritengono che l'autore non potesse essere testimone oculare, anche "perché un testimone oculare avrebbe copiato da un altro che non era tale? Il vangelo così come lo abbiamo ora si presenta piuttosto come una sintesi matura che fonde il vangelo più antico, Marco, con una raccolta di detti di Gesù (la cosiddetta Logien-Quelle o Q)".<ref>Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 821, ISBN 88-399-0054-3.</ref> Nel vangelo di Matteo si trovano, infatti, 606 dei 661 versi di Marco e "nel complesso Matteo è particolarmente fedele a Marco, quasi come un copista che riproduca un manoscritto".<ref>Raymond E. Brown, ''An Introduction to the New Testament'', Doubleday, 1997, p. 204, ISBN 0385247672.</ref> Gli studiosi della [[Bibbia di Gerusalemme]]<ref>Bibbia di Gerusalemme, EDB, 2011, p. 2295, ISBN 978-88-10-82031-5.</ref> osservano inoltre che, in merito alla loro formazione, "bisogna ammettere anzitutto che, prima di essere messi per iscritto, i Vangeli, o almeno gran parte del materiale che contengono, sono stati trasmessi oralmente. Inizialmente c'è stata la predicazione orale degli apostoli" e Il teologo [[John Dominic Crossan]]<ref>John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 16-26, ISBN 978-0-06-061480-5.</ref>, tra i cofondatori del [[Jesus Seminar]], ritiene che "in origine Matteo, e gli altri vangeli, circolarono come anonimi e furono probabilmente sostenuti dalle comunità per le quali furono scritti" e quindi, in merito ai vangeli canonici, "gli scritti che portano i loro nomi furono attribuiti a loro piuttosto che scritti da loro" e "nel secondo secolo, ognuno di questi fu fittiziamente legato direttamente o indirettamente a un'importante autorità apostolica come affermazione di tradizione ininterrotta". Ancora Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''Questions and Answers on the Bible'', Paulist Press, 2003, p. 57, ISBN 978-08-091-4251-4.</ref>, in merito, evidenzia che "questo punto di vista [che gli evangelisti non fossero testimoni oculari] ci salva da un enorme numero di problemi che hanno perseguitato la precedente generazione di commentatori che pensavano che qualcuno degli stessi evangelisti avesse visto quello che riporta. [...] Posso fornire altri dieci esempi nei quali la tesi dei testimoni oculari causa doppie teorie o altre spiegazioni implausibili e nei quali la negazione della testimonianza oculare offre una soluzione molto semplice".
 
Il tedesco [[Alfred Wikenhauser]]<ref>Alfred Wikenhauser, ''Introduzione al Nuovo Testamento'', Padeia, 1981, p. 274, ISBN 978-88-394-0195-3.</ref> evidenzia, quindi, come "in conclusione, poiché il nostro Matteo dipende da fonti greche, e principalmente da Marco, che è la sua fonte primaria, l'autore non può essere identificato con l'apostolo Matteo. Quindi chi sia veramente l'autore del primo vangelo [nell'ordine canonico dato nel Nuovo Testamento] rimane del tutto sconosciuto."