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Il processo di conversione fu sostenuto dalle autorità ecclesiastiche e, in special modo, dall'[[arcivescovo di Toledo]] [[Francisco Jiménez de Cisneros]], reggente di Spagna che, a partire dal 1498, iniziò una forzosa conversione degli [[arabi]], dei [[berberi]] e degli ispanici in genere di fede islamica della [[penisola iberica]], presenti nel corpo peninsulare da oltre ottocento anni.
Il processo di conversione provocò già nel dicembre del 1499 una rivolta nella zona dell'[[Albayzín|Albaicín]] di Granada e nell'[[Alpujarra]], stroncata dalle forze dei [[sovrani spagnoli]], mentre nel 1502 i musulmani [[castiglia]]ni furono costretti a scegliere fra conversione ed emigrazione. Analoga misura coinvolse poco dopo la [[Navarra]]. Nel 1526 la conversione fu ordinata per i musulmani di [[Valencia]] e Aragona. In realtà i sovrani spagnoli favorirono talvolta la tolleranza, quasi sempre la conversione (in entrambi i casi cercando di ostacolare l'emigrazione), e, solo con una legge del 1609 che entrava in vigore nel 1610, imposero l'emigrazione per chi non voleva convertirsi.
Nel 1568, nella zona di [[Granada]], esplose la rivolta dei moriscos, una ribellione guidata da [[Abén Humeya]], che si sviluppò in guerriglia e diede notevole filo da torcere agli spagnoli cristiani finché il re Filippo II non affidò al fratellastro [[Giovanni d'Austria]] la repressione dell'insurrezione. Abén Humeya venne assassinato dal cugino [[Aben Aboo]] nel 1569, mentre l'energico intervento del giovane condottiero ebbe ragione della rivolta, spentasi infine nel 1571. I musulmani deportati in Castiglia furono circa 84.000.<ref>Il lemma «Moriscos» dell'''[[Encyclopaedia of Islam]]'', citata in Bibliografia.</ref>
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