Il cinque maggio: differenze tra le versioni

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Segue una profonda e ansiosa pausa meditativa:
{{citazione|Fu vera gloria? Ai posteri / L’ardua sentenza: nui / Chiniam la fronte al Massimo / Fattor, che volle in lui / Del creator suo spirito / Più vasta orma stampar}}
Quella posta all'inizio è un'[[domanda retorica|interrogativa retorica]], in quanto al Manzoni cattolico non interessano le glorie terrene di Napoleone, bensì le sue vittorie spirituali, che riconosce essere l'unico mezzo per raggiungere una gloria vera e autentica: convertendosi prima di morire, infatti, il condottiero corso ha dato un 'ulteriore prova della grandezza di Dio, che si è servito di lui per imprimere sulla Terra un sigillo più forte della sua potenza creatrice.<ref>{{cita|Varanini|p. 144|GV}}.</ref>
 
Questa meditabonda riflessione è accompagnata da un elenco dei sentimenti che hanno tempestato l'animo di Napoleone durante la sua ascesa al potere: la gioia ansiosa e trepidante che si dispiega nell'animo alla realizzazione di un grande progetto, l'insofferenza di un animo ribelle che, non domato, si sottopone agli altri, ma che pensa al potere, e l'esultanza che sostenne il suo trionfo imperiale, che era quasi folle ritenere possibile. ''Tutto ei provò'' (la strofa precedente è retta da questa proposizione): la gloria della vittoria, ma anche l'umiliante fuga dopo la sconfitta (in riferimento alla campagna di Russia del 1812 e alle successive di Lipsia e Waterloo), l'esultanza della ritornata vittoria, e infine l'esilio a Sant'Elena.<ref name=op/>